venerdì 14 ottobre 2016

Il 68 è morto

C'è un passaggio magnifico ne "Il corvo": il monologo del cattivo che spiega come l'idea che nasce come atto di rottura, prima o poi si trasformi in istituzione. Tale ragionamento si può trasporre per una delle stagioni più sopravvalutate del XX secolo, il famigerato sessantotto.
Nato come fenomeno di rottura e liberazione, sotto molti aspetti fu solo l'inizio della fine (in realtà fu anche la spinta propulsiva verso l'apice della cultura umana, gli anni '70, ma anche un orologio rotto può segnare l'ora esatta). Spiace farlo notare a chi è innamorato di quella stagione ipocrita, ma il grosso di quelle masse festose e colorate oggi sono i tromboni settantenni, che negli ultimi anni hanno distrutto lo stato sociale, i diritti del lavoro e ci hanno fatto ripiombare in uno scenario da prima rivoluzione industriale - medioevo. Fermo restando, che le belle cose che i più considerano le grandi conquiste di quegli anni, in realtà erano frutto di lotte e rivendicazioni delle generazioni precedenti. Hanno lavorato su un terreno già pronto e seminato, prendendosi il merito del raccolto.
Se non fosse per la produzione artistica (a mio avviso fu migliore quella del decennio successivo, ma vista la scarsità di quella attuale, si può affermare che fu ottima), si potrebbero cancellare dalla storia.
Il sessantotto nasce come rottura, ma nel giro di breve diventò istituzione, quasi una religione. Ho fatto in tempo a beccare tromboni che vantavano l'aver vissuto tale stagione, come marchio di garanzia che dimostrasse che non fossero degli stronzi comuni o, peggio, dei venduti al grande capitale. L'attualità prova che avevano torto. Nella migliore delle ipotesi sono cresciuti ed hanno fatto una vita dignitosa, nelle peggiori o hanno rinnegato tutti i valori che sbandieravano o sono diventati la sinistra al caviale.
-Noticilla: al giorno d'oggi, nonostante la vulgata ufficiale, socialismo e sinistra sono termini antitetici-
Questi sessantottini delle mie palle che fecero tanta lingua per seguire una moda e farsi una scopata, ma alla prova della storia si sono dimostrati, per la maggioranza, peggiori di chi li aveva preceduti. Alcuni, molti, degni di nota ci furono e li stimo, ma erano una minoranza esigua.
Dopo essere stato istituzione, il sessantotto è diventato sistema.
Sistema che ha dato vita alle masse autodichiaratesi cosmopolite, colte, avanti e via discorrendo, che nel loro antifascismo militante (ricordo che i regimi fascisti, nel senso di nazionalsocialisti, con la sola esclusione di Franco, sono finiti negli anni '40. La loro etichetta suona un po' come "cacciatori di mammuth"), in molte loro istanze, idee, azioni e prese di posizione mi ricordano tantissimo le masse che negli anni '30 seguirono in modo acritico Mussolini e Hitler, salvo poi rinnegare tutto.
-Altra nota: i cosiddetti dittatori fascisti che i buoni americani stanno facendo fuori in tutto il medioriente, destabilizzando e incasinando il mondo, sono quasi tutti socialisti......-
Ora che il sessantotto è il sistema, il pensiero unico dominante, giunge la morte definitiva della sua anima rivoluzionaria e la pietra tombale è il Nobel a Bob Dylan.
A mio avviso il premio è meritato e la scelta di un intellettuale di primo livello, che ha diffuso le sue poesie tramite la musica, apre scenari interessanti sia nella definizione di letteratura (continuo a sperare nel Nobel a Stann Lee), sia nella riscoperta di un passato nobile, quando i poeti erano cantori e la letteratura era cantata.
Con questo premio il Potere celebra la sua gioventù e sancisce la sua vittoria.
Guardate i sessantottini oggi! Alcuni sono diventati abbastanza ricchi da poter giocare ancora a fare i rivoluzionari, altri hanno tagliato i capelli, smesso di farsi le canne e sono diventati i terribili banchieri, faccendieri, potenti, che le masse anestetizzate fingono di combattere, salvo farsi fottere dai falsi miti di progresso che questi potenti gli offrono e combattere per questi miti, altri hanno semplicemente fatto la loro vita, magari cercando di portare avanti le idee migliori, altri sono passati dall'altra parte dello schieramento. Guardate il film su Woodstock, osservate quei giovani ribelli e sappiate che tra loro c'è il grosso dell'elettorato repubblicano (visto cosa offrono i democratici, tante volte a destra c'è la vera sinistra, ma eviterei di perdersi in discorsi sulla follia di questi anni).
Ricapitolando: sentite congratulazioni a mr Zimmerman, per un premio meritato, che rappresenta anche la fine definitiva degli anni sessanta.
Il sessantotto è morto, magari potrebbe mancarci, ma i danni creati dai sessantottini cresciuti li pagheranno anche i nostri figli.

Marco Drvso

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