domenica 20 agosto 2017

Allo specchio

Avevo iniziato, qualche giorno fa, un post sulle maschere che indossiamo verso il mondo è verso noi stessi, poi mi sono fermato a riflettere e, complice l'app di merda che non salva i contenuti automaticamente, tutto è andato perso.
Poco male, erano solo parole che portavano qui, roba in più da leggere.
Quando è triste rendersi conto che la maschera peggiore è quella che si mette verso sé, per non ammettere una situazione è il solo modo di parlarne è affidare parole in pasto alla rete. Indossare la maschera per dire la verità, come diceva Wilde, una maschera fatta di bit asettici, proiettati da uno schermo.
Sono tremendamente timido e insicuro, a livello quasi patologico.
Non so quando sia iniziato tutto, ma so quando si sono visti i primi effetti. Quando preso da violenti attacchi di panico non riuscivo ad entrare in facoltà, a breve iniziai a non guardare le ragazze. Se il primo mi costò "solo" il sogno di diventare geologo, l'altro ha fatto di me un asociale, incapace di relazionarsi col mondo, al di fuori delle mie conoscenze.
Ancora ringrazio di aver lavorato prima come barman e poi come guida museale, che mi ha permesso di affinare il personaggio che recito al lavoro. Tutto sommato, quel tizio è anche simpatico, spigliato e preciso, piace ai clienti (essere un imprenditore, con i presupposti di cui sopra, è una fatica doppia) e libera molte delle mie capacità, che normalmente soffoco sotto una spessa coltre di paure, assolutamente irrazionali.
Paure che fanno sì che sprechi il mio tempo in attività anestetizzanti come cazzeggiare in rete o perdermi negli orrendi giochi dello stare. Mi impediscono di scrivere (il fatto che il blog linguista da alcuni anni ne è la prova), di concentrarmi, di prendere in mano la mia vita è mi fanno sentire tremendamente inadeguato. Zavorra pesante e letale, perché questo non è vivere. Zavorra che ora mi spinge a smettere di scrivere e dedicarmi ad altro.
Porto un esempio di quanto mi limiti. Venerdì ero in giro a svolgere un paio di faccende, quando verso di me è venuta una tizia (aggiungerei graziosa). Si è sistemata l'abito ed ha modificato il percorso per "intercettarmi", mentre io ho fatto finta di niente, evitando di guardare (tra l'altro, spero non fosse qualcuno che conosco o con cui lavoro, altrimenti figura di merda doppia), fino al punto in cui si è voltata, come a volermi parlare ed io ho proseguito, senza battere ciglio. Se mi avesse puntato un'arma contro, avrei avuto meno paura. Difficile spiegare quel tipo di panico.
Mi piacerebbe scusarmi con tutte quelle che ho trattato così, fingendomi distaccato e superiore.
Un tempo non ero così, magari un pochino timido, ma dai 23 anni la cosa è andata sempre peggiorando. Prima mi dicevo che volevo stare da solo, poi che non sono adatto ad una relazione, quindi evitarle era un gesto caritatevole nei loro confronti e così sono passati gli ultimi 15 anni, in cui le poche storie sono state con persone del mio entourage, più che collaudate. L'ultima storia, di ben 7 anni, è stata con Sara, che non a caso fu la mia ragazza a 15 anni...
Ed eccomi qui, alla veneranda età di 38 anni, a vivere una vita che non mi piace, subendo compromessi che detesto, chiuso in una gabbia mentale a cercare di gridare tutto il mio disappunto su un blog con pochissimi lettori, come contro un muro.
Unico pregio della vicenda è essere finalmente riuscito ad accettarlo allo specchio e ad esternarlo, più o meno.
Forse è la volta buona che si potrà andare all'inferno a fare l'oro, come ho scritto in un vecchio post.
Chissà....

Marco

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