Nel mare delle informazioni in cui siamo immersi traspare qualcosa di osceno: la più intima pazzia umana. Scimmie che si trascinano, riproponendo schemi e idee sempre uguali, da cui allontanarsi sembra impossibile. Io lo so bene, perché dal ritorno a Milano lo sto sperimentando, attraverso la mia palese regressione, con la sola differenza che per una volta me ne sto rendendo conto. Attraverso lo specchio ho visto me e il mondo che mi circonda e ciò mi ha spaventato.
venerdì 21 ottobre 2022
I meravigliosi folli
venerdì 3 maggio 2019
Spero di sbagliare
Urge premettere un dettaglio. Come amo ripetere: sono troppo ateo anche per sposare un'idea, io voglio dati. Questa cosa fa impazzire i miei amici e conoscenti, soprattutto quando si discute di politica.
Negli ultimi anni si assiste ad un cortocircuito ideologico che se non fosse molto preoccupante, sarebbe assolutamente ridicolo.
Un tempo esistevano movimenti egalitari, il cui scopo era eliminare ogni forma di discriminazione e porre le persone, con tutte le loro differenze e peculiarità, ad un medesimo livello di fronte alla legge, che fosse tutelato dallo stato.
Ogni epoca ha il suo e si può partire con gli esempi dalle guerre sociali all'epoca della Repubblica Romana, per il riconoscimento della cittadinanza, passare al diritto di rappresentanza nello stato con la rivoluzione francese, alla lotta di classe con i movimenti marxisti a cavallo tra il XIX e XX secolo, alla parità di genere con le lotte femministe che hanno attraversato tutto il XX secolo, seguite dalle lotte per la fine delle discriminazioni razziali, al riconoscimento dell'omosessualità come peculiarità e non devianza e via discorrendo. Tutte cose assolutamente buone e giuste.
Battaglie guidate e portate avanti da persone che mai (salvo qualche imbecille) avrebbero usato i metodi dei propri aguzzini o puntato a limitare diritti altrui, per rivendicare i propri. Mi viene in mente il reverendo King: sognava un mondo di persone con eguali diritti, indipendentemente dalla razza e mai attaccò altre etnie.
Oggi l'argomento di punta degli antirazzisti è limitare i bianchi, perché sono il male. Non so se trovare più aberrante il fatto che combattano il razzismo con slogan e modi tremendamente simili a quelli dei vari suprematisti (e ce ne sono per ogni parte del mondo ed etnia) o il fatto che i più accaniti contro i bianchi siano bianchi, quelli che i cinesi definiscono in modo dispregiativo i baizou 白左, sinistra bianca.
Di gente stramba ne conosco tanta, che orbita in mondi strani e distanti, ma per assurdo furono gli antirazzisti a farmi notare che esistono persone diverse da me. Quando ero bambino, ero milanista (ognuno ha i propri trascorsi di cui vergognarsi) ai tempi del tridente olandese, per me Gullit era un calciatore dalla capigliatura bizzarra, che parlava in modo strano, c'è voluto un antirazzista per spiegarmi che fosse etnicamente diverso da me.
Ragionamento per la questione di genere. Mia madre, femminista vecchia maniera che mi ha cresciuto a pane e Marx e le mie migliori insegnanti mi hanno sempre parlato di uguaglianza, non di supremazia di questo o quel genere, anzi: deprecavano certi atteggiamenti. Il femminismo moderno è suprematismo femminile e un continuo insultare gli uomini, arrivando ad eccessi tipo una ex presidente della camera che ha dichiarato che ogni uomo è un potenziale stupratore.
La cosa mi fa incazzare, sia per una questione di coscienza di genere, sia per certe vecchie questioni che ho subito.
Dove diavolo è finita la distinzione tra individui, il non voler fare di ogni erba un fascio?
Simili stravolgimenti stanno avvenendo sulla questione delle coppie omosessuali. Anziché puntare il ragionamento sulla libertà di stare con chi si preferisce, si demonizza l'eterosessualità.
Ho preso i 3 esempi più facilmente verificabili.
Qualcuno può spiegarmi il senso di tutto questo? Mi potete dire come sia possibile trasformare magnifiche battaglie per l'uguaglianza in moderno suprematismo? Come si possono combattere sessismo e razzismo, con sessismo e razzismo?
Capisco che la maggior parte di quei baizou rumorosi che aizzano le folle e fanno rumore appartengano a quell'assurdo movimento antifascista contrario al suffragio universale, passati dall'essere democratici (nel senso più puro e alto del termine, quindi distante dal partito omonimo) ad essere alfieri di un mondo in mano a élites o, passando dal francese al greco, aristocratico. Gente che osteggia le dittature e sogna il ritorno all'ancien régime. Capisco che la storia umana sia costellata di persone che aizzano e indirizzano le masse, ma possibile che solo a pochi stoni qualcosa?
Non è semplicemente una questione di comunicazione. Chi conosce la teoria del meme (che non sono le vignette cretine che girano in rete) sa benissimo che il linguaggio influenza il modo di ragionare. Certa roba non è solo pessima, ma pericolosa.
Al netto del vestiario diverso e di una immagine diametralmente opposta, le manifestazioni del politicamente corretto e di tutto quel variegato mondo, che ho descritto brevemente, somigliano tremendamente a qualcosa di già visto. La moderna dittatura non marcia in uniforme al passo dell'oca, ma danza in cortei colorati.
I regimi non li fanno né le ideologie, né i capi, sono figli del conformismo.
Marco Drvso
ps
ultimamente pubblico senza rileggere approfonditamente. eventuali strafalcioni e refusi sono frutto di questo
giovedì 26 luglio 2018
La caverna delle lenti colorate
Ho sempre adorato il mito platonico della caverna.
Nessun racconto, parabola, esempio o dissertazione ha mai spiegato meglio la condizione umana. Prigionieri della caverna, costretti a credere che quelle immagini proiettate siano la realtà è ciò che li circonda sia il solo mondo possibile, pronti ad uccidere chi è sfuggito dalla prigionia e torna per affrancarli. Prima lo deridono, perché non riesce più ad orientarsi nelle tenebre, poi lo ostracizzano, considerandolo un pazzo che farnetica, mentre parla di forme, colori, odori e quant'altro vi sia fuori della caverna e, infine, lo uccidono, perché lo reputano pericoloso.
Ne hanno paura, perché per alcuni è pazzo, per altri un truffatore e per altri ancora sta mostrando qualcosa che non si può e non si deve discutere, perché smantellerebbe il loro mondo, uccidendo le certezze, abbattendo i loro steccati mentali.
In un certo senso, siamo tutti rinchiusi nella caverna, con l'aggravante delle tifoserie e di lenti che deformano la nostra percezione, delle medesime immagini che vediamo. Lenti che si chiamano indottrinamento; religioso, politico o morale, poco cambia nelle dinamiche. Lenti che non solo cambiano i colori del mondo, esaltando alcune cose e mascherandone altre, come abbiamo imparato da bambini guardando attraverso le carte delle caramelle, ma deformano tutto lo scenario, creando mostri ed eroi, dove non ci sono o cambiando l'eroe in mostro.
Se nel caso del fossile di hallucigenia, di cui ho scritto nel post precedente, l'incomprensione era dettata dalla mancanza di dati e tecnologie per comprenderli, come nella famosa storia dei 3 tizi bendati che descrivono un elefante, senza averne mai visto uno, toccandone solo un punto (uno tocca la coda, uno la zampa e il terzo la coda), la diatriba si basa su conoscenze diverse e si può giungere ad una sintesi tramite lo scambio dei dati, in molti altri casi non c'è la volontà di accettare l'informazione e il dialogo muore in uno scontro tra fedi, aggravato dalla tifoseria.
Siamo circondati da piccoli inquisitori, capaci solo di gridare il proprio punto di vista (atteggiamento che sovente dimostra un certo timore nel proprio modo di essere o pensare), insultare chiunque non sia allineato e rifiutare ogni possibile interpretazione che esuli dalla propria, sovente dettata dal santone o ideologo di turno.
Se chi legge adesso è destronzo penserà che mi riferisca ad una zecca, se è sinistronzo penserà che mi riferisca ad un nazofasciolegorazzista. In realtà mi riferisco a queste due e tante altre categorie di stronzi.
-nota: non uso il termine stronzo nell'accezione di persona malvagia e prevaricatrice (con le varianti di quello che ti vuole distruggere fisicamente e quella che ti vuole vivo e infelice: lo yin e yang della stronzaggine cattiva), ma in quella di personaggio dannoso per sé e gli altri, convinto di aver capito tutto, che si pone su un piedistallo da cui può solo cadere rovinosamente. Quello talmente stronzo che alla gara degli stronzi arriverebbe secondo (il primo e l'ultimo degli stronzi hanno una loro dignità, ma per arrivare secondi, in quella competizione, bisogna proprio essere stronzi): il maggiore Stronzo di Balle spaziali-
Nessuno di noi è esente da una certa dose di fanatismo, convinzioni e stronzaggine, ma un conto è partire dal proprio castello di carte, per descrivere e comprendere il mondo, consci che basti poco per farlo crollare, un altro è convincersi che siano solide mura ciclopiche atte a contenere la sola verità.
Sono bastati un paio di decenni, per gettare alle ortiche il concetto di relatività e tante altre conquiste degli ultimi secoli, facendoci ripiombare in un medioevo tecnologico, molto più spaventoso del primo.
Sento gente pronta a dare del fascista a chiunque (con buona pace di Confucio e della rettifica dei nomi) e inneggiare all'abolizione del suffragio universale e chiedere che il mondo sia messo in man alle élite, per salvarci dai non democratici. Ma siamo impazziti?
Se non mi becco del fascista o del comunista (sempre con buona pace di Confucio), in base all'interlocutore, rischio di restarci male...
Un dialogo può essere acceso, duro, combattuto, ma sarebbe il minimo partire dal presupposto che l'altro potrebbe avere ragione e anzichè scagliarsi all'attacco, con un fare che sbalordirebbe Torquemada, potrebbe essere utile domandare una spiegazione. Le piazze reali, virtuali e mediatiche mostrano solo discussioni tra gente che pretende di avere ragione e predilige sminuire insultare, anziché cercare di capire e farsi capire, perché l'ombra sul muro, che vedono attraverso le proprie lenti è la sola verità.
Come mi piace sempre ricordare, la frase "abbiamo ragione noi", in inglese si traduce "we are right", il cui acronimo è WAR, guerra.
Marco Drvso
mercoledì 25 ottobre 2017
Dove sono i sognatori?
Disgraziatamente, ho notato un fenomeno molto particolare: stanno svanendo i sogni. La nostra è una specie naturalmente fantasiosa, capace di grandi spunti intellettuali e creativi, ma sembra che lo abbiamo dimenticato.
Un tempo si guardavano le stelle e si inventavano storie, si sognava il cielo. Per millenni quella palla d'argento, così vicina che quasi la si potrebbe toccare, è stato un sogno da raggiungere e tramite questi sogni si è prima raggiunto il cielo, poi la Luna.
Si è sognato e creato per il gusto di farlo, assecondando la parte più meravigliosa del nostro essere umani. Va da sé che la nostra è una specie capace di grandi sentimenti e inaudita violenza e un buon 90% di quel che abbiamo creato è nato con lo scopo di uccidere o è stato usato per uccidere; si pensi alla corsa per la Luna, che altro non fu che una gara a chi avesse il missile più grosso, tra sovietici e americani, sfruttando tecnologia e scienziati nazisti.
Avrà avuto una genitura insanguinata, uno crescita nella guerra, ma la realizzazione del sogno di conquistare il cielo è arrivata.
Purtroppo, i sogni dell'umanità hanno sempre avuto un prezzo, come le sue scoperte, come l'arte, come ogni nostra espressione. La via per l'inferno è sempre lastricata di buone intenzioni, come ci insegnano Prometeo e Pandora, che sia amore o curiosità (meraviglioso difetto umano), c'è sempre un prezzo.
Prometeo sognava una umanità libera e felice, quindi rubò il fuoco (la base della nostra tecnologia, la prima grande scoperta) per il nostro bene e fu incatenato, dandoci il doppio dono della luce e della fierezza, rappresentata da chi paga le conseguenze delle proprie azioni. Pandora era curiosa ed ha aperto il vaso da cui sono scaturiti tutti i mali, ma con loro è sorta la speranza, la madre dei sogni. Entrambi hanno disobbedito agli Dei, donandoci meraviglie incredibili, col loro carico di luce e tenebra. Il loro pensare e sognare è diventato azione, trasgressione, progresso.
Oggi, al tempo dei cibi liofilizzati, tutto è preconfezionato. Tolta qualche alta speranza che avrebbe senso, se non fosse veicolata entro precisi steccati che ne snaturano la bontà, si tende a sognare e sperare tutti le stesse cose, in base alla fascia di mercato cui si appartiene.
L'arte è diventata pavida e si continua a riproporre "prodotti sicuri". I sogni d'esplorazione, invenzione e scoperta campano legati alle catene dell'economia, al punto che anche al visionario più astratto (bestia in estinzione) si chiede conto del costo dei suoi sogni. Persino le piccole luci del quotidiano si consumano tra il precotto, che non richiede sforzo, e la paura di osare, per questa o quella falsa ragione o, peggio ancora, il patetico pragmatismo cui crediamo di aver deciso di aderire.
Possibile che si sia rimasti così in pochi a fermarci per un istante, per commuoversi davanti al tramonto? È così disonorevole sorridere ai caldi colori dell'autunno? (ci vorrebbe un filo di nebbia e un contesto più consono dell'attuale, per goderne in pieno, ma il clima è quel che è...). È così faticoso cercare le fate nel fruscio delle foglie, immaginare un mondo che fu davanti a vecchi muri, sognare un mondo diverso, fuori dagli schemi che ci impongono?
Siamo nel secolo in cui giusto e sbagliato sembra essere stato codificato (rabbrividisco!), in cui il pieno indottrinamento colpisce il gesto, la parola, il pensiero e il sogno, quel luogo meraviglioso in cui un tempo anche i grandi perseguitati si sono rifugiati, per trovare la forza di proseguire e dare linfa alla speranza. Vedo troppa gente, che vive la propria gabbia anche dove dovrebbe essere libera. Una fantasia chiusa in steccati mentali altrui non è fantasia. Un mondo in mano a ragionieri fanatici non è un bel posto, è solo un tiepido cantuccio in cui evitare vere novità, perché potrebbero essere pericolose. Abbiamo l'illusione della libertà, che anestetizza i sensi, ci rende docili.
Dove sono i sognatori capaci di immaginare un mondo diverso?
Dove sono i sognatori che hanno sfidato gli Dei?
Dove sono i sognatori?
Marco Drvso
sabato 26 agosto 2017
La festa del paradiso
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno.
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.
sabato 5 novembre 2016
Il .... novembre
Nella prima settimana di novembre si susseguono più date memorabili.
Si inizia con i primi 2 giorni, rispettivamente dedicati ai santi e ai morti, retaggio di antiche usanze "pagane" (classico termine che vuol dire tutto e niente), probabilmente legate al culto solare e l'imminente solstizio, con tutte le sue implicazioni allegoriche e agresti, poi cristianizzati e, successivamente, trasformati in festa commerciale, diffusa dall'immonda americanizzazione globale.
Argomenti su cui varrebbe la pena soffermarsi, ma fuori tema.
Le due date che mi interessano sono il 4 e 5 novembre.
Per i meno avvezzi, un breve ripasso di storia.
Il 4 novembre 1918 l'Italia esce vittoriosa dal primo conflitto mondiale e, con la definitiva cacciata dell'invasore austriaco, conclude il risorgimento. Purtroppo ci giocammo molta della miglior gioventù e buona parte di una certa ala culturale e artistica, col risultato che gli infami imboscati svendettero la vittoria, con gravi conseguenze. Si può dire che il successivo regime nasca in quei giorni.
Il 5 novembre 1605 è la data convenzionale con cui si indica la congiura delle polveri: fallito tentativo di eliminare Giacomo I d'Inghilterra, figlio di Maria I Stuart e successore di Elisabetta I Tudor (vi invito a leggere le vicende di quella famiglia problematica, per meglio comprendere il contesto storico) e restaurare il cattolicesimo in Inghilterra.
Più che la storia, di queste due date mi interessa il ricordo.
Al contrario della maggioranza dei paesi, nel nostro non si commemorano le vittorie, né i grandi, né le date importanti. Si ricordano solo l'inizio dell'occupazione americana, camuffata da liberazione e, bontà loro, la festa della repubblica.
La distruzione dell'identità, passando per una deviata idea di internazionalismo ed una ancor più assurda di pacifismo, viziate da prese di posizione che oscillano tra il ridicolo e l'assurdo, soprattutto considerati i simboli che indossano i loro aderenti (quando ho visto un tizio con la maglietta di Guevara al gay pride, ho compreso il senso dle termine confuso), è già largamente avvenuta. Si è partito accusando di fascismo chiunque parlasse di patria e identità (come se non fossero stati anche ideali della resistenza), per poi arrivare ad etichettare ogni cosa con termini quali razzista e via discorrendo.
Non mi sento razzista o altro, se nel rispetto degli altri dichiaro di essere fiero di ciò che sono e che mi piaccio così. Non è colpa mia se sono maschio, bianco, etero, occidentale e imprenditore, nonostante la vulgata petalosa voglia che tutto ciò sia il male.
Noticilla acida: saranno pure aperti mentalmente, cosmopoliti, antifa, buoni, bravi e simpatici, ma in molti loro comportamenti, dichiarazioni e prese di posizione (insomma: nel modus operandi) rivedo le masse in uniforme degli anni '20 e '30. Spiace dirvelo, ma siete i degni successori dei nazisti e mi spiace che non lo capiate.
Non mi sento un guerrafondaio, se mi piace ricordare i tanti che hanno lasciato la gioventù e la vita nelle trincee (certamente, controvoglia), per permettermi di essere libero. Preferisco chi ha lottato, piuttosto chi, in pieno delle forze, preferisce lasciare la propria gente in mano a delinquenti e darsela a gambe. Ovviamente, ci sono tutti i distinguo del caso e le situazioni vanno studiate singolarmente, io semplificavo per brevità.
Ognuno la veda come vuole, ma a quei ragazzi dobbiamo rispetto e memoria.
Mentre da una parte si distrugge il ricordo, accusandolo di chissà quali nefandezze, gli stessi imbecilli indossano la maschera di Fawkes, come emblema di libertà.
Ho adorato V for vendetta, la novella grafica tra le più belle e interessanti mai scritte, non a caso è di sua maestà Alan Moore; anche il film non è male. La scelta di far indossare la maschera di Fawkes (che per tradizione si brucia il 5 novembre), ha una sua logica raffinata, che imprime a V uno spessore iconico enorme, il problema è quel che hanno inteso i più.
Parlano di democrazia e uguaglianza, ispirati da un film che ha rovinato la storia scritta da Moore, ignorando il senso della novella, portando sul viso una maschera che ricorda una persona che rappresenta tutt'altro.
I congiurati cospiravano per far cessare le lotte tra anglicani e cattolici, nel modo più definitivo: eliminando gli anglicani. Frutti violenti della controriforma, in atto in quegli anni (non che i protestanti fossero personcine, anzi, tra i vari schieramenti, alcuni impegnati in dispute incrociate, fu un gran scorrere di sangue; giusto per sfatare qualche mito: si sono avuti molti più roghi in area protestante, nonostante quel che si racconti su Spagna e Italia, ma si sa che studiare la storia è difficile).
La situazione attuale presenta terroristi religiosi, molto simili in atti e idee ai moderni terroristi islamici, considerati emblema di libertà, a causa di un film, grandi ideali come fratellanza e rispetto trasformati in una moderna caccia alle streghe, in cui la mancata aderenza al dogma comporta, per ora, essere bollati con epiteti più o meno irritanti, in cui si riscrive la storia, arrivando a modificare palazzi (nota la decorazione a svastiche, del '500, sulla chiesa di San Marco a Milano, cancellata alcuni anni fa; notare che quando fu ricostruita nel dopoguerra, con finanziamenti arrivati anche dalla comunità ebraica, motivo per cui il rosone ha il sigillo di Davide, a nessuno venne in mente di cancellarla), mostrare ricostruzioni storiche più che improbabili, cancellazione del ricordo e dell'identità e via discorrendo. Sebbene siano idee anche giuste e portate avanti da gente mediamente colta, io vedo mostruosità simili ad autodafé e fervore bigotto, il cosiddetto fascismo antifascista.
Poi mi si chiede perché abbia scelto di sedere, fieramente, dalla parte del torto.
Marco Drvso
lunedì 1 dicembre 2014
L'evento, l'osservatore e il cronista
Per essere uno che ha sempre venerato il sapere scientifico e posto quest'ultimo sempre al di sopra di ogni altra conoscenza, riscoprirmi, qualche anno fa, amante della letteratura, della storia e fanatico delle scienze umane è stata una piacevole evoluzione. Forse anche questo è uno dei motivi per cui non mi sono mai laureato in geologia (oltre al fatto che sono un pirla).
Verso queste due grandi donne ho un grandissimo debito che riguarda lo sviluppo di uno spirito critico e la scoperta di quanto sia importante comprendere le parole, saperi e abilità che per un aspirante scienziato erano essenziali quanto la matematica. Penso di non esagerare nell'affermare che per la quasi totalità delle discipline la conoscenza precisa del linguaggio, dei meccanismi della matematica e uno spirito critico ben affilato siano la condicio sine qua non.
Premettendo che resto un cazzone, negli ultimi anni ho iniziato un gioco divertente. Quando leggo un articolo o seguo un servizio, oltre a sentire le due campane, investo del tempo in una analisi puntuale del linguaggio della notizia.
Mi sia concessa una digressione. Enzo Biagi sosteneva che per raccontare una notizia fosse necessario un punto di vista; affermazione sacrosanta ed in accordo con la relatività di Einstein. Di fatto, ogni evento muta parte della propria natura in base all'osservatore. Persino la proverbiale mela di Newton, per un osservatore posto a testa in giù, anziché cadere, si muoverebbe verso l'alto, collidendo con la testa del fisico, posta tra la fronda e la terra o un osservatore sulla mela potrebbe dire che sia stata la testa a collidere col frutto, etc (spero di aver reso l'idea). A questo punto, molti sono soliti sollevare l'obiezione secondo cui sarebbe possibile azzerare, limitando la descrizione dell'evento ad una cruda e matematica descrizione quantitativa dell'evento.
Si parta da un presupposto facilmente verificabile: al contrario di quel che ripetono in molti, il fatto che la matematica sia una scienza esatta, non la rende libera da interpretazione e manipolazione. Mentire con i numeri, a fronte di operazioni svolte correttamente con il giusto risultato verificabile, è molto più banale di quanto si possa pensare, persino più semplice che mentire con le parole.
L'evento stesso, pur misurato con precisione assoluta e ridotto all'osso avrà sempre una certa quantità di discrezionalità legata all'osservatore, anche se questi fosse la persona più retta e precisa in circolazione. Spiacente, ma dalla relatività non si scappa.
Facendo finta di vivere in un mondo meraviglioso in cui tutti dicono la verità (e facendo finta che in universo relativistico la verità esista e sia univoca), ci scontriamo con il racconto dell'evento e qui entra in ballo Heisenberg. Senza tediarvi oltremodo sul principio di indeterminazione, mi limiterò ad una sua brevissima, incompleta, superficiale e inesatta postulazione: l'osservatore, nonostante cerchi di evitarlo, influenza l'evento. Se tale affermazione risulta di immediata comprensione, immaginando l'osservatore-cronista fisicamente presente all'evento, che quindi interagisce, anche involontariamente, con l'ambiente circostante, si potrebbe obiettare che l'osservatore e cronista che studia e divulga un fatto cui non è testimone diretto, ma lo ricostruisce tramite i perfetti dati ottenuti da terzi, non possa in alcun modo influenzare l'evento.
Sarebbe bello....
Siamo convinti che l'evento si concluda nel momento in cui avviene, ma non è vero. Come magnificamente descritto da Hawking in "Dal Big bang ai buchi neri - Breve storia del tempo" l'evento non inizia né si conclude mentre avviene, ma è solo un punto in cui converge una catena di cause e diverge una catena di conseguenza. Immaginate due coni, uniti per i vertici: il cono inferiore rappresenta tutti i singoli eventi che hanno portato al fenomeno in esame, posto nel punto in cui i vertici si toccano e da quel punto parte il cono delle conseguenze (il grande fisico li chiama cono del passato e del futuro dell'evento). L'evento altro non è che un punto in qualcosa di più grande che attraversa lo spazio e il tempo.
Prendiamo ad esempio la mela caduta nell'annus mirabilis 1666, dando per scontato che sia accaduto realmente. I singoli eventi che hanno portato quella mela a cadere in testa a Newton si possono far risalire al momento in cui la singolarità è esplosa, dando inizio all'universo, passando per la formazione della Terra, per le teorie di Galilei, fino ad uno sconosciuto contadino inglese che ha piantato l'albero e le conseguenze si estendono, a partire da una imprecazione cui seguì la formulazione della legge di gravitazione universale ad arrivare a questo misero scritto, passando per film, citazioni e missioni spaziali. In teoria l'evento è un pomo che ha percorso un tragitto dal punto A, sull'albero, al punto B, la testa di Newton, ma applicando la legge di gravitazione e la relatività sappiamo che in maniera meno che infinitesimale parte del percorso è stato fatto dalla Terra verso il pomo (quindi già il tragitto a A a B va a farsi benedire); in pratica il fatto stesso che ancora se ne parli, che influenzi discussioni e, giusto per citarlo, abbia rivoluzionato la fisica e il concetto stesso di universo ci dimostra che in un certo senso la mela stia ancora cadendo e che in un certo senso siamo tutti osservatori che stanno influenzando l'evento, perché noi stessi siamo nel cono delle conseguenze.
Uscendo ora dalla lunghissima digressione, necessaria, nella sua incompletezza, per cercare di dimostrare che non esiste una verità certa, assoluta e misurabile, non può esistere l'osservatore assolutamente neutro né il cronista al di sopra di ogni coinvolgimento, torniamo nel mondo reale in cui la gente mente, si vende e commette errori.
Il linguaggio usato nel descrivere l'evento lo modifica in maniera radicale, concentrando l'attenzione del lettore su una sfaccettatura, piuttosto che su un'altra, fino a stravolgere completamente la questione. Tutto ciò è inevitabile, anche per il cronista più diligente e scrupoloso, perché il suo vissuto, la sua formazione, il momento, lo influenzano inconsciamente spingendolo a dare risalto ad un dettaglio rispetto ad un altro o ad affrontare il tema secondo una certa visione del mondo. Se poi è un pennivendolo prezzolato, come ce ne sono molti...
Serve spirito critico e una buona conoscenza del linguaggio, oltre all'onestà intellettuale di mettere in gioco le proprie convinzioni ed accettare quelle altrui, per rendersi conto di questo. Cogliere nelle tante sfaccettature dei diversi racconti dell'evento dove si celi il fatto e dove si celi la propaganda.
Tutti i giorni siamo bombardati da notizie che creano consenso, rabbia, ammirazione e tutta una gamma di sentimenti che influisce sul nostro modo di percepire l'evento ed è buona norma cercare di andare oltre e capire se la frase, scritta o pronunciata in un dato modo, non nasconda altro che un subdolo sistema per indirizzare la reazione del pubblico, perché le parole sono armi e finché questo concetto non sarà chiaro a tutti, le pecore continueranno a pascolare al buio.
Ricordate che non esistono le bombe d'acqua e che ogni singolo lemma ha una sua forza e attiva meccanismi mentali di cui non ci rendiamo conto, ma influenzano la nostra percezione. Non accettate passivamente parole dagli sconosciuti, ma studiate con cura quel che vi stanno dando, perché potrebbero essere perle o veleno.
Marco Drvso
giovedì 11 aprile 2013
Parlando di morti
Non nego che, appena appresa la notizia, mi sia scappata una battuta infelice. Ho detto "una stonza in meno!" e non nego che mi sia uscito dal cuore. La sua politica basata sul liberismo sfrenato e la sua ideologia che mirava alla distruzione della società, a favore del più becero individualismo, sono quanto di più lontano dalla mia visione del mondo. Non penso di esagerare quando dico che tanto della decadenza occidentale sia dovuto a quel modo di pensare e agire.
Un conto, però, sono le esternazioni estemporanee di un privato, espresse mangiando davanti al tg, un altro sono alcune dichiarazioni che ho letto e sentito in questi giorni.
Posso comprendere la manifestazione dei minatori gallesi, scesi in piazza fare festa, al grido "è morta la stronza!". Non sono state il massimo della eleganza, ma hanno ripetuto quel che dichiarano da anni, salvando la coerenza. La insultavano anche in tempi non sospetti.
Quel che mi sta dando non poco fastidio sono il compiacimento sui social network e le dichiarazioni di certi personaggi famosi.
Parto dalla vox populi digitale. Chi, come me, ha insultato la Iron Lady in tempi non sospetti, motivando gli insulti, non si è preso la briga né di compiangerla, né di insultarla, perché nel primo caso sarebbe stata ipocrisia e nel secondo sarebbe stato inutile (insultare un morto non ha molto senso), al massimo ci si è limitati ad un discorso civile sul suo pessimo operato. Non capisco chi si sia lanciato in moti di gioia, seguendo l'onda, né tra chi la rimpiange seguendo l'altra onda, senza aver mai discusso né approfondito la sua politica. Ho trovato entrambe le posizioni di assoluto pessimo gusto. Sono dell'opinione che se non si possa parlare bene di un morto, tanto vale non parlarne, soprattutto quando i commenti sono privi di qualunque base concreta. Mi spiego meglio: accetto che si dica "la sua politica ha rovinato il mondo, per questo e quel motivo", ma non frasi di insulti, privi di motivazioni.
Per quanto concerne i commenti di certe personalità, ho visto quanto di più ipocrita si potesse produrre. Tra chi ha incensato la sua folle politica (sua e del suo compagno di merende e pessimo attore) e chi ha lanciato insulti a caso, ho letto cose che noi umani non potremmo neanche immaginare.
Ho apprezzato alcuni articoli in cui si discuteva della sua impronta nella storia; articoli spesso critici, ma scritti con uno stile impeccabile e la giusta dose di imparzialità. Imparzialità che talvolta cadeva nei confronti degli incensatori (ma si insultavano, educatamente, persone che possono rispondere, quindi va bene). Ho apprezzato anche articoli a favore, scritti bene, che non scadevano nella prosopopea, né nella più becera santificazione. Purtroppo il grosso, sia da una parte che dall'altra, è un aggregato di spazzatura.
Per quanto concerne le dichiarazioni ufficiali, passino i messaggi di cordoglio, che normalmente tendono ad essere sempre buoni e ad esaltare il meglio (come insegnava Gino Bramieri, riguardo alle scritte sulle lapidi: "Era tanto buono, era tanto bravo... Ma i figli di troia dove li seppelliscono?"); mielosi, ma comprensibili.
Chi mi ha fatto incazzare oltre misura è stato Prodi. Ha ragione quando sostiene che la causa della crisi sia da ricercarsi nelle politiche ultra liberiste del duo Thatcher-Reagan, ma chi ci ha ficcato nella trappola dell'euro non può permettersi di criticare altri, soprattutto post-mortem. Se lo avesse detto una settimana fa, mi sarei limitato a dargli dell'ipocrita (lo stipendio della Goldman Sachs non gli faceva così schifo, né l'aver aiutato il sistema speculativo a danno dell'economia reale e del benessere del paese, insieme ai suoi compagni di lavoro e merende!) che ogni tanto ne dice una giusta, ma detto ora, è solo una pessima figura.
Non avrei mai pensato che si potesse essere tanto ipocriti. È vero che larga parte della crisi sua dovuta a certe politiche di una certa destra, ma non dimentichiamo le sinistre che hanno fatto l'unificazione monetaria, hanno votato alcune leggi che neanche il più liberista avrebbe sperato di veder approvare (compreso il divorzio tra banche centrali e governi, la creazione di quel mostro che è la BCE ed altre porcherie) e, soprattutto: è stato Clinton ad abrogare la legge che separava banche d'affari da banche commerciali. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
A mio avviso si può criticare e attaccare chiunque, finché questi è in questa valle di lacrime e può reagire (la musica e l'arte inglesi sono pieni di esempi di insulti più o meno duri a lei e alla regina), ma il compiacimento per la morte altrui o le critiche tardive sono solo pessimo gusto e scarso coraggio. Una volta morto si può parlarne, ma sarebbe buona creanza evitare i giudizi sprezzanti che non si è avuto il coraggio di dire in vita. Soprattutto, non si gioisce della altrui morte, perché è di pessimo gusto e per le regole del karma nulla vieta che alla nostra morte qualcuno pisci sulla nostra tomba.
Era una stronza? Probabile. Ha seguito ideali folli e la sua politica è stata una iattura per il mondo? Certo che sì (secondo il mio punto di vista). Ma certi giudizi si possono dare in vita e, se dati per tempo, si possono ribadire anche dopo, ma con la giusta creanza verso chi non può rispondere.
Il discorso è applicabile a tanti altri casi, ho approfittato di questo perché è fresco e se ne parla ancora molto. A questo punto temo il giorno in cui moriranno il nano o il baffetto, per il festival del pessimo gusto. Non sprecherò una sola lacrima per loro, ma visto il disprezzo che provo per loro in vita, non sprecherò neanche tempo ad insultarli.
Marco Drvso
lunedì 30 aprile 2012
Storie di altri tempi e altri mondi 2
Negli ultimi anni abbiamo assistito a scontri accesi tra diverse fazioni. Scontri di pessimo gusto e basso valore, considerato come sono stati condotti. Si è assistito a insulti e recriminazioni adatte ad una disputa tra bambini idioti, peccato che gli attori della scena dovrebbero personalità di primo livello.
A tal proposito, mi sono venute in mente due storie. Una parla di nemici e l'altra di avversari.
Quando si parla di grandi nemici, la storia è colma di magnifici racconti. Io ho scelto la vicenda di Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno. Tra i due non scorse mai buon sangue, neanche al tempo del triumvirato, malgrado la parentela acquisita tramite il matrimonio tra Pompeo e Giulia, la figlia di Cesare. Era inevitabile che i due non andassero d'accordo: rappresentavano mondi totalmente diversi e difficilmente conciliabili, a partire dalla scelta di campo. Cesare era nipote di Mario e Pompeo era legato a Silla.
Collante di questa strana coppia, finché il triumvirato ha funzionato, erano Giulia e Marco Licinio Crasso.
Crasso, nonostante fosse amico di Cesare, aveva grossi interessi comuni con Pompeo. Possedeva una grande influenza politica e grandissime ricchezze (come ricordato anche da Lutero, paragonando le ricchezze papali). Per sfortuna sua, Surena non era Spartaco e il suo esercito non era composto da sbandati. Carre fu la Teutoburgo orientale e segnò il destino di Roma (si ritiene che grazie a quella sconfitta e la fuga dei legionari, si ebbero i primi contatti tra Roma e la Cina).
Alla morte di Crasso seguì quella di Giulia (a quei tempi, il parto era questione pericolosa, sia per la puerpera, sia per il nascituro). Tolti gli unici collanti, accadde l'inevitabile e scoppiò la guerra tra Cesare e Pompeo. I due non risparmiarono nulla all'altro, ma seppero sempre rispettarsi. Fu una guerra lunga e sanguinosa che si concluse a Pelusium, si dice per mano di Potino, servo di re Tolomeo.
Quando Potino diede a Cesare la testa di Pompeo e il suo anello patrizio, si assistette ad una delle più belle dimostrazioni di affetto da parte di due nemici. Plutarco racconta che Cesare pianse lacrime amare e fece uccidere Potino. Poco dopo, Tolomeo fu deposto, in favore di sua sorella Cleopatra. Cesare non perdonò mai gli assassini di Pompeo.
A dimostrazione del rispetto verso il suo nemico, pretese che il senato lo divinizzasse e gli tributasse una statua nell'assemblea. Ironia della sorte: Cesare morì davanti a quella statua, vittima a sua volta di un complotto.
Si odiavano, si scontrarono, ma mai venne meno il rispetto reciproco.
Storia più particolare e meno conosciuta ai più, fu la rivalità condita di amicizia e stima reciproca, tra Riccardo Cuor di Leone e Saladino (mi scuserete se uso i nomi italianizzati), ai tempi della terza crociata. A scartabellare i testi di storia, ci si rende conto che, pur essendo rivali per la conquista di Gerusalemme e dei territori limitrofi (area strategica per i commerci e il controllo del Mediterraneo; la storia della terra santa era l'ennesima boiata per imbonire i popoli), furono grandi amici.
Non mi risulta che si conobbero personalmente, ma so che furono frequenti gli scambi epistolari e di doni. Si racconta che quando Riccardo si ammalò, Saladino gli invio i suoi medici, con una ricca scorta di farmaci, frutta e verdura. Non so esattamente cosa vi fosse in quei carteggi, ma posso ipotizzare uno scambio reciproco di conoscenze, tra un re europeo (era re d'Inghilterra, ma di fatto era francese) molto colto e un coltissimo sovrano arabo, nonché uno dei più grandi strateghi della storia: un carteggio che sarebbe un piacere leggere.
Nonostante il fato li avesse resi avversari, non venne mai meno la stima reciproca e, molto probabilmente, in altre situazioni sarebbero stati ottimi amici e forse alleati.
I primi erano nemici, i secondi erano antagonisti, in entrambi i casi si parla di persone eccezionali, con i loro molti e noti difetti (non sono qui a scrivere una agiografia e so benissimo quanto fossero stronzi, umanamente parlando), che conoscevano come si sta al mondo. Personaggi che sono stati mitizzati dalla storia e dalla letteratura e che possono ancora insegnare molto. Certamente, possono insegnare come va condotto uno scontro.
La loro lezione è che tra antagonisti deve esserci sempre rispetto reciproco. Lezione che oggi pare essere stata totalmente dimenticata.
Oggi, è sufficiente approcciarsi all'informazione per vedere persone che si insultano e si comportano in maniera disdicevole, confermando l'idea che il mondo è ricaduto nella barbarie. Urlano, sbraitano, non si ascoltano e, talvolta, arrivano alle mani, come ci si aspetterebbe da l'ultimo dei barbari, non da persone che dovrebbero essere i campioni del nostro vivere civile.
Marco Drvso
giovedì 26 aprile 2012
Storie di altri tempi e altri mondi
Nel leggere di queste vicende, non posso evitare di riflettere su altre storie, avvenute in tempi passati e in quelli che potremmo definire altri mondi, per le molte differenze socio-culturali, scientifiche, morali, etc. Unico filo comune di tutte le vicende è la natura umana. Cambiano i tempi e i luoghi, ma l'essere umano è sempre uguale a se stesso.
La storia ci insegna che gli ideali che spingono le persone sono diversi e, in maniera tremendamente semplicistica, si possono dividere in 3 categorie: quelli che volgono lo sguardo al proprio orto, quelli volgono lo sguardo alla terra e quelli che lo volgono al cielo. Ovvero: chi pensa a sé, chi pensa al mondo che lo circonda e chi punta al proprio grande obiettivo. Ognuna delle categorie contiene persone giuste ed emeriti delinquenti, in base a come hanno scelto di spendere il proprio transito terreno.
Una storia interessante, ambientata nel periodo Kofun (periodo dei grandi tumuli, così ricordato per i colossali tumuli funebri, dell'era Yamato), ci è tramandata dagli antichi testi giapponesi.
Si narra del semi-leggendario Ōjin Tennō 応神天皇 (le fonti storiografiche si basano sugli antichi testi giapponesi, viziati da una sana dose di agiografia e mitologia), valente militare, accorto uomo politico e attento studioso. Si narra che fu concepito, praticamente, sul campo di battaglia, durante uno dei tanti tentativi di invadere la Corea e partorito in Giappone, quando la madre rientrò in patria. Ōjin Tennō era un uomo che guardava la cielo.
Grande combattente, si occupò anche di diffondere la cultura cinese a corte e si prodigò nell'organizzazione dello stato. Aveva un obiettivo e puntava alla grandezza del regno di Yamato.
Di lui si parla come di un grande uomo che seppe ben governare e fu il primo servitore dello stato. Alla sua morte fu divinizzato e, tutt'ora, è una della divinità più importanti del pantheon shintoista: Hachiman 八幡神 (che non è il nome di un supereroe), il kami della guerra, protettore del Giappone, dei contadini, dei pescatori e nume tutelare della famiglia Minamoto.
Più interessante, però, è la vicenda di suo figlio e successore: Nintoku Tennō 仁徳天皇.
Il mito narra che un giorno, dopo alcuni anni di regno, si recò su una collina ad ammirare il suo regno e quel che vide non gli piacque: dai camini non usciva fumo. Le spese sostenute per la costruzione della nuova capitale (era usanza cambiare capitale ad ogni nuovo imperatore), quelle sostenute dal padre per riorganizzare l'esercito, costruire templi, etc, e la carestia (sfiga su sfiga), avevano affamato il suo popolo.
Nintoku Tennō, al contrario del padre, guardava alla terra.
Ordinò che non venissero più riscosse le tasse, né si impegnassero i contadini nella corvée a palazzo, finché i camini non avessero ricominciato a sbuffare il fumo. Non fu il classico editto di facciata, per guadagnarsi l'amore della gente; non gli serviva. L'imperatore, oltre che divino, è il simbolo del paese: motivo per cui la dinastia è arrivata "intatta" ad oggi.
Lasciò che il palazzo imperiale e i templi andassero in decadenza, soffrendo in prima persona gli stenti del suo popolo. Si narra di tetti sfondati dalla neve e intere ali abbandonate all'incuria e all'umidità, per risparmiare sui costi di gestione del palazzo. Solo quando i camini tornarono a fumare, riportò la situazione alla normalità, chiedendo le giuste tasse (senza chiedere gli arretrati!), fece riparare il palazzo e i templi e riattivò l'esercito.
Alla sua morte, gli fu costruito il più grande Kofun della storia, a Sakai, di cui vi linko l'immagine da wikipedia. Per la cronaca: è la più vasta opera funeraria della storia umana, più grande della Grande Piramide.
Uno guardava al cielo, aveva una idea; purtroppo non ha guardato su cosa camminava. Ho idea che quella grave carestia sia stata la vera causa dello spegnimento dei camini (si parla di un paese assolutamente rurale). La mancanza di scorte, per le cause di cui sopra, è stata solo una aggravante.
L'altro guardava alla terra, ma se non si fosse trovato su un arcipelago protetto dal kamikaze, la sua buona volontà avrebbe provocato la fine del suo regno, a favore di un qualche invasore straniero.
In entrambi i casi si parla di persone in buona fede che perseguivano un'idea, per il bene collettivo e per questo vanno rispettate, anche se non si condividesse il loro pensiero.
La soluzione di Nintoku Tennō non è certamente applicabile alla situazione attuale. Sono troppe le differenze tra un regno antico e una moderna repubblica, ma potrebbe essere un buon insegnamento per quegli ingordi che potrebbero rinunciare a mangiare, per salvare tutta la baracca.
Il problema attuale è la gente che guarda al proprio orto. Finché lo si fa come il Candido di Voltaire, ovvero curarsi dei propri affari, senza danneggiare il prossimo, cercando una certa serenità, può essere uno stile di vita assolutamente rispettabile e auspicabile. Il problema è che siamo in mano a gente che cura il proprio orto, a danno di quelli altrui.
Chi comanda l'eurobaracca è un insieme di ingordi e di ottusi che per aumentare il proprio potere o per non dover ammettere che il paradigma su cui basa il proprio pensiero altro non è che follia, ci sta conducendo nel baratro. Se almeno lo facessero mossi da un ideale, li si potrebbe contestare con il rispetto dovuto a chi ha una idea (per quanto folle) e la persegue, ma per quel che vedo: è solo pancia e paraocchi...
Marco Drvso
domenica 8 aprile 2012
Il migrante sul Titanic
Come diceva Hitchcock, nella famosissima intervista di Truffaut (Il cinema secondo Hitchcock, di François Truffaut, un un'opera che vi invito a leggere), la vera suspense non si ottiene colpendo il pubblico con il colpo di scena, bensì informandolo di quel che sta per accadere, affinché loro siano attaccati alla sedia, in attesa dell'inevitabile. In parole semplici; avvisa il pubblico che dietro la porta c'è l'assassino. Fedele a questa idea geniale, mi piace sapere come va a finire, per godere meglio lo sviluppo narrativo e crearmi aspettative che rendano ancor più coinvolgente la storia. Ho premesso che sono psicopatico....
In questo adoro la Storia. Mi piace ripercorrere i passaggi che hanno condotto le civiltà verso un dato evento, constatando le loro aspettative deluse e il dipanarsi del filo del destino, secondo dinamiche assurde.
In questo modo, oltre ad aver apprezzato le varie opere, con maggior pathos, ho imparato a leggere le vicende umane, dall'insieme di segnali che ogni vicenda invia (ovviamente sbaglio, anche spesso).
Non sono qui a millantare capacità assurde, né una visione del mondo deterministico. Mi limito a riprendere situazioni simili, con sviluppi analoghi e li applico in altri capitoli di storia e vedo che, sovente, le dinamiche umane seguono una certa direzione.
Un pensiero, a tal proposito, mi attanaglia da un po' di tempo. Rileggendo sui sacri testi ho trovato un susseguirsi di eventi interessanti, che si sono riproposti più volte, in scala sempre maggiore. Crisi alimentare/economica di fine '700, cui seguono la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, la quali possono essere intese, secondo la visione europocentrica in vigore fino a poco tempo fa, come la vera prima guerra mondiale. Alla crisi economica del 1904, di cui si parla poco nei testi a causa dello scarso impatto che ebbe in quel mondo rurale, seguirono gli eventi del 1914. Tutti sanno della crisi del 1929 e cosa accadde nel 1939.
Storie diverse e contesti diversi, con premesse e risultati equiparabili. Non si ebbero i dittatori nel 1914, come accadde negli altri due casi, altrimenti si sarebbe parlato di fotocopie della storia, ma si nota bene la ciclicità degli eventi e il nostro viziaccio di ripetere sempre gli stessi errori.
Datemi del pessimista, ma in questo momento mi sento come un passeggero del Titanic, che si lamenta delle condizioni del viaggio e non sa che quella sofferenza non sarà una catarsi in vista di una nuova vita felice, bensì lo scomodo tragitto che lo condurrà a scoprire cosa sia un iceberg.
Spero di sbagliare.
Marco Drvso
lunedì 2 aprile 2012
Quando lo stato è strozzino
Sul meccanismo perverso e idiota degli studi di settore, stenderei un velo pietoso. Se posso comprendere il redditometro, basato sulla congruità delle spese, non accetto l'idea che un burocrate, sovente ignaro del funzionamento di un dato settore produttivo, possa decidere quanto debba guadagnare una azienda.
Siccome erano al di sotto dello studio di settore, l'agenzia delle entrate ha deciso che hanno evaso ed ha preteso un cifra esosa, calcolata in modo poco chiaro, quindi ha sguinzagliato equitalia che ha aggiunto interessi e more. Si fa ricorso e si giunge ad un concordato, che prevede il pagamento della sola cifra, senza gli interessi. Si rateizza la cifra e loro pagano regolarmente le rate, per un debito inesistente, che lo stato strozzino gli ha posto sul capo.
Ora, l'agenzia delle entrate ha deciso che il concordato non vale e vuole tutti i soldi, comprese le more e minaccia di pignorare la casa, comprata con anni di sacrifici.
Premesso che quasi 30 mila euro di non dovuto sono un furto, i modi messi in atto da equitalia si stanno dimostrando degni dei peggiori cravattari.
Mi domando: chi ha evaso miliardi ha potuto concordare e, spesso, ha versato molto meno del dovuto. Tutti gli altri, quelli che le tasse le hanno sempre pagate, si trovano costretti a sacrifici enormi, per pagare quanto non dovuto.
Non hanno vergogna ed hanno un potere immenso, che gli permette di rovinare la vita delle persone. Certa gente dovrebbe marcire all'inferno!
Situazioni simili sono all'ordine del giorno e tutti i giorni si sente di disperati che si ammazzano per colpa di uno stato inefficiente che spreca denari e obbliga la gente a pagare per ogni cosa. Chiedono sacrifici e in cambio non danno nulla. Spremono il popolo e poi lo vessano con richieste assurde. Se questa è democrazia...
Marco Drvso
lunedì 5 marzo 2012
Giornate di pioggia
Qualcosa mi aveva colpito in quella scena, ma solo con il tempo ho capito il senso dell'espressione "giorni di pioggia". Tale espressione affonda le radici nella cultura contadina, per la quale i giorni di pioggia sono sia una benedizione per i campi, sia un problema lavorativo, perché non si può lavorare la terra, né portare le merci al mercato (se la pioggia è lunga e consistente), quindi sono giorni di totale spesa e nessun ricavo. Talvolta la pioggia comporta dover ricostruire i fossi e tutta una manutenzione straordinaria che costa. Un vecchio proverbio recita "quel che leva l'alido, l'umido lo rende; quel che leva l'umido, l'alido non lo rende".
Si dovrebbe rivalutare l'antica cultura contadina, scrigno di sapere sottovalutato, ma di grandissimo valore.
Per molti, questi sono giorni di pioggia.
Oggi non attaccherò la finanza internazionale, che nulla crea, salvo il debito, né mi perderò a ribadire che c'è stato un colpo di stato che ha messo al potere un governo discutibile (non che il precedente fosse meno discutibile, per altre questioni), né che serve un ritorno alla sovranità popolare e monetaria, prima di rimetterci tutto (direi un cenno di autoarchia, sebbene il termine faccia storcere il naso ai benpensanti, perché usato in epoche "sospette", come altre cose buone che sono state gettate alle ortiche con quelle sbagliate, tipo un po' di sano amor di patria, inteso come riconoscersi in una grande famiglia dalle origini, usanze, lingua e modi di fare comuni), né altre questioni di "alto" livello. Ho scelto di restare sul piano della vita quotidiana.
Questa mattina ho finito di sistemare i fatturati di fine mese ed ho contattato i clienti morosi. Sono un po' insistente con alcuni, ma quelli sono soldi dovuti, per cui ho lavorato e su cui, che paghino o no, devo pagare le tasse. Mi colpisce che c'è gente che non paga, poi va a fare la settimana bianca (oltre che negarsi al telefono) e altra che deve chiedere finanziamenti in banca per poter pagare i fornitori. Oggi ho sentito un cliente che in questi mesi si sta barcamenando tra clienti che non lo pagano (si parla di mancati introiti per 4 zeri, a causa di grosse aziende che strozzano i piccoli, non pagando, in attesa che falliscano e il credito evapori), cercando di limitare al massimo l'uso di fornitori, onde evitare di avere altri debiti che si è dovuto recare in banca a chiedere un finanziamento, sperando che la crisi finisca.
Mi è dispiaciuto constatare la questione, ma non posso permettermi di dirgli di lasciar perdere. Nemmeno io navigo nell'oro e questo mese ho scadenze importanti, da saldare prima che per un ritardo di un giorno possa trovarmi equitalia alle spalle. Problemi alle aziende che ricadono sui dipendenti, attivando il circolo vizioso che ha mandato in recessione il paese.
Un pensiero malvagio, però, mi è scappato. Se i grossi non pagano, spesso per quanto ho detto sopra, ho idea che dietro ci siano anche le banche che impongono di non saldare i fornitori, affinché la liquidità vada a coprire i debiti nei confronti delle banche; che così rientrano dei capitali prestati e lucrino sui piccoli, costretti a fare debiti con le banche. È solo un mio pensiero, non sto lanciando accuse, ma conoscendo il sistema bancario (che di fatto sta uccidendo l'Europa), non mi stupirei di aver visto giusto.
È brutto vedere che aziende sane stanno andando a gambe all'aria a causa di una crisi creata a tavolino, di cui sembra non vedersi la fine, salvo il sorgere di uno scenario ben peggiore. Andate a leggere cosa sta macchinando la commissione europea, per quanto concerne il fondo salva stati (sarebbe meglio dire strozza stati), il controllo della bce e altre questioni. Vi getto una sigla ESM: cercate in rete, mettetevi a piangere e poi preparate i forconi. Ci stanno levando la democrazia e quel poco di benessere che ci eravamo conquistati.
Questi sono giorni di pioggia che qualche avido padrone di padroni ci sta gettando addosso, ma non può piovere per sempre.
Marco Drvso
ps
Vi sembrerà assurdo, ma questi potenti cominciano a farmi pena. Vogliono rendere schiavo il mondo, ma non si rendono conto di essere ancor più schiavi noi. Schiavi della loro folle ingordigia che li obbliga a sprecare il transito terreno nella continua ricerca di potere.
lunedì 20 febbraio 2012
Imprenditori o masochisti
Oggi, approfittando della carenza di lavoro, traccio un primo bilancio di questa impresa.
Costi e burocrazia. Per aprire ho sprecato 2 anni, in attesa di dare l'esame di abilitazione, barcamenarmi nella burocrazia, iscrivermi ad albo e camera di commercio e trovare una licenza da acquistare. perché avevano contingentato l'accesso al mercato. Il gioco, tra licenza, bollati, tasse d'iscrizione, sbattimenti bancari (per assurdo la cosa più semplice ed economica), balzelli vari che lo stato pretende ancor prima di iniziare (tra inail, inps e simili ho già versato gran capitali), ho speso (ho fatto debiti) per oltre una decina di migliaia di euro (circa il triplo dell'attuale fatturato lordo totale). Morale: il governo ha cambiato ancora le regole del gioco ed ho scoperto di aver buttato i 6000€ spesi per la licenza e il notaio, perché ha liberalizzato l'ingresso al mercato, ho buttato i soldi dell'esame, dei libri e il tempo per studiare, perché anche quello non è più obbligatorio. Soldi e tempo che nessuno mi ridarà.
Va bene agevolare l'ingresso nel mercato, ma quanto traspare da quel decreto (4/12/2011) è che i furbi hanno risolto e chi ha fatto il regolare lo ha preso in culo.
A breve ho il versamento dell'iva sul fatturato, peccato che sia tutta iva di fatture che ancora non mi sono state pagate, ma lo stato la vuole subito, altrimenti sguinzaglia i suoi cravattari.
Spese. L'aumento del costo dei carburanti, dell'autostrada, delle assicurazioni, etc, incide non poco sul mio esile margine di guadagno. Mi è toccato alzare le tariffe per sopperire a questi aumenti e, comunque, non ho aumentato il mio guadagno. È vero che molte di quelle voci vanno in detrazione, ma sono spese che devo sostenere ogni giorno per lavorare, quindi il fatto che le scaricherò (tempo futuro) dalle tasse, non allevia i problemi quotidiani.
Tutte le mattine, quando mi alzo, prima di andare a pisciare controllo la posta e il conto corrente, nella speranza che siano arrivati soldi per poter lavorare e pagare spese e tasse. Bel modo di iniziare la giornata...
In cauda venenum, scopro che hanno posto l'obbligo di pagamento del canone televisivo a tutte le aziende che possiedono computer, smartphone, videocitofoni e altro. Premesso che di sull'abbonamento telefonico pago € 12,91 di tassa di concessione governativa, perché possedere un abbonamento ad una linea cellulare è considerato un lusso. Lusso di cui farei volentieri a meno, se potessi, ma non posso perché è necessario (se avessi il prepagato non la pagherei, ma del prepagato non scaricherei l'iva né i costi). Non ho uno smartphone, anche se mi sarebbe molto utile ora che molte comunicazioni vanno via posta elettronica, né un pc intestato alla ditta (questo da cui scrivo è il mio baraccone personale, regalatomi nel 2008), quindi non dovrei pagarlo per quest'anno, salvo che i soliti creativi al potere non sfornino qualche idea geniale...
Tra le cause della scarsità di lavoro c'è la carenza di pecunia della maggioranza della popolazione, che impone un drastico taglio dei consumi, con contrazione del mercato. In parole semplici non girano soldi e a cascata siamo colpiti tutti.
Lo stato cosa fa per migliorare la situazione?
Aumenta le tasse, impone nuove spese (sanità, gasolio, addizionali varie, etc) ed ora si prepara a mettere in moto una riforma del lavoro che dalle prime avvisaglie sa di stronzata madornale. Tutto per salvare le banche e fare un favore a USA e Cina (i padroni delle agenzie di rating). Ovviamente, il parlamento vota queste norme, salvo nel caso in cui si tocchino i loro interessi o quelli dei loro sodali (hanno bloccato la norma che taglia gli stipendi ai manager pubblici, quelle sui loro stipendi e quelle sulla incompatibilità tra le cariche pubbliche). Non amo il tecnocrate filo bancario che non sa andare oltre la visione del mondo che insegnano in certe università né proporre qualcosa che sia utile a noi e non alle banche, ma i politici stanno facendo di tutto per risultare ancor più odiati. Mosconi direbbe "Ma me par che ghe sia... ma i lo fa a posta".
Del ridicolo giro di denaro che genero, nulla resta nelle mie tasche. I soldi delle fatture (quelle che mi pagano) entrano nel conto corrente ed escono subito. Con quel poco che avanza ci copro le spese di casa e sono finiti. Un paio di braghe nuove, cultura, sistemare il dente dolorante, mangiare fuori, uscite fatte bene con la ragazza o gli amici, etc, sono lussi da procrastinare a tempo indeterminato.
Anche la trovata sulla riforma del lavoro... Per ora non ho il problema di assumere, ma un domani mi piacerebbe farlo. Non sarà certamente l'art. 18 a fermarmi, salvo qualche aggiustamento tipo se uno è un lazzarone voglio il diritto di sbatterlo fuori (quelli, solitamente, sono i più dotti conoscitori del codice del lavoro e hanno ottimi agganci con il sindacato). Quel che mi fermerà sarà il costo di un lavoratore, inteso come tasse e balzelli vari. Riducete il costo del lavoratore e la gente assumerà.
Per ora, per fortuna, non sono ancora finito nel giro di pagamenti obbligatori, ma visti i tempi... Nei pagamenti obbligatori c'è di tutto dalle pretese di certi loschi personaggi a tangenti obbligatorie per avere ciò che spetta di diritto. Non sto scherzando, so di gente che ha pagato dei funzionari affinché certe pratiche andassero avanti; non era corruzione, ma taglieggiamento da parte della pubblica amministrazione. Funzionari che se non ricevono la fresca si incaponiscono contro il cittadino (basta leggere i quotidiani, per riscontrare quanto dico).
Infine: le ore spese per creare contatti di lavoro, preparare preventivi, sistemare i mezzi produttivi, occuparsi della contabilità. Tutto tempo non retribuito.
Pago le tasse e lo stato non mi rende servigi e quel poco che rende pretende che sia pagato. Le strade dissestate provocano danni al mezzo, quindi costi aggiuntivi, cagionati dall'incuria degli amministratori, pagati con le mie tasse. Se tardo un pagamento mi aprono il culo, ma quando devo ricevere non c'è la stessa solerzia. La maggior parte del tempo lavorativo non è retribuito (un imprenditore lo è 24 ore al giorno). I costi aumentano ogni giorno e i ricavi si assottigliano.
Morale. Se compravo una incudine, ci poggiavo sopra le palle e cominciavo a martellare, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Stringo i denti e penso che la parte migliore del paese fa come me. Quella massa di persone che non è in politica, né in televisione, perché è troppo impegnata a lavorare per far funzionare questo disastrato paese. Stringo i denti, ma ogni giorno è sempre più demoralizzante.
Marco Drvso
lunedì 6 febbraio 2012
Un mondo diverso
Mentre soffrivo pensando al fatturato di questi mesi e al casino mondiale, spalando ghiaccio tra una imprecazione e l'altra, ho avuto una mezza epifania. E se tutte queste crisi fossero occasioni d'oro che stiamo sprecando?
Lo so, lagnarsi nella speranza che non cambi nulla, per dare la colpa ad altri, è una tentazione e una abitudine diffusa. Stratracannare e stramaledire le donne, il tempo ed il governo è sport nazionale, come lo scaricabarile. Ma quanto è bello vedere la propria vita e il proprio mondo che vanno in vacca e dare la colpa ad altri?
Non più, almeno per me. I periodi di crisi sono per me ottimi momenti per rimettermi in discussione, uscire dall'apatia e riprendermi la vita. Non avrei preso certe scelte, se non fossi convinto di voler cambiare molte cose.
Simile proposito, dovremmo prenderlo tutti e prendendo il toro per le corna, trasformare questa fase di crisi in una grande opportunità per un mondo diverso. Non dico migliore, solo diverso (anche perché peggio di così non è facile).
Mi raccomando, però, non prendetemi troppo sul serio, anzi, non prendete alcunché troppo seriamente, altrimenti si rischia di cadere nel vortice della follia che avvelena l'esistenza. Bisogna dare il giusto peso alle cose, altrimenti si può incappare in errori, anche gravi. Poca serietà non vuol dire superficialità.
Mentre tutti si strappano i capelli per la crisi economica e per il grande freddo (leggasi probabile emergenza gas e perenne emergenza imbecillità politica, vedi un certo sindaco), sento tante lamentele, ricerche di colpevoli e poche soluzioni praticabili. Siamo troppo presi a prendere sul serio la questione, per averne una visione realistica e concreta.
L'ideale sarebbe una drastica rivoluzione culturale e un cambio di rotta totale, ma lo vedo impossibile. Se si iniziasse adesso, credo che ci vorrebbero almeno 5-6 generazioni prima di vedere qualche risultato. Un'altra bella idea sarebbe decapitare il potere e mettere persone credibili, ma anche qui si galleggia nell'utopia, per ora. Senza cercare soluzioni estreme ed evitando le soluzioni tampone, sovente peggiori del problema, si potrebbe partire dal problema, sviscerarlo e ottenere un risultato da cui partire.
Le grandi crisi mondiali non sono molto diverse da quelle che ogni persona vive nel suo piccolo, cambia solo la scala di grandezza.
Penso, magari sbaglio, che la crisi del debito si potrebbe risolvere con un magheggio bancario fatto dalla BCE, che anziché elargire denari alle banche, potrebbe darli agli stati, come farebbe una vera banca centrale, in un sistema di sovranità monetaria. Della serie: stiamo unificando tutto con regole varie, tanto vale che lo sia anche la BCE e si smetta di vederla come entità a sé stante. Oppure nazionalizzare le banche e farla finita una volta per tutte.
La crisi dell'industria si potrebbe risolvere rivedendo, al rialzo, i salari e cambiando drasticamente il sistema del lavoro, in modo che la gente abbia garanzie, un buon salario e abbastanza tempo libero, in modo che possa acquistare prodotti di buona qualità e costo elevato, prodotti in loco e spendere il resto in servizi vari. In questo modo si tiene in vita l'economia, si consuma meno e meglio e non abbiamo tonnellate di merce usa e getta, prodotta da schiavi in Cina e che vale quanto costa. Parlo di comprare meno, ma oggetti più costosi, di qualità e durata infinitamente superiore, che richiedano ragionevoli tempi di produzione.
In ultimo il discorso del gas. Abbiamo le tecnologie per migliorare la termica delle case, attraverso opere di ristrutturazione che rimetterebbero in moto l'economia, evitando il continuo consumo di territorio per far contenti gli speculatori edilizi, cui aggiungere sistemi di produzione energetica a impatto zero e produzione in situ. Prendendo la soluzione più semplice: pannellare tutti i tetti, in modo che durante le ore di luce si posa utilizzare il riscaldamento elettrico, lasciando l'uso di gas per le ore di buio, sarebbe un gran risparmio per noi, nazione, e una bella inculata per Gazprom.
Qualche idea, senza la pretesa che siano prese in considerazione. Magari troppo semplicistiche, ma come insegna il caro Occam, bisogna ridurre all'osso la questione e la soluzione più semplice e spesso quella corretta.
Spero che il mondo non si faccia scappare queste grandi occasioni. Ribadisco che le crisi sono i momenti migliori per prendere delle scelte (chi conosce il greco ha intuito il doppiosenso) e prendere strade nuove. Al momento vedo i potenti indaffaratissimi a salvare lo status quo, facendo danni incredibili, quando potrebbero accettare il fatto che il sistema ha funzionato finché ha potuto, ma ora l'ingranaggio si è rotto e bisogna sostituirlo con qualcosa di nuovo. Non so se migliore, ma certamente diverso.
Se ci sono arrivato io che non sono una cima, penso che le menti eccelse e raffinatissime dovrebbero produrre pensate anche migliori. Figurarsi che quanto sopra non gli porterebbe via niente, anzi li potrebbe arricchire ulteriormente.
Si sono estinti i dinosauri: non pensino che il sistema sia immune da avere una fine.
Marco Drvso
lunedì 23 gennaio 2012
A chi giova?
Detta così, sembra la panacea di tutti i mali, peccato che la questione, per quanto giusta, vada affrontata con cognizione di causa, valutando attentamente ogni passaggio.
In Italia esistono corporazioni potenti che avvelenano il mercato, è evidente e noto a chiunque. Tra questa corporazioni, ovviamente, non possiamo dimenticare le mafie, la politica e tutto il sottobosco di associazioni più o meno limpide che fanno affari d'oro sulle spalle del paese. Sistemando questi gruppi parassitari, si potrebbe smettere di emettere debito pubblico (ci sarebbe anche da fare un discorsetto sul ritorno alla sovranità monetaria o alla revisione del funzionamento della BCE, ma non è questa la sede). Forse ho un po' esagerato, ma non credo di essere lontano dal vero. Professioni in cui esiste un cartello ci sono, ma questo decreto le ha colpite solo marginalmente. Mi riferisco alle banche e alle assicurazioni, ad esempio.
Partirei parlando degli albi professionali. Si fa un gran parlare di abolirli, ma ciò è una follia. Ci sono albi sputtanatissimi, è vero e spesso l'accesso ad un albo richiede una trafila lunga e demotivante, ma sarebbe sufficiente riformarli e renderli quel che dovrebbero essere: enti di tutela per il cliente e la categoria. L'iscrizione ad un albo garantisce che il professionista abbia le carte in regola per operare nel suo settore e tutela il cliente da eventuali furbi che praticano la professione senza averne titolo. Un esempio per tutti è l'albo dei medici: unica tutela contro chi professa abusivamente la professione (salvo che non intervenga la finanza, perché questi personaggi, solitamente, lavorano in nero).
Personalmente, sono iscritto all'albo dell'autotrasporto e questa iscrizione, tra bolli, corsi, etc, mi ha portato via quasi 2 anni: una follia. Sono il primo a ritenere che le pratiche debbano essere più snelle, ma con il decreto di dicembre, hanno totalmente aperto il mercato fino a 3,5t, rendendo inutile l'esame che ho dato e tutta la montagna di pratiche che ho fatto. Inoltre, prima toccava comprare le licenza perché erano contingentate, ora le hanno liberalizzate (e non ci vedo nulla di male, anzi, sono favorevole) ed io mi trovo alleggerito di 7000€. Mi spiace per quel denaro (soprattutto considerato che li ho sudati e mi sono indebitato), ma sono favorevole all'apertura del mercato. Se fossi un tassista che sta pagando 200000€ di mutuo per la licenza, mi incazzerei alquanto.. Quel che mi fa incazzare è l'eliminazione dell'esame di capacità professionale e l'abolizione della capacità finanziaria, soprattutto perché il mio segmento di mercato è il solo che non gode di certi sgravi (una miseria, in verità) sul carburante. Domani uno si alza e si iscrive all'albo, senza produrre alcuna carta che dimostri che sa quel che sta facendo, con il solo risultato che per lavorare abbasserà ancor di più le già risicatissime tariffe (su certi servizi arrivo alla pari, considerate le tasse), a danno di tutto il settore. Immagino che i grandi corrieri, che sfruttano e ricattano i padroncini (per la maggior parte poveri cristi arrivati dal Sud America), faranno i salti di gioia. Con la vecchia normativa sarebbero stati costretti ad assumerli.
Ai pubblicisti è andata peggio. Con l'abolizione dell'albo, ora sarà ancor più duro accedere alla professione di giornalista. Non parliamo dei gestori delle pompe di benzina, cui queste "liberalizzazioni" potrebbero dimostrarsi disastrose; utili solo per chi possiede l'impianto, ma sono una minoranza e non so quanti abbiano la forza e la volontà di mettersi sul groppone 400000€ di debiti per comprare la pompa. Almeno agli aspiranti avvocato è andata bene: la possibilità di iniziare il tirocinio all'università permette, a chi non ha il padre penalista, di poter accedere alla professione in tempi ragionevoli.
Semplificare ed eliminare norme che rendano difficilissimo l'ingresso nel mercato, ma togliere le regole è follia.
Io sono favorevolissimo al libero mercato, ma pretendo delle regole ferree. Regole che tutelino il professionista e il suo cliente, affinché si possa avere il miglior servizio al prezzo giusto. Apriamo il mercato alle nuove energie, semplifichiamo la burocrazia, rendiamo certa la giustizia, facciamo i controlli, etc, ma, per l'amor del cielo: imponiamo delle regole e facciamole rispettare.
Un mercato eccessivamente libero produce la situazione che ben conosciamo tutti, tramite la stampa, del sistema finanziario e borsistico, in cui la mancanza di regole permette dei magheggi perversi che, uniti a certe normative sulla finanza e sulla moneta della zona euro, ha creato la crisi, partendo dal paese pi liberista del mondo, gli USA, che ora parlano tanto, ma hanno creato loro la crisi.
Leggendo le pagine del decreto che si possono reperire in rete, mi rendo conto che è solo una operazione per garantire i pesci grossi (i grandi competitor, se proprio ci tenete ad essere anglofoni), tutelare certe categorie, chiudendo l'accesso (vedi la questione dei pubblicisti) e distruggere quel variegato mondo di micro aziende che sono il vero tessuto economico del paese.
Talvolta vien da chiedersi di chi fa gli interessi chi ci governa... almeno con il nano sapevamo che faceva i propri (e fortuna che non c'è più!).
È auspicabile che si rivedano al più presto alcuni fondamentali dell'economia, altrimenti con questi sistemi per mantenere in piedi un sistema malato, rischiamo solo caos e povertà.
Marco Drvso
venerdì 20 gennaio 2012
2012, l'anno del drago
L'anno vecchio è finito tra buone premesse per il futuro e quello nuovo è iniziato malissimo (e non mi riferisco allo sguardo truce di Sara al mio risveglio, dopo essere collassato per congestione e eccesso etilico, nel bagno di Ale).
Dal punto di vista "mondiale" stiamo andando alla deriva, comandati da personaggi senza arte né parte. Siamo passati da un imbecille patentato (il truccatissimo coi tacchi), che nel momento della tragedia si ostinava a decantare ottimismo, facendo perdere al paese ogni briciolo di credibilità, ad un personaggio che stimo, ma è troppo legato ad una visione del mondo che si dimostra ogni giorno più fallimentare. Il solo risultato di ciò è la sacrosanta rivolta dei forconi in Sicilia, che si sta espandendo anche ad altre regioni.
Non pensate che sia un fenomeno italiano. Venti di rivolta soffiano in tutta Europa, per questioni analoghe, tutte legate alla guerra non dichiarata del rating, dell'euro e di altri magheggi finanziari che stanno soffocando il popolo. È in atto la terza guerra mondiale e la si sta combattendo in maniera non convenzionale.
Parlo da imprenditore. In questi anni ho visto ridursi drasticamente la quantità di denaro che resta in cassa a fine mese ed aumentare vertiginosamente i costi e le tasse, senza averne beneficio. Sono ben felice di pagare per avere ospedali gratuiti, strade ben fatte, scuole d'eccellenza, etc, ma il risultato sono strade fatiscenti (certe volte mi sembra di girare per il terzo mondo, senza muovermi dalla Lombardia), ticket sanitari, scuola in rovina, etc. La verità è che larga parte del gettito fiscale si perde a favore dei soliti noti. Non farò esempi, mi limito a consigliarvi di leggere con attenzione i giornali. Ovviamente le tasse continuo a pagarle tutte, ma con la consapevolezza di essere derubato.
Questa carenza di contante mi sta incasinando l'esistenza. Per fortuna, ancora mangio ancora (molti non hanno questa fortuna), ma non ho modo di muovermi su certe vie che vorrei intraprendere, a causa dell'impossibilità di investirvi il giusto denaro. Ho davanti a me la realizzazione di un sogno che inseguo da anni e mi tocca procrastinare a tempo indeterminabile. Senza contare spese che dovrei fare per questioni urgenti, ma sono rimandate anche quelle.
Siamo in una fase in cui chi dovrebbe mantenere la rotta non lo fa o cerca di rimediare ai danni di precedenti amministrazioni (non riesco ad incazzarmi troppo con Monti, considerato lo sfacelo che si è trovato) e chi si trova fuori dai giochi è obbligato ai salti mortali per non finire in mare e a manovre inconsulte, tipo minacciare il potere con forconi e furgoni.
Malgrado tutto ciò, sono ottimista. Credo la crisi possa far rinascere un sentimento di unità tra le varie anime del paese e, magari, dell'Europa. Ho visto un cartello al tg, tassisti milanesi che mostravano la scritta "Milano ringrazia Napoli", in merito alla scossa che hanno dato per far nascere la protesta (su cui non prendo posizione, perché in parte la approvo e in parte la contesto); autotrasportatori che marciano insieme a negozianti, pescatori, agricoltori e studenti.
Forse, dopo 150 anni, si stanno facendo gli Italiani.
Forse sono un inguaribile ottimista.
Marco Drvso
sabato 10 dicembre 2011
4 passi riflettendo
Abitudine salutare e invito tutti voi a farlo.
Pensavo di impiegare poco, ma ho scoperto che tutti avevamo avuto la stessa magnifica idea... mai vista tanta fila. Completata la prassi, sono andato a salutare la mia tata al lavoro (al comune non hanno fatto il ponte... mi sto ricredendo sugli statali) e, infine, due passi salutari, approfittando del fatto che l'aria puzzava un po' meno.
Ho passeggiato verso il centro, attraversando la Milano rinascimentale, fino in Duomo: magnifico patchwork di stili e epoche. Successivamente, ho attraversato quella neoclassica, fino a piazza affari, in pieno stile fascista, infine giù per via Meravigli, nella Milano romana; tutte vie puntellate di palazzi nuovi e brutti a imperitura memoria delle bombe americane, dei socialisti e degli sciacalli immobiliari, noti come la mafia lombarda. Vagabondare, seguendo i pensieri, attraverso una città che nulla ha di natalizio: negozi vuoti, poche e brutte luminarie, clima mite...
Poi mi sono rotto le balle, ho preso la metrò e sono andato a casa.
Ogni via, palazzo, scultura, angolo, mi ha fornito ispirazione e mi sono pentito di non aver avuto con me da scrivere. Almeno avevo un libro per i momenti passati sui mezzi e in ospedale: Joseito di Dazai Osamu, nell'edizione curata da Mario Scalise.
Bellissimo testo, ma se cercate qualcosa di divertente e frivolo, non leggetelo.
Le vie dietro l'università, fino al Duomo, mi parlavano di un tempo in cui la vita era scandita con tempi ragionevoli. Anni in cui si aveva la coscienza che ogni cosa ha un suo tempo e segue dei cicli precisi, in cui non esisteva la smania del tutto e subito che ci ha condannati alla crisi attuale. Viette romantiche in cui si possono ancora trovare vecchie botteghe (perfino un droghiere), senza gettarsi in un supermercato o in quelle mostruose cattedrali del commercio. Vicoli in cui l'umanità cammina e vive da secoli. Senza la puzza di suv e affini, si sentiva quella dei secoli.
Ogni pietra raccontava qualcosa. Momenti, idee, allegorie, di epoche passate e presenti che ho imparato, almeno in parte, a decifrare e godere. Purtroppo, solo in parte.
Le statue sul Duomo, le allegorie della galleria, con i suoi fregi liberty, i bassorilievi zodiacali in piazza affari, le selciate, le forme fantasiose dei balconi, i fregi sulle chiavi di volta, fino ad arrivare a sassi mal squadrati che spuntano da dell'antico intonaco, a ricordarci di quando un muratore dovette sistemare un muro, con quello che aveva a disposizione.
Mi ha colpito la statua di Cattelan che a ben vedere è diversa da quel che dicono molti. Mi sono soffermato a guardarla, perché un gruppo di ragazzi la stava fotografando, facendo attenzione che si leggesse la scritta borsa, sul palazzo retrostante. La mano, in realtà, fa il saluto romano, lo si vede dalla posizione delle dita troncate, specialmente del pollice. La cosa più divertente, considerato quel che dice la gente, è che non fa il dito alla borsa, ma al resto del mondo. Alla luce di quanto accade nel mondo, vien da ridere amaramente.
Purtroppo, sono sempre più visibili i segni del dissesto economico di questo paese. Vetrine chiuse, striscioni fuori dalle aziende e gente che ha un'espressione preoccupata. Il fatto che il petrolchimico veneto, il navale ligure, il tessile lombardo e altre realtà che hanno rappresentato la spina dorsale dell'economia italiana, siano in crisi e si parli di chiusure (oltre a quelle già avvenute), sono questioni preoccupanti per tutti e quando il problema lambisce il centro della città più ricca d'Italia, significa che siamo veramente alle cozze.
C'è da riconoscere una cosa: quelle mura, stratificazioni di secoli, erano lì a ricordare che per quanto sia dura la situazione, ne usciamo sempre (purtroppo non indenni).
Tra tanti pensieri sono arrivato a casa e subito mi sono rovinato lo stato di grazia della passeggiata. Per quanto possa apparire folle, non c'è nulla che mi rilassi di più di farmi un paio d'ore di passeggiata, anche pensando a cose negative. Certe notizie di cronaca di questi giorni hanno dilatato la gestazione di questo post e di un altro che sto scrivendo da un po'.
Due fatti, sopra tutti, mi stanno dando da pensare, perché sintomatici di una situazione gravissima, che monta all'oscuro e si alimenta da sola, come la brace sotto la cenere, cui basta un attimo per trasformarsi in incendio. Uno è il pacco ad equitalia, l'altra è il fattaccio di Torino.
Se cercate parole di conforto verso quel tizio che ha rimesso una falange, cascate male: io detesto i vessatori e gli strozzini. La cronaca ci mostra come questi che si fanno chiamare servitori dello stato, non siano altro che strozzini, capaci di farsi grossi coi piccoli e ignorare i potenti. I servitori dello stato sono ben altri.
La questione che mi fa pensare, è un'altra: se si è arrivati ai pacchi bomba, significa che la situazione è molto più grave di quel che sembra. Ho sentito alcuni, come me, che hanno contestato i modi (la violenza non è mai una soluzione), ma nessuno che abbia avuto parole di misericordia per quel tizio o piena condanna per gli autori. Esiste un problema equitalia, cui lo stato non pone rimedio, e la gente esasperata passa alle maniere sbagliate. Parlando con tanta gente, ho constatato che la quasi totalità è disposta ad unirsi alla folla inferocita, il giorno che andranno a sfasciare le sedi di quegli strozzini. Non sono buoni segnali, anzi. La gente sta raggiungendo il punto di saturazione, cui segue quello di rottura, con le ovvie conseguenze.
Altra questione su cui riflettere è quella di Torino. In sintesi: ragazzina di una famiglia bigotta (che a quanto pare la fa sottoporre a test per garantirne la verginità..................), ha il suo primo rapporto, ma per paura di essere sgamata da quei genialoidi dei suoi genitori, dichiara di essere stata violentata e addita il colpevole più semplice: i rom. Segue pogrom.
Anche in questo caso è bene non fermarsi al semplice fatto di cronaca, ma andare più in fondo. La comunità rom non è benvista per le più disparate ragioni. Si parte dal comune razzismo, fino a questioni legate alla delinquenza, sempre ben in vista nei telegiornali. Esiste un problema rom, è inutile negarlo: persone che hanno uno stile di vita difficilmente conformabile al nostro, su cui esistono leggende di ogni genere, alcuni dei quali hanno comportamenti deprecabili (come quello che ha provato ad entrarmi in casa; ci ha provato anche un italiano, ma i miei cani, in entrambe le occasioni, si sono divertiti molto). L'accusa più grave è quella di fare quel che vogliono ed essere lasciati liberi di farlo.
Ora dirò una santa verità: in questo paese la maggior parte delle persone fa il cazzo che vuole e lo stato lascia fare, arrestando solo ladri di polli e applicando la certezza della pena al solo divieto di sosta.
In questi anni si è montata la questione rom, per nascondere questioni più gravi e quel pogrom ne è stato la conseguenza. La questione della ragazzina è stata solo la scintilla.
In sintesi: abbiamo situazioni di vessazione da parte dello stato, sbagliati sistemi di rivalsa del cittadino, odio etnico, ignoranza religiosa, giusto per descrivere gli ingredienti principali della ricetta. Immagini e scene che le pietre di cui parlavo prima hanno memoria. La torre romana dietro il museo archeologico, ricorda le lotte religiose della Milano imperiale (prima contro i cristiani, poi contro i pagani e le altre confessioni) e della rivolta che fece Martino di Tours contro l'esoso fisco romano. Quelle rinascimentali ricordano la caccia agli untori e le lotte tra gli stati italiani, quelle neoclassiche ricordano la cacciata dello straniero e le prime lotte sociali, quelle fasciste narrano la difesa della razza e le questioni del regime, quelle sventrate rimandano alla guerra, i palazzi degli anni '60 ci narrano quando il nemico era il terrone. Tutte ci dicono che c'è sempre uno stato padrone, con le sue caste, che vessa il popolo, insieme a personaggi deprecabili (dai bravi ai mafiosi il passo è breve) e un nemico costruito ad oc, per distrarre l'opinione pubblica: un popolo sempre diviso, incapace di marciare unito verso un ideale altissimo, per edificare un mondo migliore.
Chissà cosa diranno le nostre pietre...
Marco Drvso