Per la prima volta, dal 1979, non si corre la Dakar (ex Parigi-Dakar). Corsa storica in cui si mettevano alla prova l'abilità di pilota e tecnologia, contro il grande deserto africano.
In tanti anni, si è assistito a grandi duelli, vittorie e gravi lutti, in una delle competizioni più dure e pericolose della storia con uno degli sfondi più suggestivi del mondo. Uomini e donne che hanno scelto, liberamente, di affrontare l'ambiente terrestre più inospitale per la nostra specie. Un ambiente che ha forgiato grandi persone della storia. Un luogo in cui molti hanno avuto la visione di Dio (i monoteismi, con tutte le loro varianti, nascono sempre a seguito di un viaggio nel deserto).
Provo un grande dispiacere nel prendere atto che neanche lo sport riesce a fermare certe situazioni. Penso a quando, nell'antica Ellade, si fermava la guerra per le olimpiadi. Non sono, tengo a precisarlo, un patito dello sporto o un personaggio che legge la gazzetta! Mi limito a considerare che quel grande carosello era una risorsa economica per molti paesini africani. L'organizzazione storica, la Thierry Sabine Organisation (TSO), ha sempre assunto personale del luogo (solo per i lavori di contorno; riprese, riparazioni et similia, era solo personale europeo) e comprato in loco determinati materiali (cibo e benzina); per quanto mi è dato di sapere, anche l'attuale gestione. Non era un carosello di ricchi che passavano senza considerare i padroni di casa, bensì, una competizione di viaggiatori ed avventurieri che si affacciavano ad un mondo lontano, entrandovi in contato e confrontandosi.
Tutto questo è finito. La situazione politica e terroristica in nord Africa ha ucciso la Dakar. Il nostro mondo malato sta uccidendo tutto. La Dakar è solo una delle tante vittime di un sistema che sta degenerando, verso una spirale di violenza ed odio.
Drvso
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