domenica 17 gennaio 2021

Di vampiri, umani e altri mostri

Fin da piccolo sono un amante della letteratura gotica e sacra (sono ateo, ma adoro leggere testi sacri). Adoro quei personaggi particolari, che racchiudono in loro i grandi difetti e pregi umani, a partire dal bipolare e vanitoso dio monoteista, personaggio che avrebbe seriamente bisogno di parlare con un bravo psichiatra.
Gli dei sono meravigliosi a causa della loro natura tremendamente umana. I semidei, a partire da Gilgamesh, hanno un fascino unico, perché uniscono caratteristiche divine alla natura mortale. Si pensi ad Eracle: tanto possente che potrebbe prendere a sberle l'obliquo Apollo, ma dovrà soccombere al tempo e unirsi ai sudditi di Ade. Mentre lui passerà l'eternità tra le ombre, il suo fratellastro divino, nume del Sole e delle arti, continuerà la sua esistenza in bilico tra l'essere lo splendente signore del Sole (usato dai primi cristiani come immagine di Cristo) e uno degli dei più abbietti e spregevoli. Non è un caso se Eschilo lo definì l'obliquo signore dei topi.
Non è un caso se ho scelto Iavé (chiamatelo come vi pare), Gilgamesh, Eracle e Apollo, per iniziare una trattazione sui mostri. Tutti e 4 sono considerati personaggi positivi, ma a leggere con attenzione le loro storie sono terrificanti e i soli due ad aver intrapreso un cammino di redenzione sono i 2 mortali, Gilgamesh e Eracle, nonostante su di loro sia stato detto peste e corna (Gilgamesh prima del suo incontro con Enkidu era stato un despota dei peggiori e Eracle ha sulla coscienza un gran numero di morti, a partire da sua moglie Megara e i suoi figli), in quanto mortali hanno cercato di ottenere la propria redenzione. Gli altri 2 sono terrificanti e consiglio una buona lettura dei testi mitologici ellenici e romani e dei testi sacri ebraici, cristiani e mussulmani. Loro, però, sono esseri divini e immortali...
La letteratura e la mitologia ci hanno regalato anche personaggi negativi, mostri, che ancora vivono nella cultura di massa e fungono da specchio per i difetti umani. Ce ne sono per tutti i gusti e tipologie di difetti: i licantropi che rappresentano l'incapacità di controllarsi e la bestialità umana, gli zombie che mostrano le masse decerebrate che si muovono come se avessero il pilota automatico (larga parte della popolazione in questo sciagurato XXI secolo), incubi, jin, majin, demoni e via discorrendo. I miei preferiti sono i vampiri (non a caso scrivo storie di vampiri).
Quel che amo della figura del vampiro è il suo essere assolutamente umano, con pregi e difetti portati alle estreme conseguenze, in un corpo a metà tra il divino (è immortale e si rigenera) e la prigione del demone (è limitato dalla luce solare, costretto dalla fame di sangue e relativamente facile da eliminare). Che sia il personaggio ambiguo e crudele del Vampire di Polidori, una delle tante incarnazioni del Dracula di Stoker (che oscillano tra la belva e il personaggio romantico, in base alle varie rivisitazioni), i vampiri Anne Rice (intervista col vampiro), fino a Dio Brando (Le bizzarre avventure di Jojo), hanno tutti in comune l'esasperazione della natura umana. Amano, soffrono, odiano, bramano, etc, con una intensità incredibile e anche quando rifiutano la condizione umana, come Dio Brando e Luis de Pointe de Lac ad esempio, lo fanno perché prigionieri della propria umanità, da cui la trasformazione non li salva, anzi li condanna.
Mentre il mostro di Frankenstein è una sorta di giudice che condanna la tecnica, fungendo come altri mostri da monito, come le Erinni, altri sono semplici spauracchi, come gli incubi e le succubi, il vampiro siamo noi. Lo specchio non riflette la sua immagine, perché riflette quella dell'autore e del lettore.
Il vampiro è una creatura che esprime al meglio il suo Io, nei limiti dettati dalla sua natura (tutti gli autori concordano sulla brama di sangue, ma non sulla mortalità alla luce solare) e questo io è assolutamente umano, con una sola differenza sul mostro: il vampiro tende a raggiungere un equilibrio col mondo circostante e vive i propri sentimenti senza paura.
Il mostro reale, invece, vive di pulsioni surrogate e avanza in orde di morti viventi ad accaparrarsi beni in cattedrali del commercio, mentre reprime le proprie pulsioni, schiacciato dalla società di cui sceglie di esser soggetto passivo. Attiva la propria animalità solo a comando, come la Luna per il lupo mannaro, senza viverla in modo sano. Agisce in modo inconsapevole come le furie di Marte, seguendo il pifferaio di turno.
Noi umani abbiamo raccontato storie fantastiche su esseri magnifici e tremendi, ma in realtà raccontavamo noi stessi. Ognuno di quei mostri, dei, semidei, etc, altro non è che un tratto della nostra natura, raccontata attraverso metafore che descrivono i tempi in cui vive l'autore.
È tremendo constatare come la nostra specie sia capace di vette altissime, abissi incolmabili e terrificante piattume (divinità, mostri e morti viventi).
Quelle storie ci insegnano quali siano i limiti, pregi e difetti umani: dovremmo imparare a coglierne il senso.

Marco Drvso

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