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sabato 1 aprile 2023

Manifesto luciferino della necessità

 In questi giorni ho riflettuto sulla mia condizione e su quella umana in generale ed ho iniziato a stendere queste righe, camminando nel buio.
Una oscurità nata dentro, alimentata dalle tenebre che mi circondano, in un mondo che non è mio, in cui la bellezza e la necessità hanno perso nei confronti dell'oscena bruttura del superfluo.
Non sapevo se avrei finito di scrivere questo pezzo, invece eccomi qui, giorni dopo, a finirlo, ascoltando i Carmina burana di Orff.

Se dovessi dare una colpa al cristianesimo, al di là delle tante cazzate che leggo e sento, è quella di aver confuso il Satana biblico con il Lucifero pagano, incasinando la storia occidentale.
Il primo è un pirletta che si atteggia a signore del male, ma è solo un bambino viziato che sclera col padre, facendo il suo gioco. Non è creatore: solo un mezzo demiurgo che funge da parafulmine per il fratellino e le mosse, discutibili del suo creatore (il solo nel racconto ad essere luce e tenebra). Di fatto, un coglioncello che si crede Re, ma è solo un vassallo da 2 soldi, con buona pace di Milton, che pur attingendo dalla mitologia biblica, usa la figura satanica per descrivere quella luciferina, almeno nella prima parte. Ho adorato quel suo ribelle sconfitto, che finalmente trova un posto tutto suo, peccato il seguito in cui distrugge un personaggio magnifico (nello sviluppo del poema è necessario e nulla toglie alla grandezza dell'opera, anzi).
Il pianeta Venere ha altri 2 nomi, in base alla posizione relativa nel cielo: Lucifero, la stella del mattino, quando compare al sorgere del Sole e Vespero, la stella della sera, al tramonto. Una volta porta luce, una volta porta tenebra, come ogni Dea dell'amore, dai tempi di Inanna.
Nelle mitologie troviamo varie figure luciferine e sataniche, ma al contrario del moderno occidente queste sono ben differenziate.
L'avestico Angria Mainyu o Arimane ben somiglia alla versione dualistica del cristianesimo moderno (dualismo che a chi ha letto e capito la bibbia fa orrore), decisamente uno stronzo, votato alla distruzione; si sta parlando di un rospo autogenerato che sodomizza se stesso per generare demoni e distruggere la creazione (se dovessi spiegare il narcisismo patologico, userei questa figura). Un patetico frustrato, al pari dell'arcangelo caduto.
Una via di mezzo sono il Susanoo shintoista e il Seth egiziano, entrambi frustrati, ma entrambi consci del proprio ruolo nel mondo e artefici del fato, agenti della necessità, oltre che figure realtivamente positive.
Le vere figure luciferine sono complesse. I miei preferiti sono Prometeo e Loki, probabilmente volti dello stesso personaggio.
Al contrario dei personaggi citati in precedenza, non ho inserito il link di wikipedia, perché sono figure di cui ho già scritto e sono così affascinanti che invito a fare ricerche in merito, affrontandoli da più punti di vista. Entrambi si muovono in modo ambiguo nel mito ed entrambi sono puniti dalla figura dominante, che li incatena ad una pietra, a subire il supplizio di una fiera. Entrambi nelle vicende umane e nella nostra creazione (su Loki gli esperti si dividono) e forieri di doni meravigliosi, ma sovente avvelenati, a causa dell'imbecillità umana e divina. Soprattutto:entrambi padroni della propria vita, che portano la propria autoderterminazione alle estreme conseguenze. Entrambi vedono lontano, conoscono le necessità del fato, sanno cosa vogliono, e sanno come ottenerlo, consci dei rischi e delle conseguenze. Loro accendono la miccia e vedono bruciare il mondo, perché così deve essere, senza trarne vantaggio personale.
Loki provoca la morte di Baldr e Hodr, pagandone duramente le conseguenze, al fine di salvarli dal Ragnarok, in cui lui stesso trova la fine, permettendo loro di tornare e dare inizio al nuovo mondo.
Prometeo sa che il fuoco libera le genti umane dalla condizione ferina, ma sa altrettanto bene che il fuoco è l'inizio della civiltà e della guerra, non a caso è lui che sfonda il cranio di Zeus, permettendo la nascita di Pallade in armatura. Insegna a noi mortali a truffare gli Dei, gettandoci nell'agone. Prometeo è quella tecnologia che cura le malattie, ci manda nello spazio e pone in mano a perfetti imbecilli un arsenale atomico.
Loro sono ladri, assassini, traditori, creatori, difensori, gentili, violenti, altruisti... La sola certezza è che hanno trasceso l'illusione del bene e del male e abbracciato l'ananke.
Entrambi sono portatori di luce e ombra, perché il mondo è la magnifica danza degli opposti che compongono il tutto, un enorme Polemòs in cui regnano il caso, Fato, la scelta, Ecate, la necessità, Ananke e le forze di attrazione, Eros, repulsione, Eris e lo scontro/incontro (ho dubbi su questa definizione, ma non trovo una parola migliore) Ares.
L'essere luciferino è questo: colui che punta alla luce, perché è quello il fine dell'esistenza, senza rinnegare la tenebra, il cui abbracciare la consapevolezza della condizione è figlio dell'aver colto il segnale del fato, scelto di volerlo compredere e abbracciato la necessità che governa il mondo, allontanandosi dal superfluo.
Vibriamo a frequenze ridicole, perché così ci hanno insegnato, ingozzandoci del superfluo, perdendo il necessario, senza il coraggio di rompere gli schemi. Abbiamo paura di incendiare il mondo, per salvare quel granello di sabbia che abbiamo comprato sacrificando la vita. Abbiamo paura della nostra volontà e di quel che ci grida il cuore, perché le catene potenziali ci fanno più paura di quelle reali cui siamo costretti. Soprattutto: ci hanno insegnato un falso dualismo, in cui gli opposti si combattono e la scelta di campo è obbligatoria: una follia. Cervelli di Boltzmann anestetizzati, che non creano la realtà, ma subiscono la narrazione altrui, alimentando un mondo folle.
In questo differiscono i luciferini dagli altri. Non vivono nella perenne speranza della salvezza, nel timore della dannazione o seguendo le vacue promesse di una o l'altra parte. Non riescono ad essere soldatini obbedienti di autorità che non riconoscono. Conoscono le regole universali, sanno come muoversi nel loro meandri e sebbene la gravità agisca secondo leggi inalterabili e inviolabili, sanno volare, perché conoscono anche altre leggi che dominano energia e materia. Fanno del problema la risposta.
Io amo i folli, gli zagrei che danzano sconvolgendo Tebe. La gente che una volta sentito fischiare il treno si rendono conto che il mondo è altro. Amo chi comprende che la stella più grande, calda e luminosa non può esistere, senza il freddo e buio, vuoto cosmico ed entrambi sono parte di un unico,
Io amo chi sa brillare dentro, conscio di proiettare anche ombra e come la sopracitata stella sa vestirsi di quella tenebra.
Oggi ananke è uscire dalle gabbie che il mondo occidentale ha creato. Ananke è riappropriarsi della qualità umana che ci rende creature stupende e terribili. Ananke è liberare quella stella ambivalente, portatrice di luce e tenebra che è dentro di noi e farla crescere.
Ogni giorno il fato ci pone davanti a delle biforcazioni del cammino, spesso multiple, in cui scegliere tra più strade. L'essere del superfluo segue il percorso indicato, quello apparenemente semplice che porta a sprecare il transito terreno. Pochi, i consci delle proprie luci e tenebre, che hanno aperto gli occhi (o sono totalmente pazzi, nessuno lo può escludere) decidono di scegliere la propria strada, consci dei rischi e per molti di questi scegliere è una necessità fisiologica. Rompere gli schemi, infrangere leggi fasulle, pagarne le conseguenze, ma farlo a testa alta, alla ricerca dell'essenziale.
Luciferini vi sto cercando, perché da solo non sono in grado di incendiare il mondo, ho bisogno della vostra luce e della vostra tenebra per volare, come voi ne avete bisogno di quelle dei vostri simili.

Marco Drvso

venerdì 21 ottobre 2022

I meravigliosi folli

Nel mare delle informazioni in cui siamo immersi traspare qualcosa di osceno: la più intima pazzia umana. Scimmie che si trascinano, riproponendo schemi e idee sempre uguali, da cui allontanarsi sembra impossibile. Io lo so bene, perché dal ritorno a Milano lo sto sperimentando, attraverso la mia palese regressione, con la sola differenza che per una volta me ne sto rendendo conto. Attraverso lo specchio ho visto me e il mondo che mi circonda e ciò mi ha spaventato.

Finché vivevo nell'illusione di essere l'unico messo malissimo, potevo quasi nutrire una speranza, poi ho scoperchiato il vaso ed ho scoperto che Elpìs è rimasta dentro per decenza. Il mondo non ha bisogno di speranza, ma della sana follia personificata da personaggi luciferini (non nel senso biblico) come Prometeo e Loki.
Prendiamo come esempio quel che sta accadendo sulle rive del Mar Nero. Sulla carta, è qualcosa di già visto, le cui dinamiche sono chiare e tremendamente scontate, con una piccola, ma sostanziale differenza: mai come oggi il mondo è pieno di persone rinchiuse dentro gabbie mentali. Orde di persone che vivono di certezze granitiche, alimentate dalla pazzia di chi ha in mano le chiavi delle stanze dei bottoni, che usa altri convinti come cassa di risonanza, che agiscono sulle masse, in un pericoloso circolo vizioso che si autoalimenta e rinforza. A confronto, il V e XVII secolo erano epoche illuminate di libero pensiero. L'occidente si sta suicidando, da tempo, seguendo teorie assurde, almeno nella loro formulazione, che si sono dimostrate errate, ma sembra che ammettere l'errore sia più terribile, che gettarsi nell'abisso e, come se non bastasse, la stessa pazzia ci sta conducendo verso la catastrofe nucleare.
Dove sono finiti i folli che hanno permesso l’evoluzione della civiltà umana?
Figure scomode e perseguitate, che hanno sfidato l’ira dei potenti, travalicando l’immobile speranza, giungendo all’azione ad ogni costo e ne hanno pagato lo scotto, con la dignità di chi ha vinto. Non porterò esempi umani, sarebbe inutile e controproducente: tale è la pazzia imperante, che al solo nominare certe persone si potrebbe levare uno sterile mare di biasimo o un altrettanto sterile coro di tifosi. Viviamo strani giorni, in cui si distrugge il passato e personaggi adorati diventano mostri, uno tra tutti, Socrate: un magnifico folle su cui ho letto cose aberranti, ultimamente.
Voglio scrivere di due personaggi molto simili, al punto che mi vien da sospettare che i due miti abbiano origini comuni. Prometeo è il creatore dell’umanità e, volendo accettare la teoria secondo cui Loki e Lóðurr siano lo stesso personaggio, anche Loki. Entrambi sono di grande aiuto al potere: Prometeo si schiera con Zeus nella titanomachia e porta alleati ed è lui a rompere il cranio di Zeus permettendo la nascita di Atena; Loki più e più volte trae d’impacci gli Asi e fornisce ad Odino e Thor le armi per il ragnarok. Ogni volta, secondo il loro ambiguo modo di agire. Difficile credere che uno che si chiama Prometeo, non sappia a cosa va incontro sfidando gli dei e anche Loki ha una certa preveggenza.
Prometeo voleva il bene dell’umanità e lo ha pagato finendo incatenato ad una montagna, dove un aquila gli strappa ogni giorno il fegato, perdendo poi l’immortalità (che recupera, vecchia volpe, per aiutare Chirone a morire). Si è immolato, per darci il fuoco, su cui si basa la nostra tecnologia, ma siamo così stronzi da averlo tramutato in un fungo atomico; mai accettare doni dagli dei. In questo, Prometeo è ambivalente: benevolo e terribile.
L’ambivalenza è ancor più forte nel benevolo Loki, che è anche il male necessario. Lui provoca la morte di Baldr e come pena finisce incatenato ad una roccia, con un serpente che gli cola veleno addosso (in questo mito, la figura di Sigyn è stupenda, invito a cercarla), fino al giorno in cui si libererà, scatenando il ragnarok. In questo modo ha salvato il buon Baldr, che scamperà alla guerra e tornerà sulla Terra per guidare la nuova era. Loki così permette il rinnovamento del mondo (per la cronaca, Prometeo è una delle figure chiave nel mito greco del diluvio), in uno slancio degno dell’oltreuomo di Nietzsche, a cui si contrappone la figura di Odino, che lotta contro un destino che conosce benissimo.
L’occidente moderno ha dimenticato queste figure, reali e mitiche, preferendo il devoto Abramo che arriva a sacrificare il figlio, per assecondare la sua divinità, senza porsi domande. Sebbene dio sia morto, la fedeltà agli idoli esiste ancora. Idoli che sono idee, denaro, appartenenza al gruppo, etc.
Socrate era un folle; chi abbatte le statue è un pazzo (oltre che stronzo).
Noi abbiamo un bisogno disperato di folli e di follia, per rompere gli schemi che ci imprigionano. Dobbiamo riscoprire l’eretico che è in noi e per prima cosa operare una rivoluzione interiore, poi riscrivere il mondo, per salvarci e salvarlo, liberandoci dai sacerdoti della verità assoluta che infestano i media e riscoprendo lo spirito critico e il dubbio. Mi impaurisce e disgusta questa società che ha codificato cosa siano il bene e il male assoluti, dimenticando che sono concetti assolutamente relativi e vuoti. Si torni a ridere della vita, se mai si è fatto. Si torni a scherzare di tutto, anche delle cose più tremende e assurde, solo così si potrà vedere la realtà per quel che è.
La libertà non è andare in giro conciati come si vuole o illudersi di potersi esprimere liberamente (cosa in realtà non vera, a giudicare dalla cronaca), ma essere ciò che si sente dentro, esprimendo il proprio sacro fuoco, al di fuori degli schemi di una società malata. Per questo ho esaltato le due schegge impazzite di cui ho raccontato. Personaggi che rompono gli schemi e rinnovano il mondo.
Abbiate la volontà di vedere la gabbia in cui siamo chiusi e cercate lo spiraglio d’uscita, a costo di farsi male. Fatelo per voi e per chi vi circonda.
Mandate al diavolo Zeus e Odino e liberate Prometeo e Loki.
Liberate il folle.
 
Marco Drvso
 

venerdì 2 ottobre 2020

La Terra e Solaria

Uno dei primi romanzi letti in vita mia è Il Sole nudo (The naked Sun, 1956) di Isaac Asimov.
Non ricordo se fosse l'estate del 1989 o del 1990, quando incontrai le parole di quello che sarebbe diventato uno dei miei narratori preferiti in gioventù, ma ricordo bene come divorai quel romanzo, seguendo ogni passo dell'indagine del detective Elijah Baley e R Daneel Olivaw (R sta per robot), nell'intricata vicenda di un omicidio assurdo.
Questi mesi folli, per me e il mondo, mi hanno riportato alla mente le immagini descritte in quel romanzo.
La vicenda è ambientata in un futuro non esattamente utopico, in cui la specie umana si è divisa in due grossi gruppi: i terrestri e gli spaziali (nell'universo di Asimov non ci sono alieni) e tra loro non ci sono relazioni amichevoli, quindi l'aver chiamato un terrestre su Solaria per risolvere l'omicidio del Dr Delmarre e scagionare Gladia la principale sospetta e moglie della vittima, desta un certo scandalo.
I terrestri, dopo aver conquistato i cieli, sono stati attaccati dagli spaziali, che li hanno segregati sul pianeta, costringendoli a vivere in città sotterranee (gli abissi d'acciaio, da cui prende il titolo il romanzo precedente della saga), una sorta di guscio rassicurante, in cui sopravvivere alle avversità. In questa immagine rivedo quel io che aveva paura di volare. Notevole il passaggio in cui la moglie di Elijah sconsiglia al marito di prendere l'aereo, preferendo la "celere", un treno sotterraneo. Sono tutti agorafobici.
Solaria è opposta e identica alla Terra. Un pianeta rigoglioso e altamente sviluppato in cui la popolazione vive separata. Tale è la paura della contaminazione, che le persone si incontrano tramite schermo e ogni contatto inutile è evitato. Il Dr Delmarre, ad esempio, è un fetista: si occupa di coltivare in vitro le future generazioni di Solaria, lavorando su campioni che i cittadini raccolgono a casa, con appositi kit e inviano alla sua struttura. I bambini sono cresciuti dai robot domestici (dettaglio: sulla Terra i robot sono banditi), senza contatto coi genitori. Gladia dice chiaramente ad un esterrefatto Elijah di aver fisicamente incrociato per una manciata di volte il marito, con cui condivideva la casa e ogni volta era stato un caso.
Quando Elijah, stufo di guardare un monitor, chiede di parlare fisicamente alle persone, c'è un mezzo scandalo e a nulla servono le parole di Daneel: agorafobico sì, ma vuole il contatto.
Ogni Solariano è una Terra in miniatura, chiuso nel proprio guscio asettico, lontano dal mondo.
Gli incontri tra i detective e i solariani sono assurdi. I solariani si presentano con guanti, filtri respiratori e mascherine e tengono i due a distanza di sicurezza, vivendo la situazione con disagio. Il detective Baley ha un problema analogo con gli spazi. Guarda i solariani con distaccato disprezzo e soffre il fatto di trovarsi in spazi aperti. Il contatto della pelle con l'aria aperta e i raggi di un sole nudo lo travolgono, fino allo svenimento. Ogni trasferimento è una sofferenza e spesso tocca a Daneel trarlo d'impaccio, riportandolo tra 4 mura, nonostante il rapporto tormentato, almeno all'inizio, tra i due. Elijah è stato cresciuto pensando male dei robot, ciononostante ne apprezza i pregi ed è il solo a sapere che Daneel Olivaw sia un androide, segreto che custodisce gelosamente.
In questo folle momento storico, mi sembra di vivere in degli abissi d'acciaio, circondato da solariani. Vedo persone sempre più chiuse e distanti, in un mondo che si sta chiudendo. Siano queste ossessioni, paure, un cambio culturale, non saprei dirlo, ma sta avvenendo. Prima ero uno di loro, riconosco i miei ex simili.
Un mondo sporco e sovrappopolato, fatto di monadi è ciò che ci aspetta?
Nel libro c'è una speranza, rappresentata dai protagonisti.
Gladia è un'artista e soffre la cultura solariana, infatti dopo un breve flirt con Elijah sceglie di lasciare quel pianeta di pazzi, arrivando a sposare un colono e avere con lui 2 figli (nel romanzo successivo). Elijah torna sulla Terra, con uno spirito rinnovato e decide di vivere sotto un sole nudo, seguito da altri. Le scelte di queste due persone daranno nuovo slancio a tutta l'umanità (solariani esclusi: quelli arriveranno a modificarsi geneticamente, diventando ermafroditi, pur di evitare contatti, come scoprirà 20000 anni dopo Golan Trevize, ma è un'altra storia), con la fondazione del primo impero, fatto di spaziali e coloni terrestri, che hanno superato la follia dilagante.
Mi riconosco nella evoluzione di Elijah e Gladia e nel modo in cui escono da un guscio imposto e pesante, non senza difficoltà, inventandosi una vita nuova, forse è anche questo che mi ha fatto tornare alla mente questo romanzo.
Non ho trattato quello che è il mio personaggio preferito, perché merita un pezzo solo per lui. Mi limiterò a dire che R Daneel Olivaw è uno dei personaggi più belli creati da Asimov, perché cconscio di essere una macchina, si definisce una persona, pur non volendo essere umano. Ha sogni, ambizioni, sentimenti (non scorderà mai i suoi amici umani, neanche dopo millenni) ed è il solo artificiale ad aver trasceso le leggi della robotica. Daneel rappresenta l'ideale della persona che si accetta per quel che è la sua natura, ma non rinuncia ad evolvere e non è un caso se l'entità artificiale di uno dei miei racconti è modellata su di lui. 
Tre personaggi che vanno oltre il loro essere e modificano il mondo intorno a sé: quello che dovremmo fare tutti noi. Quello che dovrebbe voler dire: essere umani.

Marco Drvso

venerdì 3 maggio 2019

Spero di sbagliare

Leggo, mi informo, ascolto con piacere e curiosità chi la pensa in modo diverso, cerco le pecche in chi la pensa come me e spesso mi domando: sono pirla io o qualcosa non funziona?
Urge premettere un dettaglio. Come amo ripetere: sono troppo ateo anche per sposare un'idea, io voglio dati. Questa cosa fa impazzire i miei amici e conoscenti, soprattutto quando si discute di politica.
Negli ultimi anni si assiste ad un cortocircuito ideologico che se non fosse molto preoccupante, sarebbe assolutamente ridicolo.
Un tempo esistevano movimenti egalitari, il cui scopo era eliminare ogni forma di discriminazione e porre le persone, con tutte le loro differenze e peculiarità, ad un medesimo livello di fronte alla legge, che fosse tutelato dallo stato.
Ogni epoca ha il suo e si può partire con gli esempi dalle guerre sociali all'epoca della Repubblica Romana, per il riconoscimento della cittadinanza, passare al diritto di rappresentanza nello stato con la rivoluzione francese, alla lotta di classe con i movimenti marxisti a cavallo tra il XIX e XX secolo, alla parità di genere con le lotte femministe che hanno attraversato tutto il XX secolo, seguite dalle lotte per la fine delle discriminazioni razziali, al riconoscimento dell'omosessualità come peculiarità e non devianza e via discorrendo. Tutte cose assolutamente buone e giuste.
Battaglie guidate e portate avanti da persone che mai (salvo qualche imbecille) avrebbero usato i metodi dei propri aguzzini o puntato a limitare diritti altrui, per rivendicare i propri. Mi viene in mente il reverendo King: sognava un mondo di persone con eguali diritti, indipendentemente dalla razza e mai attaccò altre etnie.
Oggi l'argomento di punta degli antirazzisti è limitare i bianchi, perché sono il male. Non so se trovare più aberrante il fatto che combattano il razzismo con slogan e modi tremendamente simili a quelli dei vari suprematisti (e ce ne sono per ogni parte del mondo ed etnia) o il fatto che i più accaniti contro i bianchi siano bianchi, quelli che i cinesi definiscono in modo dispregiativo i baizou 白左, sinistra bianca.
Di gente stramba ne conosco tanta, che orbita in mondi strani e distanti, ma per assurdo furono gli antirazzisti a farmi notare che esistono persone diverse da me. Quando ero bambino, ero milanista (ognuno ha i propri trascorsi di cui vergognarsi) ai tempi del tridente olandese, per me Gullit era un calciatore dalla capigliatura bizzarra, che parlava in modo strano, c'è voluto un antirazzista per spiegarmi che fosse etnicamente diverso da me.
Ragionamento per la questione di genere. Mia madre, femminista vecchia maniera che mi ha cresciuto a pane e Marx e le mie migliori insegnanti mi hanno sempre parlato di uguaglianza, non di supremazia di questo o quel genere, anzi: deprecavano certi atteggiamenti. Il femminismo moderno è suprematismo femminile e un continuo insultare gli uomini, arrivando ad eccessi tipo una ex presidente della camera che ha dichiarato che ogni uomo è un potenziale stupratore.
La cosa mi fa incazzare, sia per una questione di coscienza di genere, sia per certe vecchie questioni che ho subito.
Dove diavolo è finita la distinzione tra individui, il non voler fare di ogni erba un fascio?
Simili stravolgimenti stanno avvenendo sulla questione delle coppie omosessuali. Anziché puntare il ragionamento sulla libertà di stare con chi si preferisce, si demonizza l'eterosessualità.
Ho preso i 3 esempi più facilmente verificabili.
Qualcuno può spiegarmi il senso di tutto questo? Mi potete dire come sia possibile trasformare magnifiche battaglie per l'uguaglianza in moderno suprematismo? Come si possono combattere sessismo e razzismo, con sessismo e razzismo?
Capisco che la maggior parte di quei baizou rumorosi che aizzano le folle e fanno rumore appartengano a quell'assurdo movimento antifascista contrario al suffragio universale, passati dall'essere democratici (nel senso più puro e alto del termine, quindi distante dal partito omonimo) ad essere alfieri di un mondo in mano a élites o, passando dal francese al greco, aristocratico. Gente che osteggia le dittature e sogna il ritorno all'ancien régime. Capisco che la storia umana sia costellata di persone che aizzano e indirizzano le masse, ma possibile che solo a pochi stoni qualcosa?
Non è semplicemente una questione di comunicazione. Chi conosce la teoria del meme (che non sono le vignette cretine che girano in rete) sa benissimo che il linguaggio influenza il modo di ragionare. Certa roba non è solo pessima, ma pericolosa.
Al netto del vestiario diverso e di una immagine diametralmente opposta, le manifestazioni del politicamente corretto e di tutto quel variegato mondo, che ho descritto brevemente, somigliano tremendamente a qualcosa di già visto. La moderna dittatura non marcia in uniforme al passo dell'oca, ma danza in cortei colorati.
I regimi non li fanno né le ideologie, né i capi, sono figli del conformismo.

Marco Drvso

ps
ultimamente pubblico senza rileggere approfonditamente. eventuali strafalcioni e refusi sono frutto di questo

sabato 26 agosto 2017

La festa del paradiso

Questa estate, complice il fatto che non mi sono mosso da Milano, ho approfittato delle molte iniziative, dai musei civici gratis ai concerti al castello.
Le serate organizzate al castello sono state stupende, compresa quella in cui è scoppiata la grandinata e ci è toccato seguire il concerto da sotto le tettoie delle mura. A tal proposito, vorrei fare una menzione speciale per l'orchestra e i cantanti, che non solo ci hanno proposto musica di ottimo livello, ma incuranti del fortunale hanno continuato a suonare e con quel che veniva giù (Giove Pluvio si è impegnato) sicuramente si sono bagnati, nonostante il telo di protezione sopra il palco.
Questa sera, il clima ci ha graziati tutti.
Visto che non dovevo proteggermi dalla pioggia, ho potuto seguire degnamente il concerto (anche questo molto bello, ben oltre le aspettative!) e bearmi della cornice suggestiva della piazza d'armi.
Rapito dalle note e dallo scenario, la mente è volata verso immagini di un lontano passato, alle magnifiche feste che il moro faceva organizzare a Leonardo. Per un attimo, sono svaniti il palco e gli altri spettatori, ma non la musica, e sono comparse le macchine scenografiche di Leonardo, usate per la festa del paradiso.
Fu il più grande evento mondano della Milano rinascimentale, il matrimonio tra il vero duca, Gian Galeazzo Maria Sforza (nipote di Ludovico il moro, che gli fece da reggente, fino al giorno in cui se lo tolse dai piedi) e la figlia del Re di Napoli, Isabella D'Aragona, donna forte e affascinante (vi invito a cercarne i ritratti e i busti giovanili), che ebbe la sfortuna di avere un marito ridicolo con uno zio spregiudicato nel gestire il potere e parenti ancor più rapaci di quelli acquisiti (il suo prozio era quel Ferdinando che mandò Colombo in America).
Quella volta, Leonardo volle esagerare e fu un trionfo.
Progettò un insieme di macchine, con un complesso sistema di corde, luci e specchi che simulava la volta celeste, con attori che si muovevano dentro le sfere celesti, interpretando le divinità classiche che davano il nome ai pianeti. Gli astri si muovevano e le divinità scendevano dal cielo, per porre i propri omaggi alla coppia di novelli sposi, il tutto condito da musiche e angioletti svolazzanti, sorretti da corde.
Stiamo parlando del buon Leonardo, mica del primo pirla.
Un po' desta meraviglia, pensare al livello che si è raggiunto nelle varie epoche, nella nostra disastrata penisola, un po' fa male pensare che poco dopo iniziò l'occupazione francese, che bloccò i sogni unitario di Ludovico Sforza, rimandando l'unità di quasi 4 secoli, lasciando tale onore alla famiglia meno adatta per compiere tale impresa.
Penso che quando siamo stati liberi di scegliere il nostro destino, siamo stati grandi, quando siamo stati sotto controllo straniero siamo decaduti e vale per ogni periodo, dal crollo di Roma ad oggi.
Purtroppo siamo stati colonia americana per troppo tempo ed ora ci troviamo sotto un giogo peggiore. 70 anni in cui la classe dirigente è stata sempre calata dall'alto, col solo scopo di segarci le gambe ed alimentare un tremendo scoramento, sfociato nell'autorazzismo di tanti imbecilli: perché nel dissenso e nella critica c'è nobiltà, nello sputare fango e preconcetto indotto c'è solo la miseria umana.

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa; 
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno. 
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.
 

(Durante di Alighierio degli Alighieri, detto Dante; Purgatorio, canto VI)

Marco Drvso

PS 
Firmare un post, sotto una citazione di Dante, mette soggezione.


sabato 5 novembre 2016

Il .... novembre

Nella prima settimana di novembre si susseguono più date memorabili.
Si inizia con i primi 2 giorni, rispettivamente dedicati ai santi e ai morti, retaggio di antiche usanze "pagane" (classico termine che vuol dire tutto e niente), probabilmente legate al culto solare e l'imminente solstizio, con tutte le sue implicazioni allegoriche e agresti, poi cristianizzati e, successivamente, trasformati in festa commerciale, diffusa dall'immonda americanizzazione globale.
Argomenti su cui varrebbe la pena soffermarsi, ma fuori tema.
Le due date che mi interessano sono il 4 e 5 novembre.
Per i meno avvezzi, un breve ripasso di storia.
Il 4 novembre 1918 l'Italia esce vittoriosa dal primo conflitto mondiale e, con la definitiva cacciata dell'invasore austriaco, conclude il risorgimento. Purtroppo ci giocammo molta della miglior gioventù e buona parte di una certa ala culturale e artistica, col risultato che gli infami imboscati svendettero la vittoria, con gravi conseguenze. Si può dire che il successivo regime nasca in quei giorni.
Il 5 novembre 1605 è la data convenzionale con cui si indica la congiura delle polveri: fallito tentativo di eliminare Giacomo I d'Inghilterra, figlio di Maria I Stuart e successore di Elisabetta I Tudor (vi invito a leggere le vicende di quella famiglia problematica, per meglio comprendere il contesto storico) e restaurare il cattolicesimo in Inghilterra.
Più che la storia, di queste due date mi interessa il ricordo.
Al contrario della maggioranza dei paesi, nel nostro non si commemorano le vittorie, né i grandi, né le date importanti. Si ricordano solo l'inizio dell'occupazione americana, camuffata da liberazione e, bontà loro, la festa della repubblica.
La distruzione dell'identità, passando per una deviata idea di internazionalismo ed una ancor più assurda di pacifismo, viziate da prese di posizione che oscillano tra il ridicolo e l'assurdo, soprattutto considerati i simboli che indossano i loro aderenti (quando ho visto un tizio con la maglietta di Guevara al gay pride, ho compreso il senso dle termine confuso), è già largamente avvenuta. Si è partito accusando di fascismo chiunque parlasse di patria e identità (come se non fossero stati anche ideali della resistenza), per poi arrivare ad etichettare ogni cosa con termini quali razzista e via discorrendo.
Non mi sento razzista o altro, se nel rispetto degli altri dichiaro di essere fiero di ciò che sono e che mi piaccio così. Non è colpa mia se sono maschio, bianco, etero, occidentale e imprenditore, nonostante la vulgata petalosa voglia che tutto ciò sia il male.
Noticilla acida: saranno pure aperti mentalmente, cosmopoliti, antifa, buoni, bravi e simpatici, ma in molti loro comportamenti, dichiarazioni e prese di posizione (insomma: nel modus operandi) rivedo le masse in uniforme degli anni '20 e '30. Spiace dirvelo, ma siete i degni successori dei nazisti e mi spiace che non lo capiate.
Non mi sento un guerrafondaio, se mi piace ricordare i tanti che hanno lasciato la gioventù e la vita nelle trincee (certamente, controvoglia), per permettermi di essere libero. Preferisco chi ha lottato, piuttosto chi, in pieno delle forze, preferisce lasciare la propria gente in mano a delinquenti e darsela a gambe. Ovviamente, ci sono tutti i distinguo del caso e le situazioni vanno studiate singolarmente, io semplificavo per brevità.
Ognuno la veda come vuole, ma a quei ragazzi dobbiamo rispetto e memoria.
Mentre da una parte si distrugge il ricordo, accusandolo di chissà quali nefandezze, gli stessi imbecilli indossano la maschera di Fawkes, come emblema di libertà.
Ho adorato V for vendetta, la novella grafica tra le più belle e interessanti mai scritte, non a caso è di sua maestà Alan Moore; anche il film non è male. La scelta di far indossare la maschera di Fawkes (che per tradizione si brucia il 5 novembre), ha una sua logica raffinata, che imprime a V uno spessore iconico enorme, il problema è quel che hanno inteso i più.
Parlano di democrazia e uguaglianza, ispirati da un film che ha rovinato la storia scritta da Moore, ignorando il senso della novella, portando sul viso una maschera che ricorda una persona che rappresenta tutt'altro.
I congiurati cospiravano per far cessare le lotte tra anglicani e cattolici, nel modo più definitivo: eliminando gli anglicani. Frutti violenti della controriforma, in atto in quegli anni (non che i protestanti fossero personcine, anzi, tra i vari schieramenti, alcuni impegnati in dispute incrociate, fu un gran scorrere di sangue; giusto per sfatare qualche mito: si sono avuti molti più roghi in area protestante, nonostante quel che si racconti su Spagna e Italia, ma si sa che studiare la storia è difficile).
La situazione attuale presenta terroristi religiosi, molto simili in atti e idee ai moderni terroristi islamici, considerati emblema di libertà, a causa di un film, grandi ideali come fratellanza e rispetto trasformati in una moderna caccia alle streghe, in cui la mancata aderenza al dogma comporta, per ora, essere bollati con epiteti più o meno irritanti, in cui si riscrive la storia, arrivando a modificare palazzi (nota la decorazione a svastiche, del '500, sulla chiesa di San Marco a Milano, cancellata alcuni anni fa; notare che quando fu ricostruita nel dopoguerra, con finanziamenti arrivati anche dalla comunità ebraica, motivo per cui il rosone ha il sigillo di Davide, a nessuno venne in mente di cancellarla), mostrare ricostruzioni storiche più che improbabili, cancellazione del ricordo e dell'identità e via discorrendo. Sebbene siano idee anche giuste e portate avanti da gente mediamente colta, io vedo mostruosità simili ad autodafé e fervore bigotto, il cosiddetto fascismo antifascista.
Poi mi si chiede perché abbia scelto di sedere, fieramente, dalla parte del torto.

Marco Drvso

venerdì 14 ottobre 2016

Il 68 è morto

C'è un passaggio magnifico ne "Il corvo": il monologo del cattivo che spiega come l'idea che nasce come atto di rottura, prima o poi si trasformi in istituzione. Tale ragionamento si può trasporre per una delle stagioni più sopravvalutate del XX secolo, il famigerato sessantotto.
Nato come fenomeno di rottura e liberazione, sotto molti aspetti fu solo l'inizio della fine (in realtà fu anche la spinta propulsiva verso l'apice della cultura umana, gli anni '70, ma anche un orologio rotto può segnare l'ora esatta). Spiace farlo notare a chi è innamorato di quella stagione ipocrita, ma il grosso di quelle masse festose e colorate oggi sono i tromboni settantenni, che negli ultimi anni hanno distrutto lo stato sociale, i diritti del lavoro e ci hanno fatto ripiombare in uno scenario da prima rivoluzione industriale - medioevo. Fermo restando, che le belle cose che i più considerano le grandi conquiste di quegli anni, in realtà erano frutto di lotte e rivendicazioni delle generazioni precedenti. Hanno lavorato su un terreno già pronto e seminato, prendendosi il merito del raccolto.
Se non fosse per la produzione artistica (a mio avviso fu migliore quella del decennio successivo, ma vista la scarsità di quella attuale, si può affermare che fu ottima), si potrebbero cancellare dalla storia.
Il sessantotto nasce come rottura, ma nel giro di breve diventò istituzione, quasi una religione. Ho fatto in tempo a beccare tromboni che vantavano l'aver vissuto tale stagione, come marchio di garanzia che dimostrasse che non fossero degli stronzi comuni o, peggio, dei venduti al grande capitale. L'attualità prova che avevano torto. Nella migliore delle ipotesi sono cresciuti ed hanno fatto una vita dignitosa, nelle peggiori o hanno rinnegato tutti i valori che sbandieravano o sono diventati la sinistra al caviale.
-Noticilla: al giorno d'oggi, nonostante la vulgata ufficiale, socialismo e sinistra sono termini antitetici-
Questi sessantottini delle mie palle che fecero tanta lingua per seguire una moda e farsi una scopata, ma alla prova della storia si sono dimostrati, per la maggioranza, peggiori di chi li aveva preceduti. Alcuni, molti, degni di nota ci furono e li stimo, ma erano una minoranza esigua.
Dopo essere stato istituzione, il sessantotto è diventato sistema.
Sistema che ha dato vita alle masse autodichiaratesi cosmopolite, colte, avanti e via discorrendo, che nel loro antifascismo militante (ricordo che i regimi fascisti, nel senso di nazionalsocialisti, con la sola esclusione di Franco, sono finiti negli anni '40. La loro etichetta suona un po' come "cacciatori di mammuth"), in molte loro istanze, idee, azioni e prese di posizione mi ricordano tantissimo le masse che negli anni '30 seguirono in modo acritico Mussolini e Hitler, salvo poi rinnegare tutto.
-Altra nota: i cosiddetti dittatori fascisti che i buoni americani stanno facendo fuori in tutto il medioriente, destabilizzando e incasinando il mondo, sono quasi tutti socialisti......-
Ora che il sessantotto è il sistema, il pensiero unico dominante, giunge la morte definitiva della sua anima rivoluzionaria e la pietra tombale è il Nobel a Bob Dylan.
A mio avviso il premio è meritato e la scelta di un intellettuale di primo livello, che ha diffuso le sue poesie tramite la musica, apre scenari interessanti sia nella definizione di letteratura (continuo a sperare nel Nobel a Stann Lee), sia nella riscoperta di un passato nobile, quando i poeti erano cantori e la letteratura era cantata.
Con questo premio il Potere celebra la sua gioventù e sancisce la sua vittoria.
Guardate i sessantottini oggi! Alcuni sono diventati abbastanza ricchi da poter giocare ancora a fare i rivoluzionari, altri hanno tagliato i capelli, smesso di farsi le canne e sono diventati i terribili banchieri, faccendieri, potenti, che le masse anestetizzate fingono di combattere, salvo farsi fottere dai falsi miti di progresso che questi potenti gli offrono e combattere per questi miti, altri hanno semplicemente fatto la loro vita, magari cercando di portare avanti le idee migliori, altri sono passati dall'altra parte dello schieramento. Guardate il film su Woodstock, osservate quei giovani ribelli e sappiate che tra loro c'è il grosso dell'elettorato repubblicano (visto cosa offrono i democratici, tante volte a destra c'è la vera sinistra, ma eviterei di perdersi in discorsi sulla follia di questi anni).
Ricapitolando: sentite congratulazioni a mr Zimmerman, per un premio meritato, che rappresenta anche la fine definitiva degli anni sessanta.
Il sessantotto è morto, magari potrebbe mancarci, ma i danni creati dai sessantottini cresciuti li pagheranno anche i nostri figli.

Marco Drvso

venerdì 2 settembre 2016

Preferisco i cattivi, perché hanno un'idea

Il mondo della finzione, fatto di fumetti, film, telefilm, teatro, letteratura e via discorrendo ci insegna una grande verità: sebbene i buoni siano i protagonisti, tutto ruota intorno al cattivo.
La vicenda inizia grazie al suo operato e tutto si svolge in modo che "tutti vissero felici e contenti", ostacolando i piani del malvagio di turno. Il cattivo ha l'idea, sceglie il suo percorso e cerca di portarlo a compimento, mentre i cosiddetti eroi, i buoni, altro non sono che personaggi mossi dalla necessità di ripristinare l'ordine, alterato dalle azioni caotiche del cattivo.
Porto un esempio: se non esistesse Joker, meraviglioso alfiere del caos, col suo pallino di assecondare la propria lucida follia, Bruce Waine sarebbe solo un miliardario eccentrico. Batman ha bisogno di Joker e tutti gli altri, a partire dall'assassino dei coniugi Waine, per poter esistere, perché esiste per fermarli.
Joker è una sorta di superuomo nietzscheano che ha abbattuto la bestia del "devo", trasformandosi nel leone del "voglio" e nel fanciullo del sì creativo, perché è lui il motore primo che dona vita alla vicenda, l'alfa generante e l'omega in cui tutto finisce. Indubbiamente è pazzo da legare, ma bisogna avere il caos dentro, per generare una stella danzante.
In un'epoca in cui persino la trasgressione è codificata e segue delle regole, in cui l'andare contro corrente è la massima forma di conformismo, le stelle danzanti scarseggiano alquanto. al massimo si può sperare di veder sorgere una nana bruna o, come le definiva un mio amico fisico, aborti di stella.
Batman è figo, è ricco, è forte, ha la macchina che tutti vorremmo, la caverna che tutti vorremmo, i giocattoli che tutti vorremmo, insomma: è Batman. Chi non vorrebbe essere Batman? L'unico che gli si può avvicinare è Iron man, ma anche lui vorrebbe essere Batman.
Peccato che il pagliaccio possa tranquillamente esistere senza il pipistrello, ma, ribadisco, niente pagliaccio, niente pipistrello. Batman è un effetto, un personaggio chiuso nella gabbia del dovere, non crea, si limita a seguire il gioco.
Torniamo al mondo reale, dove la situazione è peggiore.
I cattivi sono generalmente ridicoli, persino i cosiddetti signori del mondo, di cui parlano in tanti, non sono altro che ingranaggi di un meccanismo, privi di reale volontà creativa. Dalla loro hanno il fatto di essere cattivi, tanto cattivi, cosa che li differenzia dal resto della pletora di mediocre malvagità, ma restano fermi a quel livello, chiusi nei loro steccati mentali. Il capo della multinazionale, che affama milioni di persone per trarre profitto dalle commodities, nonostante tutto, altro non è che il burocrate che annotava i deportati in un campo di concentramento; tanto potere, tanta potenza ed alla fine tutto si riduce ad un grigio impiegato nato nella famiglia giusta.
Dal lato cattivi siamo messi malissimo sia ai piani alti, esemplificati qui sopra, sia nei piani bassi, si pensi al classico eurocrate che preferisce veder morire la gente in Grecia, piuttosto che spostarsi di un passo da quanto gli hanno inculcato in testa (inquisitori e camice brune dimostravano una maggiore apertura mentale), anche se qui più che cattiveria, direi si possa parlare di fideismo... Come cantava Gaber, "talmente atei da aver bisogno di un altro dio".
Che fine hanno fatto Cesare, Attila, Richelieu?
Dal lato "buoni" (ammesso che esistano) siamo alla tragedia.
In teoria l'atto creativo dovrebbe essere cosa buona. La storia ci ha tramandato il racconto di persone che avevano un'idea, un sogno, ed hanno lottato per il loro atto creativo e, talvolta, hanno vinto. Mi viene in mente Gandhi: lui non era antirazzista, non era anti britannico, non era anti. Gandhi, da quanto si legge dai suoi scritti o si ascolta dalle sue registrazioni era pro: pro uguaglianza e convivenza tra le persone, pro libertà dai popoli. Non voleva abbattere gli inglesi, voleva liberare l'India e la differenza non è solo sintattica.
I cosiddetti buoni di oggi sono generalmente antiqualcosa o noqualcosa. Il problema fondamentale è che raramente sono proqualcosa e su questo si fanno fottere dai "cattivi".
Esempio classico sono quelli antistato e noconfini (mi scuserete se i neologismi tipo noborders mi fanno cagare). Se abolisco lo stato, finisco definitivamente nelle mani dei potentati economici e, mi scuserete, ma preferisco avere sopra un politico corrotto cui tirare calci nel culo (se non fossimo anestetizzati), anziché un non ben definito padrone di Wall Street, contro il quale posso solo tacere, perché sua la sanità, sue le mie proprietà, sua la polizia. Classico esempio di come quello che ci spacciano per modernità sia assolutamente un ritorno al passato. Idem per i confini: se ci sono, ho dove scappare e cercare protezione, se li aboliscono, posso muovermi liberamente, ma lo stesso può fare il mio oppressore, ergo: dove scappo?
Viva il fatto che le persone possano viaggiare,, scegliere dove vivere, viva l'incontro delle culture, ma l'abolizione dei confini è una cazzata.
Le due categorie cui sopra, appartengono ai fideisti in stile camicia bruna: troppo stupidi per rendersi conto di essere manovrati e troppo sicuri di essere nel giusto, per guardarsi intorno (e sono quelli che vantano grande apertura mentale).
Poi ci sono quelli delle buone idee, ma applicate a cazzo. Le varie forme di discriminazione sono cose orrende, che andrebbero superate col dialogo e la comprensione, nella creazione di un mondo migliore, con spinta propositiva e creativa. Peccato che tutto si riduca a slogan antirazzisti, con geni tipo: mi vergogno di appartenere al mio popolo, perché sono razzisti. Bene, cara la mia testolina di cazzo, segnati questi due punti:
1) ti stai dando del razzista da solo, perché se tutto il tuo popolo è razzista... se ci riesci, finisci il sillogismo.
2) sei razzista, perché anche se stai parlando della tua gente, ti sei lanciato in un ragionamento secondo cui un popolo è inferiore, quindi sei razzista, oltre che testa di cazzo.
E giusto per stare in tema: sono il primo a riconoscere che la chiesa sia stata anche un cancro per la società (qualcosa di buono lo hanno fatto anche loro), ma se studiaste la storia, leggereste di un impero in crisi, in cui l'ingresso indiscriminato di gente da oltre confine (all'epoca i barbari) e l'abbandono del mos maiorum a favore del nuovo culto orientale, fatto dalle teste aperte e progressiste dell'epoca, ci è costato 5-6 secoli di anni bui (non tutto il medioevo fu da buttare, diciamo che gli ultimi 3 secoli sono stati di interessante fervore culturale). Ribadendo che l'andare avanti di alcuni è un ritorno al passato.
Idem per quelli contro l'omofobia (vorrei conoscere chi ha coniato il termine per spiegargli il vero significato di quella parola, che significa paura dell'uguale. OMO in greco significa uguale), che sbandierano ai quattro venti che la cosiddetta famiglia tradizionale è luogo di ogni nefandezza -Intanto loro e gli imbecilli con cui litigano mi devono spiegare esattamente cosa sia la famiglia tradizionale, perché non mi è chiaro, essendo "famiglia" un concetto che nei millenni ha indicato situazioni delle più disparate (coppia, tribù, harem, clan, esercito e via discorrendo, in situazioni di etero, bi e omosessualità)-, poi fai loro notare che hanno una cosiddetta famiglia tradizionale e sono la dimostrazione che quanto urlano non è la regola (insomma, rapporti malati ce ne sono di tutti i  tipi e rapporti sani idem), messi con le spalle al muro iniziano a vomitare insulti.
Trascuro il capitolo antifascisti, perché non perdo più tempo per gente che giustifica la propria esistenza per una fantomatica battaglia contro una ideologia sepolta da decenni, di cui anche gli attuali rappresentanti sono andati avanti e condannano quel passato.
In tutti e tre i casi di cui sopra, vediamo sani valori propositivi trasformati in cazzate da reazione. Potevano essere propositivi come Gandhi e Socrate, sognare e proporre un mondo migliore in cui la diversità fosse esaltata, perché è una ricchezza, proponendo grandi valori e dando un senso al motto voltairiano sulla libertà di espressione di cui si riempiono la bocca, invece sono diventati identici a quelli che dicono di odiare (e già che si parte con l'odio, mi risulta difficile assecondare la loro volontà di stare tra i buoni).
Quando sento dire che certa gente non dovrebbe parlare, perché semina odio, quanto sento che certe opere andrebbero vietate, perché hanno contenuti sbagliati, quando sento che si deve vegliare affinché certe idee non girino, io non vedo Voltaire, io vedo Hitler.
Saranno anche colorati in modo sgargiante, faranno gli apericena nei locali etnici, si riempiranno la bocca di magnifiche (secondo loro) frasi fatte, manifesteranno contro questa o quella bruttura, visiteranno posti esotici, saranno quelli che danno a tutti dell'analfabeta funzionale (in questi giorni preferiscono webete, come impone la nuova moda petalosa) perché si ergono al di sopra di tutti per la loro autodefinita superiorità, etc, ma sono loro gli alfieri del conformismo moderno, che negli atteggiamenti, nelle parole e nelle idee rappresentano esattamente le masse che nel secolo scorso osannavano il progresso e la vittoria del dittatore di turno.
Quando avrete finito di darmi del fascista, razzista, etc, perché con voi il dialogo finisce sempre così, ricordate: avete abiurato alla creazione del mondo migliore, per trasformarvi in pantomime di Batman, per combattere il Joker di turno (anche i cattivi seguono la moda dettata dallo pseudo pensatore di turno o dal giornalaccio di rifermento), purtroppo Batman è figo, voi no.
Non siete fighi, perché avete gettato alle ortiche cose bellissime, per seguire parole d'ordine, omologazione intellettuale e trasformarvi nella brutta copia dei nostri mediocri cattivi, che agitano lo spettro dei veri cattivi, quelli che nel loro essere bastardi patentati almeno avevano un'idea loro, e voi caricate come tori nell'arena.

Marco Drvso

lunedì 1 dicembre 2014

L'evento, l'osservatore e il cronista

Nella vita ho avuto una grande fortuna: incontrare grandi maestri. Purtroppo sono un pirla e non ho saputo sempre approfittare di quel che mi donavano. Due in particolare mi hanno segnato l'esistenza in positivo: Livia Casagrande, la mia maestra di italiano delle elementari e Giulia Terzaghi, la mia mai abbastanza compianta insegnate di letteratura alle superiori.
Per essere uno che ha sempre venerato il sapere scientifico e posto quest'ultimo sempre al di sopra di ogni altra conoscenza, riscoprirmi, qualche anno fa, amante della letteratura, della storia e fanatico delle scienze umane è stata una piacevole evoluzione. Forse anche questo è uno dei motivi per cui non mi sono mai laureato in geologia (oltre al fatto che sono un pirla).
Verso queste due grandi donne ho un grandissimo debito che riguarda lo sviluppo di uno spirito critico e la scoperta di quanto sia importante comprendere le parole, saperi e abilità che per un aspirante scienziato erano essenziali quanto la matematica. Penso di non esagerare nell'affermare che per la quasi totalità delle discipline la conoscenza precisa del linguaggio, dei meccanismi della matematica e uno spirito critico ben affilato siano la condicio sine qua non.
Premettendo che resto un cazzone, negli ultimi anni ho iniziato un gioco divertente. Quando leggo un articolo o seguo un servizio, oltre a sentire le due campane, investo del tempo in una analisi puntuale del linguaggio della notizia.
Mi sia concessa una digressione. Enzo Biagi sosteneva che per raccontare una notizia fosse necessario un punto di vista; affermazione sacrosanta ed in accordo con la relatività di Einstein. Di fatto, ogni evento muta parte della propria natura in base all'osservatore. Persino la proverbiale mela di Newton, per un osservatore posto a testa in giù, anziché cadere, si muoverebbe verso l'alto, collidendo con la testa del fisico, posta tra la fronda e la terra o un osservatore sulla mela potrebbe dire che sia stata la testa a collidere col frutto, etc (spero di aver reso l'idea). A questo punto, molti sono soliti sollevare l'obiezione secondo cui sarebbe possibile azzerare, limitando la descrizione dell'evento ad una cruda e matematica descrizione quantitativa dell'evento.
Si parta da un presupposto facilmente verificabile: al contrario di quel che ripetono in molti, il fatto che la matematica sia una scienza esatta, non la rende libera da interpretazione e manipolazione. Mentire con i numeri, a fronte di operazioni svolte correttamente con il giusto risultato verificabile,  è molto più banale di quanto si possa pensare, persino più semplice che mentire con le parole.
L'evento stesso, pur misurato con precisione assoluta e ridotto all'osso avrà sempre una certa quantità di discrezionalità legata all'osservatore, anche se questi fosse la persona più retta e precisa in circolazione. Spiacente, ma dalla relatività non si scappa.
Facendo finta di vivere in un mondo meraviglioso in cui tutti dicono la verità (e facendo finta che in universo relativistico la verità esista e sia univoca), ci scontriamo con il racconto dell'evento e qui entra in ballo Heisenberg. Senza tediarvi oltremodo sul principio di indeterminazione, mi limiterò ad una sua brevissima, incompleta, superficiale e inesatta postulazione: l'osservatore, nonostante cerchi di evitarlo, influenza l'evento. Se tale affermazione risulta di immediata comprensione, immaginando l'osservatore-cronista fisicamente presente all'evento, che quindi interagisce, anche involontariamente, con l'ambiente circostante, si potrebbe obiettare che l'osservatore e cronista che studia e divulga un fatto cui non è testimone diretto, ma lo ricostruisce tramite i perfetti dati ottenuti da terzi, non possa in alcun modo influenzare l'evento.
Sarebbe bello....
Siamo convinti che l'evento si concluda nel momento in cui avviene, ma non è vero. Come magnificamente descritto da Hawking in "Dal Big bang ai buchi neri - Breve storia del tempo" l'evento non inizia né si conclude mentre avviene, ma è solo un punto in cui converge una catena di cause e diverge una catena di conseguenza. Immaginate due coni, uniti per i vertici: il cono inferiore rappresenta tutti i singoli eventi che hanno portato al fenomeno in esame, posto nel punto in cui i vertici si toccano e da quel punto parte il cono delle conseguenze (il grande fisico li chiama cono del passato e del futuro dell'evento). L'evento altro non è che un punto in qualcosa di più grande che attraversa lo spazio e il tempo.
Prendiamo ad esempio la mela caduta nell'annus mirabilis 1666, dando per scontato che sia accaduto realmente. I singoli eventi che hanno portato quella mela a cadere in testa a Newton si possono far risalire al momento in cui la singolarità è esplosa, dando inizio all'universo, passando per la formazione della Terra, per le teorie di Galilei, fino ad uno sconosciuto contadino inglese che ha piantato l'albero e le conseguenze si estendono, a partire da una imprecazione cui seguì la formulazione della legge di gravitazione universale ad arrivare a questo misero scritto, passando per film, citazioni e missioni spaziali. In teoria l'evento è un pomo che ha percorso un tragitto dal punto A, sull'albero, al punto B, la testa di Newton, ma applicando la legge di gravitazione e la relatività sappiamo che in maniera meno che infinitesimale parte del percorso è stato fatto dalla Terra verso il pomo (quindi già il tragitto a A a B va a farsi benedire); in pratica il fatto stesso che ancora se ne parli, che influenzi discussioni e, giusto per citarlo, abbia rivoluzionato la fisica e il concetto stesso di universo ci dimostra che in un certo senso la mela stia ancora cadendo e che in un certo senso siamo tutti osservatori che stanno influenzando l'evento, perché noi stessi siamo nel cono delle conseguenze.
Uscendo ora dalla lunghissima digressione, necessaria, nella sua incompletezza, per cercare di dimostrare che non esiste una verità certa, assoluta e misurabile, non può esistere l'osservatore assolutamente neutro né il cronista al di sopra di ogni coinvolgimento, torniamo nel mondo reale in cui la gente mente, si vende e commette errori.
Il linguaggio usato nel descrivere l'evento lo modifica in maniera radicale, concentrando l'attenzione del lettore su una sfaccettatura, piuttosto che su un'altra, fino a stravolgere completamente la questione. Tutto ciò è inevitabile, anche per il cronista più diligente e scrupoloso, perché il suo vissuto, la sua formazione, il momento, lo influenzano inconsciamente spingendolo a dare risalto ad un dettaglio rispetto ad un altro o ad affrontare il tema secondo una certa visione del mondo. Se poi è un pennivendolo prezzolato, come ce ne sono molti...
Serve spirito critico e una buona conoscenza del linguaggio, oltre all'onestà intellettuale di mettere in gioco le proprie convinzioni ed accettare quelle altrui, per rendersi conto di questo. Cogliere nelle tante sfaccettature dei diversi racconti dell'evento dove si celi il fatto e dove si celi la propaganda.
Tutti i giorni siamo bombardati da notizie che creano consenso, rabbia, ammirazione e tutta una gamma di sentimenti che influisce sul nostro modo di percepire l'evento ed è buona norma cercare di andare oltre e capire se la frase, scritta o pronunciata in un dato modo, non nasconda altro che un subdolo sistema per indirizzare la reazione del pubblico, perché le parole sono armi e finché questo concetto non sarà chiaro a tutti, le pecore continueranno a pascolare al buio.
Ricordate che non esistono le bombe d'acqua e che ogni singolo lemma ha una sua forza e attiva meccanismi mentali di cui non ci rendiamo conto, ma influenzano la nostra percezione. Non accettate passivamente parole dagli sconosciuti, ma studiate con cura quel che vi stanno dando, perché potrebbero essere perle o veleno.

Marco Drvso

lunedì 6 agosto 2012

I diritti dell'astronauta della sua clava

6 agosto 2012, su Marte è atterrato il più sofisticato laboratorio scientifico ambulante e automatico, che mente umana abbia mai progettato; lo hanno chiamato Curiosity. Un tempo le chiamavano Mariner, Viking, Voyager, Venera, nomi altisonanti, ma dopo il caro Pathfinder, i nomi delle sonde sono molto peggiorati...  Il vero grande risultato di questa missione è stato far atterrare circa 9 quintali di roba, senza farla fracassare, con un paracadute. I sovietici che erano avanti a tutti, riuscirono a far atterrare Venera4 su Venere (chi si intende un minimo di planetologia, sa che fu una impresa incredibile), ma fallirono con Marte a causa dell'atmosfera fin troppo rarefatta; motivo per cui le precedenti sonde sono atterrate usando un sistema di airbag.
6 agosto 1945, quando quell'imbecille, criminale di Truman ordinava di sganciare la bomba.
Sebbene siano storie apparentemente lontane, questi due fatti sono accomunati da un percorso unico, iniziato tra l'Italia, la Germania, gli USA e quella che fu l'URSS, grazie al lavoro di gente geniale di cui ricorderò, per brevità: Fermi, Einstein e Von Braun (giganti che sedevano sulle spalle di altri giganti e videro lontanissimo).
Purtroppo, l'evoluzione tecnico scientifica umana è spesso stata legata a doppio filo con la ricerca in ambito militare, la sola che non ha mai conosciuto tagli, e quando non è partita da usi bellici, si è trovato il modo di applicare l'invenzione o la scoperta allo scopo di uccidere.
La storia della bomba e dei voli spaziali è stata per molto tempo una sola. Mentre Von Braun progettava i suoi razzi, in Germania e negli USA si cercava di imbrigliare la forza dell'atomo per produrre un'arma. Tutto il progetto Manhattan era finalizzato a questo. Alcune delle menti più eccelse del XX secolo, riunite per ottenere una delle più grandi scoperte della storia umana, al fine di uccidere. La ricerca atomica era finalizzata fin da subito alla bomba; l'energia e la ricerca medica furono collaterali.
Gli americani pensavano di usare gli aerei (come hanno fatto) e i tedeschi puntavano al missile nucleare. Sebbene fossero indietro sul nucleare, anche a causa dell'idiozia di certi gerarchi che consideravano la relatività una teoria "anti tedesca" (cui aggiungiamo le leggi razziali che provocarono la fuga di Einstein e di Fermi, la cui moglie era ebrea), erano ad un passo dalla V4, quella che sarebbe diventata il razzo Jupiter. Erano ad un passo dal missile nucleare, infatti si tramanda la leggendaria frase di Hitler "Dio mi perdoni gli ultimi 10 minuti di guerra".
Finita la guerra, russi e americani si spartirono gli scienziati nazisti (quel nazista di Von Braun fu messo a capo della NASA) ed iniziò la gara a chi aveva il missile più grosso. Tutta l'epopea spaziale fu una gara al missile balistico con la maggior gittata, con risvolti talvolta drammatici e talvolta comici, che hanno anche fatto progredire la ricerca. Emblematico è il caso della scoperta dei gamma ray burst. In sintesi: ogni esplosione nucleare libera raggi gamma, per questo i satelliti erano tarati per identificare tali radiazioni. Sapendo che i sovietici avevano ottimi missili, gli americani temevano che facessero gli esperimenti sulla Luna, quindi dotarono i satelliti di rilevatori puntati verso lo spazio e scoprirono questo interessante fenomeno.
In oltre mezzo secolo l'umanità ha fatto passi da gigante sotto tutti i punti di vista, peccato che i punti di vista non siano sempre positivi. Restiamo trogloditi con l'atomica o astronauti con la clava e nulla più, come la cronaca ci dimostra ogni giorno.
Il nostro mondo è in mano a folli affaristi e tutti noi paghiamo lo scotto della loro brama di potere, grazie a politici compiacenti o incapaci. La parola pace ha perso il suo significato, diventando sinonimo di scusa per fare la guerra (come prima lo sono state democrazia, libertà e civiltà). Etc, etc, etc.
Quel che più mi sta dando da pensare è il continuo parlare di diritti di un dato gruppo etnico, religioso, sessuale, politico, etc; discorsi che dimostrano l'infimo livello di evoluzione sociale che abbiamo raggiunto. Saremo civili quando si parlerà di diritti delle persone. Diritti universali ed inviolabili, uguali per tutti. Porto qualche esempio. Perché parlare di diritto del disabile di veder abbattute le barriere architettoniche e non del diritto di ogni persona ad accedere ad un luogo pubblico? Perché interrogarsi sul diritto a sposarsi per le coppie omo, anziché parlare del diritto di ogni persona a sposarsi con chi gli pare? Perché parlare di diritti delle donne ad accedere a determinati posti di lavoro o stipendi, anziché parlare del diritto delle persone a raggiungere il massimo livello che la sua capacità e la sua preparazione permette, con stipendio commensurato al livello? Ognuno con le proprie peculiarità, siamo tutti appartenenti alla stessa specie e trovo assurdo che si facciano differenze, soprattutto quando si parla di diritti, creando paradossali situazioni di discriminazione e razzismo da parte di chi lotta per le uguaglianze. Ascoltate bene certi discorsi, magari nei dibattiti pubblici, e capirete cosa intendo.
Siamo tutti persone: parliamo di diritti universali delle persone e smettiamo di fare categorie. Smettiamo di cercare le differenze e concentriamoci sulle similitudini, magari potremmo iniziare un mondo migliore, in cui i risultati della ricerca possano essere a beneficio di tutti. Quando sapremo riconoscerci come parti del Tutto, inizierà la vera avventura umana e il passato sarà ricordato come i tempi della follia.
Ora pensate a quali tecnologie impensabili sono allo studio o in qualche magazzino segreto e chiedetevi chi le sta sviluppando e perché. Pensate a quel che dimostriamo di essere (collettivamente),  all'infimo livello sociale che abbiamo raggiunto, al continuo dilagare di fanatismi di vario ordine e genere e alla propensione al cannibalismo e alla mutua distruzione che stiamo dimostrando. Pensateci bene, appena svegli se volete cambiare il mondo e a fine giornata, prima di dormire, pensateci bene prima di prendere sonno.
Se riuscite a dormire: sogni d'oro.

Marco Drvso

domenica 8 aprile 2012

Il migrante sul Titanic

Adoro la Storia e sono tra gli psicopatici che prima di vedere un film o leggere un libro, si prende la briga di guardare gli ultimi 5 minuti o l'ultima pagina.
Come diceva Hitchcock, nella famosissima intervista di Truffaut (Il cinema secondo Hitchcock, di François Truffaut, un un'opera che vi invito a leggere), la vera suspense non si ottiene colpendo il pubblico con il colpo di scena, bensì informandolo di quel che sta per accadere, affinché loro siano attaccati alla sedia, in attesa dell'inevitabile. In parole semplici; avvisa il pubblico che dietro la porta c'è l'assassino. Fedele a questa idea geniale, mi piace sapere come va a finire, per godere meglio lo sviluppo narrativo e crearmi aspettative che rendano ancor più coinvolgente la storia. Ho premesso che sono psicopatico....
In questo adoro la Storia. Mi piace ripercorrere i passaggi che hanno condotto le civiltà verso un dato evento, constatando le loro aspettative deluse e il dipanarsi del filo del destino, secondo dinamiche assurde.
In questo modo, oltre ad aver apprezzato le varie opere, con maggior pathos, ho imparato a leggere le vicende umane, dall'insieme di segnali che ogni vicenda invia (ovviamente sbaglio, anche spesso).
Non sono qui a millantare capacità assurde, né una visione del mondo deterministico. Mi limito a riprendere situazioni simili, con sviluppi analoghi e li applico in altri capitoli di storia e vedo che, sovente, le dinamiche umane seguono una certa direzione.
Un pensiero, a tal proposito, mi attanaglia da un po' di tempo. Rileggendo sui sacri testi ho trovato un susseguirsi di eventi interessanti, che si sono riproposti più volte, in scala sempre maggiore. Crisi alimentare/economica di fine '700, cui seguono la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, la quali possono essere intese, secondo la visione europocentrica in vigore fino a poco tempo fa, come la vera prima guerra mondiale. Alla crisi economica del 1904, di cui si parla poco nei testi a causa dello scarso impatto che ebbe in quel mondo rurale, seguirono gli eventi del 1914. Tutti sanno della crisi del 1929 e cosa accadde nel 1939.
Storie diverse e contesti diversi, con premesse e risultati equiparabili. Non si ebbero i dittatori nel 1914, come accadde negli altri due casi, altrimenti si sarebbe parlato di fotocopie della storia, ma si nota bene la ciclicità degli eventi e il nostro viziaccio di ripetere sempre gli stessi errori.
Datemi del pessimista, ma in questo momento mi sento come un passeggero del Titanic, che si lamenta delle condizioni del viaggio e non sa che quella sofferenza non sarà una catarsi in vista di una nuova vita felice, bensì lo scomodo tragitto che lo condurrà a scoprire cosa sia un iceberg.
Spero di sbagliare.


Marco Drvso

lunedì 2 aprile 2012

Quando lo stato è strozzino

Persone a me molto care (evito riferimenti) sono in ballo da anni, per una questione con l'agenzia delle entrate. In sintesi: un anno il lavoro è andato male, perché hanno perso il loro maggior cliente (lo stato) ed il fatturato è drasticamente calato, finendo sotto il valore presunto dallo studio di settore.
Sul meccanismo perverso e idiota degli studi di settore, stenderei un velo pietoso. Se posso comprendere il redditometro, basato sulla congruità delle spese, non accetto l'idea che un burocrate, sovente ignaro del funzionamento di un dato settore produttivo, possa decidere quanto debba guadagnare una azienda.
Siccome erano al di sotto dello studio di settore, l'agenzia delle entrate ha deciso che hanno evaso ed ha preteso un cifra esosa, calcolata in modo poco chiaro, quindi ha sguinzagliato equitalia che ha aggiunto interessi e more. Si fa ricorso e si giunge ad un concordato, che prevede il pagamento della sola cifra, senza gli interessi. Si rateizza la cifra e loro pagano regolarmente le rate, per un debito inesistente, che lo stato strozzino gli ha posto sul capo.
Ora, l'agenzia delle entrate ha deciso che il concordato non vale e vuole tutti i soldi, comprese le more e minaccia di pignorare la casa, comprata con anni di sacrifici.
Premesso che quasi 30 mila euro di non dovuto sono un furto, i modi messi in atto da equitalia si stanno dimostrando degni dei peggiori cravattari.
Mi domando: chi ha evaso miliardi ha potuto concordare e, spesso, ha versato molto meno del dovuto. Tutti gli altri, quelli che le tasse le hanno sempre pagate, si trovano costretti a sacrifici enormi, per pagare quanto non dovuto.
Non hanno vergogna ed hanno un potere immenso, che gli permette di rovinare la vita delle persone. Certa gente dovrebbe marcire all'inferno!
Situazioni simili sono all'ordine del giorno e tutti i giorni si sente di disperati che si ammazzano per colpa di uno stato inefficiente che spreca denari e obbliga la gente a pagare per ogni cosa. Chiedono sacrifici e in cambio non danno nulla. Spremono il popolo e poi lo vessano con richieste assurde. Se questa è democrazia...



Marco Drvso

lunedì 5 marzo 2012

Giornate di pioggia

Uno tra i miei lungometraggi d'animazione preferiti è Robin Hood della Walt Disney. Di quel film c'è una scena che mi ha colpito da subito e mi torna spesso alla mente: quella in cui la famiglia di topolini dona la loro ultima moneta al frate, per i poveri, annunciando che erano i risparmi per i giorni di pioggia.
Qualcosa mi aveva colpito in quella scena, ma solo con il tempo ho capito il senso dell'espressione "giorni di pioggia". Tale espressione affonda le radici nella cultura contadina, per la quale i giorni di pioggia sono sia una benedizione per i campi, sia un problema lavorativo, perché non si può lavorare la terra, né portare le merci al mercato (se la pioggia è lunga e consistente), quindi sono giorni di totale spesa e nessun ricavo. Talvolta la pioggia comporta dover ricostruire i fossi e tutta una manutenzione straordinaria che costa. Un vecchio proverbio recita "quel che leva l'alido, l'umido lo rende; quel che leva l'umido, l'alido non lo rende".
Si dovrebbe rivalutare l'antica cultura contadina, scrigno di sapere sottovalutato, ma di grandissimo valore.
Per molti, questi sono giorni di pioggia.
Oggi non attaccherò la finanza internazionale, che nulla crea, salvo il debito, né mi perderò a ribadire che c'è stato un colpo di stato che ha messo al potere un governo discutibile (non che il precedente fosse meno discutibile, per altre questioni), né che serve un ritorno alla sovranità popolare e monetaria, prima di rimetterci tutto (direi un cenno di autoarchia, sebbene il termine faccia storcere il naso ai benpensanti, perché usato in epoche "sospette", come altre cose buone che sono state gettate alle ortiche con quelle sbagliate, tipo un po' di sano amor di patria, inteso come riconoscersi in una grande famiglia dalle origini, usanze, lingua e modi di fare  comuni), né altre questioni di "alto" livello. Ho scelto di restare sul piano della vita quotidiana.
Questa mattina ho finito di sistemare i fatturati di fine mese ed ho contattato i clienti morosi. Sono un po' insistente con alcuni, ma quelli sono soldi dovuti, per cui ho lavorato e su cui, che paghino o no, devo pagare le tasse. Mi colpisce che c'è gente che non paga, poi va a fare la settimana bianca (oltre che negarsi al telefono) e altra che deve chiedere finanziamenti in banca per poter pagare i fornitori. Oggi ho sentito un cliente che in questi mesi si sta barcamenando tra clienti che non lo pagano (si parla di mancati introiti per 4 zeri, a causa di grosse aziende che strozzano i piccoli, non pagando, in attesa che falliscano e il credito evapori), cercando di limitare al massimo l'uso di fornitori, onde evitare di avere altri debiti che si è dovuto recare in banca a chiedere un finanziamento, sperando che la crisi finisca.
Mi è dispiaciuto constatare la questione, ma non posso permettermi di dirgli di lasciar perdere. Nemmeno io navigo nell'oro e questo mese ho scadenze importanti, da saldare prima che per un ritardo di un giorno possa trovarmi equitalia alle spalle. Problemi alle aziende che ricadono sui dipendenti, attivando il circolo vizioso che ha mandato in recessione il paese.
Un pensiero malvagio, però, mi è scappato. Se i grossi non pagano, spesso per quanto ho detto sopra, ho idea che dietro ci siano anche le banche che impongono di non saldare i fornitori, affinché la liquidità vada a coprire i debiti nei confronti delle banche; che così rientrano dei capitali prestati e lucrino sui piccoli, costretti a fare debiti con le banche. È solo un mio pensiero, non sto lanciando accuse, ma conoscendo il sistema bancario (che di fatto sta uccidendo l'Europa), non mi stupirei di aver visto giusto.
È brutto vedere che aziende sane stanno andando a gambe all'aria a causa di una crisi creata a tavolino, di cui sembra non vedersi la fine, salvo il sorgere di uno scenario ben peggiore. Andate a leggere cosa sta macchinando la commissione europea, per quanto concerne il fondo salva stati (sarebbe meglio dire strozza stati), il controllo della bce e altre questioni. Vi getto una sigla ESM: cercate in rete, mettetevi a piangere e poi preparate i forconi. Ci stanno levando la democrazia e quel poco di benessere che ci eravamo conquistati.
Questi sono giorni di pioggia che qualche avido padrone di padroni ci sta gettando addosso, ma non può piovere per sempre.


Marco Drvso

ps
Vi sembrerà assurdo, ma questi potenti cominciano a farmi pena. Vogliono rendere schiavo il mondo, ma non si rendono conto di essere ancor più schiavi noi. Schiavi della loro folle ingordigia che li obbliga a sprecare il transito terreno nella continua ricerca di potere.

giovedì 1 marzo 2012

Quelli che se ne vanno e quelli che restano

È notizia diffusa, commentata e digerita, la dipartita di Lucio Dalla e Germano Mosconi.
Il primo è uno dei miei musicisti preferiti, un gigante della musica e delle parole. Anche se morto, un gigante resta sempre tale.
Come tutti, o quasi, ho condiviso una sua canzone su FB, per ricordarlo. Ho scelto Merdman.
Canzone tra le meno conosciute (del 1994), è un capolavoro di ironia sul mondo della comunicazione, in cui seppe anticipare quel che sarebbe stato il fenomeno della "tv verità" che in quegli anni muoveva i primi, indecenti passi. In tanti anni di carriera, ci ha proposto musiche e testi di primisimo livello, alternando sentimenti, leggerezza e impegno sociale. Difficile, se non impossibile, riassumere Lucio Dalla in poche righe, sarebbe come parlare del mare a chi non lo ha mai visto.
Su Germano Mosconi tanto si è detto e montato, soprattutto a partire dai famosi fuori onda che lo hanno reso un fenomeno immortale della rete. A quanto ho visto e letto, era un giornalista serio, con una signorilità innata, che nei momenti di ira si trasformava in sagace auto ironia o bestemmioni galattici, soprattutto a causa di chi gli combinava scherzi pessimi, suppongo per preparare i fuori onda. Ovviamente, il video che ho postato su FB erano fuori onda privi di esclamazioni "forti".
Lui non ha cavalcato l'onda dei filmati su youtube, anzi, con signorilità ha scansato la questione, rifiutandosi di prestarsi a quel gioco (ad essere pignoli, più che improperi alla divinità erano forme sintattiche, come insegna Marco Paolini). So che oltre ai 7 minuti che lo hanno reso celebre al di fuori del circuito televisivo veneto, la gente lo ha apprezzato per il suo stile e la serietà con cui svolgeva il suo lavoro. Ho avuto la fortuna di sentire sue dichiarazioni e approfondimenti e posso dire di esserne stato piacevolmente colpito e di averlo stimato.
Mi sta colpendo l'affetto che molti stanno dimostrando nei loro confronti, in rete.Canzoni, filmati, citazioni, attestati di stima stanno ingolfando FB, twitter e G+ (di quelle in tv, fatte da personaggi più o meno famosi, non mi curo). Affetto sincero, non le solite baracconate da internet. Se fosse spirato un altro noto giornalista di cui non faccio il nome, che ieri ha avuto un coccolone mentre presentava il suo pseudotg, oggi avremmo letto commenti di gioia.
Entrambi, artigiani della comunicazione nel senso più alto del termine, hanno saputo raggiungere (magari involontariamente) l'obiettivo dei grandi comunicatori: lasciare una impronta nel costume nazionale.
Tralasciando ogni possibile commento su questi due uomini, c'è una questione su cui sento di dover porre l'accento: l'onestà intellettuale. Un valore che oggi si fatica a ritrovare, purtroppo.
Abbiamo perso un grandissimo musicista e un buon giornalista, ma il numero dei cantantucoli e dei servi che modellano le notizie a uso loro e dei propri padroni non è minimamente diminuito.
Anche i peggiori se ne vanno, ma in questo caso vale l'antico adagio "sono i migliori quelli che se ne vanno".


Marco Drvso

lunedì 20 febbraio 2012

Imprenditori o masochisti

Da qualche mese sono entrato nel magico mondo della libera professione. Stanco di contratti a progetto e simili, ho pensato che fosse il momento di diventare padrone del mio tempo e del mio lavoro, nella speranza di fare qualcosa per me e per il paese.
Oggi, approfittando della carenza di lavoro, traccio un primo bilancio di questa impresa.
Costi e burocrazia. Per aprire ho sprecato 2 anni, in attesa di dare l'esame di abilitazione, barcamenarmi nella burocrazia, iscrivermi ad albo e camera di commercio e trovare una licenza da acquistare. perché avevano contingentato l'accesso al mercato. Il gioco, tra licenza, bollati, tasse d'iscrizione, sbattimenti bancari (per assurdo la cosa più semplice ed economica), balzelli vari che lo stato pretende ancor prima di iniziare (tra inail, inps e simili ho già versato gran capitali), ho speso (ho fatto debiti) per oltre una decina di migliaia di euro (circa il triplo dell'attuale fatturato lordo totale). Morale: il governo ha cambiato ancora le regole del gioco ed ho scoperto di aver buttato i 6000€ spesi per la licenza e il notaio, perché ha liberalizzato l'ingresso al mercato, ho buttato i soldi dell'esame, dei libri e il tempo per studiare, perché anche quello non è più obbligatorio. Soldi e tempo che nessuno mi ridarà.
Va bene agevolare l'ingresso nel mercato, ma quanto traspare da quel decreto (4/12/2011) è che i furbi hanno risolto e chi ha fatto il regolare lo ha preso in culo.
A breve ho il versamento dell'iva sul fatturato, peccato che sia tutta iva di fatture che ancora non mi sono state pagate, ma lo stato la vuole subito, altrimenti sguinzaglia i suoi cravattari.
Spese. L'aumento del costo dei carburanti, dell'autostrada, delle assicurazioni, etc, incide non poco sul mio esile margine di guadagno. Mi è toccato alzare le tariffe per sopperire a questi aumenti e, comunque, non ho aumentato il mio guadagno. È vero che molte di quelle voci vanno in detrazione, ma sono spese che devo sostenere ogni giorno per lavorare, quindi il fatto che le scaricherò (tempo futuro) dalle tasse, non allevia i problemi quotidiani.
Tutte le mattine, quando mi alzo, prima di andare a pisciare controllo la posta e il conto corrente, nella speranza che siano arrivati soldi per poter lavorare e pagare spese e tasse. Bel modo di iniziare la giornata...
In cauda venenum, scopro che hanno posto l'obbligo di pagamento del canone televisivo a tutte le aziende che possiedono computer, smartphone, videocitofoni e altro. Premesso che di sull'abbonamento telefonico pago € 12,91 di tassa di concessione governativa, perché possedere un abbonamento ad una linea cellulare è considerato un lusso. Lusso di cui farei volentieri a meno, se potessi, ma non posso perché è necessario (se avessi il prepagato non la pagherei, ma del prepagato non scaricherei l'iva né i costi). Non ho uno smartphone, anche se mi sarebbe molto utile ora che molte comunicazioni vanno via posta elettronica, né un pc intestato alla ditta (questo da cui scrivo è il mio baraccone personale, regalatomi nel 2008), quindi non dovrei pagarlo per quest'anno, salvo che i soliti creativi al potere non sfornino qualche idea geniale...
Tra le cause della scarsità di lavoro c'è la carenza di pecunia della maggioranza della popolazione, che impone un drastico taglio dei consumi, con contrazione del mercato. In parole semplici non girano soldi e a cascata siamo colpiti tutti.
Lo stato cosa fa per migliorare la situazione?
Aumenta le tasse, impone nuove spese (sanità, gasolio, addizionali varie, etc) ed ora si prepara a mettere in moto una riforma del lavoro che dalle prime avvisaglie sa di stronzata madornale. Tutto per salvare le banche e fare un favore a USA e Cina (i padroni delle agenzie di rating). Ovviamente, il parlamento vota queste norme, salvo nel caso in cui si tocchino i loro interessi o quelli dei loro sodali (hanno bloccato la norma che taglia gli stipendi ai manager pubblici, quelle sui loro stipendi e quelle sulla incompatibilità tra le cariche pubbliche). Non amo il tecnocrate filo bancario che non sa andare oltre la visione del mondo che insegnano in certe università né proporre qualcosa che sia utile a noi e non alle banche, ma i politici stanno facendo di tutto per risultare ancor più odiati. Mosconi direbbe "Ma me par che ghe sia... ma i lo fa a posta".
Del ridicolo giro di denaro che genero, nulla resta nelle mie tasche. I soldi delle fatture (quelle che mi pagano) entrano nel conto corrente ed escono subito. Con quel poco che avanza ci copro le spese di casa e sono finiti. Un paio di braghe nuove, cultura, sistemare il dente dolorante, mangiare fuori, uscite fatte bene con la ragazza o gli amici, etc, sono lussi da procrastinare a tempo indeterminato.
Anche la trovata sulla riforma del lavoro... Per ora non ho il problema di assumere, ma un domani mi piacerebbe farlo. Non sarà certamente l'art. 18 a fermarmi, salvo qualche aggiustamento tipo se uno è un lazzarone voglio il diritto di sbatterlo fuori (quelli, solitamente, sono i più dotti conoscitori del codice del lavoro e hanno ottimi agganci con il sindacato). Quel che mi fermerà sarà il costo di un lavoratore, inteso come tasse e balzelli vari. Riducete il costo del lavoratore e la gente assumerà.
Per ora, per fortuna, non sono ancora finito nel giro di pagamenti obbligatori, ma visti i tempi... Nei pagamenti obbligatori c'è di tutto dalle pretese di certi loschi personaggi a tangenti obbligatorie per avere ciò che spetta di diritto. Non sto scherzando, so di gente che ha pagato dei funzionari affinché certe pratiche andassero avanti; non era corruzione, ma taglieggiamento da parte della pubblica amministrazione. Funzionari che se non ricevono la fresca si incaponiscono contro il cittadino (basta leggere i quotidiani, per riscontrare quanto dico).
Infine: le ore spese per creare contatti di lavoro, preparare preventivi, sistemare i mezzi produttivi, occuparsi della contabilità. Tutto tempo non retribuito.
Pago le tasse e lo stato non mi rende servigi e quel poco che rende pretende che sia pagato. Le strade dissestate provocano danni al mezzo, quindi costi aggiuntivi, cagionati dall'incuria degli amministratori, pagati con le mie tasse. Se tardo un pagamento mi aprono il culo, ma quando devo ricevere non c'è la stessa solerzia. La maggior parte del tempo lavorativo non è retribuito (un imprenditore lo è 24 ore al giorno). I costi aumentano ogni giorno e i ricavi si assottigliano.
Morale. Se compravo una incudine, ci poggiavo sopra le palle e cominciavo a martellare, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Stringo i denti e penso che la parte migliore del paese fa come me. Quella massa di persone che non è in politica, né in televisione, perché è troppo impegnata a lavorare per far funzionare questo disastrato paese. Stringo i denti, ma ogni giorno è sempre più demoralizzante.


Marco Drvso

lunedì 6 febbraio 2012

Un mondo diverso

Diciamolo: sono un inguaribile ottimista con un senso dell'umorismo molto particolare.
Mentre soffrivo pensando al fatturato di questi mesi e al casino mondiale, spalando ghiaccio tra una imprecazione e l'altra, ho avuto una mezza epifania. E se tutte queste crisi fossero occasioni d'oro che stiamo sprecando?
Lo so, lagnarsi nella speranza che non cambi nulla, per dare la colpa ad altri, è una tentazione e una abitudine diffusa. Stratracannare e stramaledire le donne, il tempo ed il governo è sport nazionale, come lo scaricabarile. Ma quanto è bello vedere la propria vita e il proprio mondo che vanno in vacca e dare la colpa ad altri?
Non più, almeno per me. I periodi di crisi sono per me ottimi momenti per rimettermi in discussione, uscire dall'apatia e riprendermi la vita. Non avrei preso certe scelte, se non fossi convinto di voler cambiare molte cose.
Simile proposito, dovremmo prenderlo tutti e prendendo il toro per le corna, trasformare questa fase di crisi in una grande opportunità per un mondo diverso. Non dico migliore, solo diverso (anche perché peggio di così non è facile).
Mi raccomando, però, non prendetemi troppo sul serio, anzi, non prendete alcunché troppo seriamente, altrimenti si rischia di cadere nel vortice della follia che avvelena l'esistenza. Bisogna dare il giusto peso alle cose, altrimenti si può incappare in errori, anche gravi. Poca serietà non vuol dire superficialità.
Mentre tutti si strappano i capelli per la crisi economica e per il grande freddo (leggasi probabile emergenza gas e perenne emergenza imbecillità politica, vedi un certo sindaco), sento tante lamentele, ricerche di colpevoli e poche soluzioni praticabili. Siamo troppo presi a prendere sul serio la questione, per averne una visione realistica e concreta.
L'ideale sarebbe una drastica rivoluzione culturale e un cambio di rotta totale, ma lo vedo impossibile. Se si iniziasse adesso, credo che ci vorrebbero almeno 5-6 generazioni prima di vedere qualche risultato. Un'altra bella idea sarebbe decapitare il potere e mettere persone credibili, ma anche qui si galleggia nell'utopia, per ora. Senza cercare soluzioni estreme ed evitando le soluzioni tampone, sovente peggiori del problema, si potrebbe partire dal problema, sviscerarlo e ottenere un risultato da cui partire.
Le grandi crisi mondiali non sono molto diverse da quelle che ogni persona vive nel suo piccolo, cambia solo la scala di grandezza.
Penso, magari sbaglio, che la crisi del debito si potrebbe risolvere con un magheggio bancario fatto dalla BCE, che anziché elargire denari alle banche, potrebbe darli agli stati, come farebbe una vera banca centrale, in un sistema di sovranità monetaria. Della serie: stiamo unificando tutto con regole varie, tanto vale che lo sia anche la BCE e si smetta di vederla come entità a sé stante. Oppure nazionalizzare le banche e farla finita una volta per tutte.
La crisi dell'industria si potrebbe risolvere rivedendo, al rialzo, i salari e cambiando drasticamente il sistema del lavoro, in modo che la gente abbia garanzie, un buon salario e abbastanza tempo libero, in modo che possa acquistare prodotti di buona qualità e costo elevato, prodotti in loco e spendere il resto in servizi vari. In questo modo si tiene in vita l'economia, si consuma meno e meglio e non abbiamo tonnellate di merce usa e getta, prodotta da schiavi in Cina e che vale quanto costa. Parlo di comprare meno, ma oggetti più costosi, di qualità e durata infinitamente superiore, che richiedano ragionevoli tempi di produzione.
In ultimo il discorso del gas. Abbiamo le tecnologie per migliorare la termica delle case, attraverso opere di ristrutturazione che rimetterebbero in moto l'economia, evitando il continuo consumo di territorio per far contenti gli speculatori edilizi, cui aggiungere sistemi di produzione energetica a impatto zero e produzione in situ. Prendendo la soluzione più semplice: pannellare tutti i tetti, in modo che durante le ore di luce si posa utilizzare il riscaldamento elettrico, lasciando l'uso di gas per le ore di buio, sarebbe un gran risparmio per noi, nazione, e una bella inculata per Gazprom.
Qualche idea, senza la pretesa che siano prese in considerazione. Magari troppo semplicistiche, ma come insegna il caro Occam, bisogna ridurre all'osso la questione e la soluzione più semplice e spesso quella corretta.
Spero che il mondo non si faccia scappare queste grandi occasioni. Ribadisco che le crisi sono i momenti migliori per prendere delle scelte (chi conosce il greco ha intuito il doppiosenso) e prendere strade nuove. Al momento vedo i potenti indaffaratissimi a salvare lo status quo, facendo danni incredibili, quando potrebbero accettare il fatto che il sistema ha funzionato finché ha potuto, ma ora l'ingranaggio si è rotto e bisogna sostituirlo con qualcosa di nuovo. Non so se migliore, ma certamente diverso.
Se ci sono arrivato io che non sono una cima, penso che le menti eccelse e raffinatissime dovrebbero produrre pensate anche migliori.  Figurarsi che quanto sopra non gli porterebbe via niente, anzi li potrebbe arricchire ulteriormente.
Si sono estinti i dinosauri: non pensino che il sistema sia immune da avere una fine.


Marco Drvso

lunedì 23 gennaio 2012

A chi giova?

In questi giorni si fa un gran parlare della volontà dell'esecutivo tecnico di liberalizzare le professioni, per stimolare la concorrenza, la crescita del mercato e venire incontro al consumatore.
Detta così, sembra la panacea di tutti i mali, peccato che la questione, per quanto giusta, vada affrontata con cognizione di causa, valutando attentamente ogni passaggio.
In Italia esistono corporazioni potenti che avvelenano il mercato, è evidente e noto a chiunque. Tra questa corporazioni, ovviamente, non possiamo dimenticare le mafie, la politica e tutto il sottobosco di associazioni più o meno limpide che fanno affari d'oro sulle spalle del paese. Sistemando questi gruppi parassitari, si potrebbe smettere di emettere debito pubblico (ci sarebbe anche da fare un discorsetto sul ritorno alla sovranità monetaria o alla revisione del funzionamento della BCE, ma non è questa la sede). Forse ho un po' esagerato, ma non credo di essere lontano dal vero. Professioni in cui esiste un cartello ci sono, ma questo decreto le ha colpite solo marginalmente. Mi riferisco alle banche e alle assicurazioni, ad esempio.
Partirei parlando degli albi professionali. Si fa un gran parlare di abolirli, ma ciò è una follia. Ci sono albi sputtanatissimi, è vero e spesso l'accesso ad un albo richiede una trafila lunga e demotivante, ma sarebbe sufficiente riformarli e renderli quel che dovrebbero essere: enti di tutela per il cliente e la categoria. L'iscrizione ad un albo garantisce che il professionista abbia le carte in regola per operare nel suo settore e tutela il cliente da eventuali furbi che praticano la professione senza averne titolo. Un esempio per tutti è l'albo dei medici: unica tutela contro chi professa abusivamente la professione (salvo che non intervenga la finanza, perché questi personaggi, solitamente, lavorano in nero).
Personalmente, sono iscritto all'albo dell'autotrasporto e questa iscrizione, tra bolli, corsi, etc, mi ha portato via quasi 2 anni: una follia. Sono il primo a ritenere che le pratiche debbano essere più snelle, ma con il decreto di dicembre, hanno totalmente aperto il mercato fino a 3,5t, rendendo inutile l'esame che ho dato e tutta la montagna di pratiche che ho fatto. Inoltre, prima toccava comprare le licenza perché erano contingentate, ora le hanno liberalizzate (e non ci vedo nulla di male, anzi, sono favorevole) ed io mi trovo alleggerito di 7000€. Mi spiace per quel denaro (soprattutto considerato che li ho sudati e mi sono indebitato), ma sono favorevole all'apertura del mercato. Se fossi un tassista che sta pagando 200000€ di mutuo per la licenza, mi incazzerei alquanto.. Quel che mi fa incazzare è l'eliminazione dell'esame di capacità professionale e l'abolizione della capacità finanziaria, soprattutto perché il mio segmento di mercato è il solo che non gode di certi sgravi (una miseria, in verità) sul carburante. Domani uno si alza e si iscrive all'albo, senza produrre alcuna carta che dimostri che sa quel che sta facendo, con il solo risultato che per lavorare abbasserà ancor di più le già risicatissime tariffe (su certi servizi arrivo alla pari, considerate le tasse), a danno di tutto il settore. Immagino che i grandi corrieri, che sfruttano e ricattano i padroncini (per la maggior parte poveri cristi arrivati dal Sud America), faranno i salti di gioia. Con la vecchia normativa sarebbero stati costretti ad assumerli.
Ai pubblicisti è andata peggio. Con l'abolizione dell'albo, ora sarà ancor più duro accedere alla professione di giornalista. Non parliamo dei gestori delle pompe di benzina, cui queste "liberalizzazioni" potrebbero dimostrarsi disastrose; utili solo per chi possiede l'impianto, ma sono una minoranza e non so quanti abbiano la forza e la volontà di mettersi sul groppone 400000€ di debiti per comprare la pompa. Almeno agli aspiranti avvocato è andata bene: la possibilità di iniziare il tirocinio all'università permette, a chi non ha il padre penalista, di poter accedere alla professione in tempi ragionevoli.
Semplificare ed eliminare norme che rendano difficilissimo l'ingresso nel mercato, ma togliere le regole è follia.
Io sono favorevolissimo al libero mercato, ma pretendo delle regole ferree. Regole che tutelino il professionista e il suo cliente, affinché si possa avere il miglior servizio al prezzo giusto. Apriamo il mercato alle nuove energie, semplifichiamo la burocrazia, rendiamo certa la giustizia, facciamo i controlli, etc, ma, per l'amor del cielo: imponiamo delle regole e facciamole rispettare.
Un mercato eccessivamente libero produce la situazione che ben conosciamo tutti, tramite la stampa, del sistema finanziario e borsistico, in cui la mancanza di regole permette dei magheggi perversi che, uniti a certe normative sulla finanza e sulla moneta della zona euro, ha creato la crisi, partendo dal paese pi liberista del mondo, gli USA, che ora parlano tanto, ma hanno creato loro la crisi.
Leggendo le pagine del decreto che si possono reperire in rete, mi rendo conto che è solo una operazione per garantire i pesci grossi (i grandi competitor, se proprio ci tenete ad essere anglofoni), tutelare certe categorie, chiudendo l'accesso (vedi la questione dei pubblicisti) e distruggere quel variegato mondo di micro aziende che sono il vero tessuto economico del paese.
Talvolta vien da chiedersi di chi fa gli interessi chi ci governa... almeno con il nano sapevamo che faceva i propri (e fortuna che non c'è più!).
È auspicabile che si rivedano al più presto alcuni fondamentali dell'economia, altrimenti con questi sistemi per mantenere in piedi un sistema malato, rischiamo solo caos e povertà.


Marco Drvso