lunedì 18 gennaio 2021

Il nemico allo specchio

Guardare il Sole attraverso la nebbia, lo fa sembrare una palla smorta, lontanissimo dalla stella vicina che dona vita e talmente brillante da non poter essere osservata.

Questa enorme fase di transizione che vivo da mesi è foriera di intuizioni sempre più profonde e raffinate, che mi stanno aiutando a comprendere me, le mie scelte, le vittorie e i fallimenti. 
Su questi ultimi, mi piace citare 2 frasi geniali. La prima mi è capitato di sentirla qualche settimana fa, ma non ricordo di chi sia "Le vittorie sono transitorie, la sconfitta è per sempre" e il detto "L'importante è crederci". Le classiche verità lapalissiane, talmente ovvie da dover essere comprese: le vittorie danno piacere per qualche tempo, poi si perdono, mentre le sconfitte bruciano a lungo e talvolta si ripresentano dopo anni. Soprattutto: se non si è convinti, non si crede seriamente in qualcosa, non si raggiunge il risultato. Da qui il titolo di questo pezzo.
Spesso ci si domanda perché le cose non vadano come previsto, perché persone con numeri minori ottengano risultati più grandi, etc. Ci si rifila risposte delle più disparate, ma la triste realtà è che la causa sia sovente da ricercarsi nel pirla che vedete allo specchio (e, psicanaliticamente parlando, nei danni di chi li ha tirati su; ma non vuol essere una scusa per scaricare colpe su altri). Spesso siamo noi stessi a sabotarci, rendendo impossibile scalare la montagna, togliendoci convinzione o, peggio, convincendoci di non poterlo fare, a causa di una immagine distorta che ci si porta dietro dall'infanzia. Tante volte siamo noi il nostro primo nemico, ma senza una sana analisi interiore raramente lo si capisce; poi una volta compreso, c'è l'altro grosso scoglio da superare: affrontare il nemico. Bisogna capire i fallimenti e lasciarli andare. Bisogna capire le ragioni della propria autodistruzione. Bisogna interrompere questo circolo vizioso.
Una immagine che amo utilizzare è quella del viaggio all'inferno. Inferi nel senso etimologico del termine: ciò che sta sotto. Bisogna scavare dentro di sé, intraprendere il viaggio dantesco attraverso gli strati del proprio io, con la forza e il coraggio di vedere e affrontare quei mostri, fino a giungere al nocciolo, all'io più vero, capire e agire. Una volta esplorato l'inferno, è necessario risalire quel purgatorio fatto di trasformazioni e lavoro, per arrivare finalmente alle stelle.
Sia chiaro: spesso siamo i nostri primi nemici, ma in quanto animali sociali siamo comunque soggetti ai nostri simili e al nostro ambiente: non tutto è in nostro potere. L'automiglioramento non deve essere flagellazione o autodistruzione: bisogna avere la giusta dose di chiarezza e comprensione per distinguere le cause endogene da quelle esogene.
Giorni fa, una persona cara mi ha posto la classica domanda da 1 milione: "cosa vuoi?"
Un tempo non sarei stato in grado di rispondere con chiarezza. Un tempo sapevo cosa non volessi, ma non possiamo affidarci al polemos greco, non sappiamo che sia giorno perché conosciamo la notte. Quella domanda mi ha fatto riflettere e per la prima volta ho risposto con cognizione.
Ho risposto perché ho sconfitto molti dei miei demoni e sono andato avanti e in questo cammino ho compreso i tanti fallimenti autoindotti.
Ora che ho identificato il nemico, devo trasformarlo nell'alleato. Scrollarsi di dosso tante cose che nel tempo hanno stratificato la coscienza e ripartire, diventare amici di se stessi: un processo lungo, difficile, ma che regala soddisfazioni e, purtroppo, impone di abbandonare i famosi piombi di cui ho scritto nei mesi passati, in alcuni casi utilizzando anche le stesse tecniche con cui ci si è autosabotati a lungo ("impara l'arte..." diceva qualcuno).
Sapere cosa si voglia, esserne convinti e credere in se stessi: l'inizio del cammino.

Marco Drvso

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