sabato 18 giugno 2011

Tesi di cultura giapponese

Per il mio solito vizio di puntare in alto, mi sono imbarcato in una impresa quasi titanica. Difficile, laboriosa, ma fattibile e tremendamente interessante.
Quando mi sono iscritto al corso, avevo chiaro un concetto: non puoi imparare una lingua, se non studi il contesto in cui si è sviluppata: storia, letteratura, usanze, religione, politica. Leggendo e vedendo cartoni animati, mi è saltato all'occhio qualcosa che avevo già notato in tempi non sospetti ed ho deciso di approfondire: la rappresentazione del corpo e del sesso, nella cultura giapponese. L'argomento della tesi sarà un raffronto storico/artistico tra l'occidente allargato (Europa e relative appendici, Mediterrano e Medio Oriente) e il Giappone, con piccole divagazioni in Cina e India.
Ho scelto tale argomento per due ragioni fondamentali:
  1. Un popolo o solo una persone, lo si comprende meglio se lo si analizza nei comportamenti "primari": mangiare, dormire, lavarsi, giocare e scopare.
  2. Il modo di affrontare certe tematiche, in oriente, è talmente distante da quello occidentale, da meritare uno studio o, almeno, un raffronto critico.
La mia curiosità verso il modo in cui in Giappone si affrontano discorsi sul corpo e sul sesso ha origini lontane. Da bambino notai come nei cartoni ci fossero chiari riferimenti e venissero trattati con una naturalità che non esisteva nel mondo Disney né, in generale, nelle produzioni occidentali, salvo qualche doppio senso ben celato. (Di seguito userò i nomi con cui le serie sono famose in Italia, non me ne vogliano i puristi del genere.) Si pensi alla fissazione di Lupin terzo verso le donne, che nulla aveva dell'amor cortese, a tutte le volte che miss Dronio rimaneva biotta (non che fosse solitamente molto vestita), con reazioni esilaranti da parte del resto del trio, agli espliciti passaggi in Lady Oscar (tra l'altro in Italia era censuratissimo), fino ai missili seno delle robotte di Go Nagai e alla posizione del missile atomico o perforante del Grande Mazinga. Negli anni '90 abbiamo avuto il cosiddetto second impact dell'animazione giapponese, dopo la pubblicazione di Akira, e sono arrivati personaggi, sebbene con censure più o meno ridicole, sono chiaramente omosessuali (non scordiamo che alcune delle più grandi geisha del passato erano uomini).
Mi preme, prima di andare oltre, fare chiarezza su un punto. In occidente, fino a poco tempo fa, si aveva l'errata convinzione che i cartoni animati fossero "roba da bambini", sono in questi anni gli importatori si sono resi conto che esistono filoni narrativi per ogni età, come accade nei fumetti. Buronson quasi insultò i distributori italiani, quando seppe che il suo Ken il guerriero era trasmesso in orari in cui lo avrebbero visto bambini al di sotto dei 15 anni.
Con il passare degli anni e do un approccio serio alla cultura giapponese, ho scoperto che non esiste il genere erotico. Da noi è considerato un sottogenere per autori che vogliono essere trasgressivi, mentre in oriente non c'è questa concezione. I più grandi autori si sono cimentati in opere in cui la componente sessuale era più o meno esplicita e le descrizioni erano fatte con una grazia che risulta incredibile agli occhi di un occidentale. Si pensi che il loro grande classico della letteratura, l'equivalente delle nostre Iliade e Odissea, è il Genji Monogatari, in cui si descrivono le avventure amorose del principe Genji e posso garantirvi che era un signor libertino, degno della Parigi del '700 e, per certi versi, molto più avanti di tanti trasgressivi farlocchi di oggigiorno, pur essendo un uomo, descritto da una donna (la letteratura classica è appannaggio quasi esclusivamente femminile), che ma genuinamente le donne e sa cogliere ogni aspetto della loro femminilità. Alcuni passaggi possono ricordare, sebbene abbiano molta più eleganza e grazia, il caro vecchio Petronio.
Questa situazione ha portato ad uno sviluppo radicalmente diverso dal nostro. Non hanno pubblicità che giocano su doppisensi volgari (non datemi del bacchettone, ma proprio non riesco a capire come da noi si possano inserire riferimenti sessuali e corpi nudi nella pubblicità di un detersivo; non è libertà sessuale, è pessimo gusto), hanno trasmissioni televisive in cui se ne parla e si gioca (ricordavano Colpo Grosso) ai giusti orari e manca tutta l'ipocrisia tipica occidentale. Non ho guardato molta tv giapponese, ma da quel poco che ho visto, mancano i soliti noiosi stacchetti con ragazze desnude.
Il sesso non è visto né come peccato, né come trasgressione (concetti che trovo apparentabili e tremendamente fuori luogo), ma come una componente della vita che merita di essere approfondita e, scusate il gioco di parole, goduta. Il fatto stesso di non trovarsi chiusi tra lo "scopo perché sono avanti" e il "non sono un peccatore", restituisce a quella che è una naturale parte dell'esistenza il suo ruolo negli ambiti amorosi, sociali e riproduttivi. Porto un esempio: da noi l'ingresso in un sexy shop è vissuto in due modi: o si entra di nascosto, possibilmente in zone lontane dagli ambiti abituali, oppure sventolandolo ai quattro venti, come dimostrazione di emancipazione. In Giappone ho visto persone che si recavano con tutta tranquillità a comprarsi il proprio giochino, con la stessa  tranquillità con cui si va a comprare un puzzle.
Uscendo dall'ambito letterario, cinematografico e televisivo, abbiamo esempi di sano erotismo in ogni espressione, fino a giungere ad una codifica raffinata, ma in parte opprimente, dei comportamenti, che chiaramente ha le sue radici in Cina e India. Nei bagni pubblici, prima dell'arrivo degli americani e del loro puritanesimo, non esistevano aree distinte tra uomini e donne. Certamente, l'impronta shintoista e buddista hanno avuto una forte importanza. In nessuno dei due culti c'è la demonizzazione del sesso e degli istinti naturali. Il buddismo, tuttalpiù, consiglia moderazione, da applicarsi ad ogni ambito.
Ovviamente sto trattando di un paese di grandi contraddizioni, in cui larga parte della popolazione risulta repressa a causa della struttura gerarchica, quasi di casta, che impone comportamenti rigidi e precisi cerimoniali, con comportamenti che ai nostri occhi risultano falsi, ma hanno una loro logica. Un paese in cui l'unica cosa censurata, riguardo l'argomento in essere, è il porno. In parte per questioni estetiche, in parte per questioni legali.
Il nascondere i genitali, però, ha obbligato i registi a creare un genere che vale la pena visionare, per la fantasia nelle riprese e per le storie che sono anche divertenti, in particolare nel genere hentai (i fumetti/cartoni erotici). Loro ancora sanno apprezzare il benedetto vedo/non vedo, la fantasia e tutto quel corollario dell'atto sessuale che rende il gioco più divertente.
Tanta libertà e tanta repressione sociale ha portato anche a delle aberrazioni, note in tutto il mondo. Dal feticismo istituzionalizzato (ho visto con questi occhi le famose mutande in sacchetto e altri feticci), fino ad una forma di pedopornografia nota come lolicon; quest'ultima, per fortuna, sta venendo duramente criticata e combattuta. La cosa che più mi ha lasciato perplesso, riguarda la metropolitana: vagoni per sole donne, per disincentivare il repellente fenomeno delle palpatine (quando avevo 16 anni, i capelli lunghi, il mento fine e neanche un filo di barba, ho scoperto quel fenomeno sulla mia pelle e il porco in questione ha scoperto il mio disappunto, scagliato a pugno chiuso, seguito da un calcio dato bene, quando mi ha detto "scusa, pensavo che fossi una ragazza").
Su questo aspetto del mondo nipponico ho deciso di incentrare la mia tesi. Un raffronto tra come rappresentiamo noi quella che è una delle più naturali pulsioni, insieme alla nostra rappresentazione estetica, raffrontata a quella giapponese e come le cose si siano evolute, attraverso un viaggio nei secoli e nell'arte. Direi che 2 mesi saranno sufficienti...

Marco Drvso

    1 commento:

    Anonimo ha detto...

    Anche i missili di Venus in mazinga!!! Ranma 1/2.....Mi sono sempre chiesta perchè in queste serie nipponiche di cartoni animati, i tratti somatici dei protagonisti siano sempre occidentali, mentre ci sono chiari riferimenti alla cultura e al modo di vivere giapponese. Ad esempio le divise scolastiche e tante altre cose. Sembra che abbiano un approccio molto libero al sesso , ma poi nella realtà atteggiamenti affettuosi che noi consideriamo normali per loro sono sconvenienti, soprattutto in pubblico. Comunque l'impresa è davvero titanica...complimenti!