martedì 26 ottobre 2021

Verso dove?

Si va ai funerali per dare conforto ai vivi.
Non so se ci sia qualcosa e cosa sia, dopo la dipartita, ma ricordo bene la terribile estate in cui scoprii la mia mortalità e quella stretta al cuore che mi prese, nel rendermi conto della potenziale inutilità della vita. Compivo 8 anni ed ero già totalmente ateo (mai stato normale) e mi domandai che senso avesse dover soffrire e inseguire illusioni, se comunque il cammino sarebbe stato limitato e privo di qualsivoglia sbocco e alla lunga me ne feci una ragione. Se avessi incontrato prima Heidegger e la sua magnifica idea del geworfenheit (solitamente tradotto come gettatezza), forse avrei evitato tanti grattacapi filosofici, ma ho scoperto la filosofia da adulto e ciò mi ha permesso di non farmi influenzare dai giganti, lasciandomi godere a pieno la scoperta che altri si sono posti certe domande e alcuni sono giunti alle stesse conclusioni, ma perdendo spunti che in passato sarebbero stati utilissimi. Prima di lui, trovai idee e conforto in una rara incursione giovanile nella filosofia, nella descrizione della morte fatta da Socrate, scritta da Platone.
Assolutamente non credo nel dio monoteista, ma apprezzo i testi delle 3 religioni del libro, alcuni assolutamente poetici e fonte di riflessioni di altissimo livello; come per qualunque altro testo sapienziale, mitologico, etc.
Oggi, mentre seguivo la moderna liturgia cattolica dei morti, dispiaciuto per chi era andata e preoccupato per chi è rimasto (sarò cinico, ma chi non c'è più ha finito di soffrire; ci si preoccupi di chi resta e soffre), disturbato dai canti eseguiti male e alcuni passaggi dell'officiante, mi sono perso in una riflessione sulla morte. 

--Di seguito un piccolo inciso su cosa mi ha disturbato in modo particolare, che non ha piena attinenza con l'argomento in esame.
Mi ha infastidito, forse innervosito, le modifiche al Padre nostro. Ho sempre adorato e trovato spunto di meditazione quel "non indurci in tentazione, ma liberaci dal male" in cui riconoscevano la potenza e complessità della loro divinità, fonte prima e traguardo del tutto, un Tao cosciente che ha una sua idea, un progetto che va oltre il bene e il male terreni, una figura sfaccettata e magnificamente multiforme su cui porsi domande, alla ricerca del fulcro del pensiero umano, come fatto da Freud coi miti ellenici. Un passaggio che unisce le figure contraddittorie del vecchio e nuovo testamento (non cito la figura coranica, perché è quasi una sintesi tra i due) e lo pone tra le figure più stupende e controverse del mito, trasformato in una frasetta patetica, figlia dei nostri tempi ridicoli, che riduce la divinità stessa ad un cartonato fatto di non ben specificato amore, privo di spessore. Contenti loro....
Scusate la divagazione---

Ripeteva la sua litania, con convinzione, descrivendo un al di là luminoso in cui il defunto fluttua nell'amore divino, con raccomandazioni ai vari santi e alla Madonna affinché intercedessero col grande capo (un oltremondo di raccomandati...), decisamente in contraddizione con quanto scritto nei vangeli, in cui si parla di resurrezione dei corpi, ma ben in linea con la Commedia di Dante e vari testi filosofici cristiani e mussulmani ed io mi immaginavo nell'antica Mesopotamia, Egitto, Ellade, ad ascoltare sacerdoti che si rivolgevano ad Ereshkigal (la sorella di Ishtar e regina del mondo dei morti), ad Anubi affinché conduca l'anima sana e salva da Osiride, a supplicare lo Zeus katachthonios di trovare a quell'anima un posto piacevole, in attesa della sua potenziale reincarnazione (mito orfico, perfettamente in linea con la più antica visione indoeuropea) o che le valchirie vengano a prenderlo per portarlo nella sala di Odino o in quella di Freya, riparmiandole il regno di Hel. Una scena che si ripete in ogni dove, in ogni tempo, da quando un neanderthal, per primo, seppellì un suo simile con oggetti per il viaggio.

Non so se questo universo sia il frutto del pensiero di qualcosa fuori (divinità dormiente? il sogno descritto dagli aborigeni australiani? un romanzo?), una creazione fisica, come previsto in molte religioni o digitale come secondo strampalate teorie (quest'ultima un buon modo per spostare il problema di un passaggio, ponendo il nostro universo nel computer di un universo esterno), una fluttuazione del nulla da cui fioriscono universi o altro. Personalmente credo che noi si sia parte di un unico che sperimenta se stesso attraverso le sue parti, che funzionano secondo rigide leggi di natura, selezionate dall'ambiente per esistere e non imposte da fuori, attraverso cui si realizza l'universo, il che fa della vita e della morte semplici illusioni, in accordo con antichissime idee come il Tao, l'essere parmenideo e il divenire di Eraclito, il Tutto buddista, etc, fondendole in un unico che chiamo universo, che è e diviene (che cosa limitante il linguaggio e ancor più limitato il mio lessico, per esprimere certe idee). 
Io non ho coscienza del mondo prima di me e non ne avrò del mondo dopo di me. Persino della morte non avrò esperienza diretta, perché quando ci sarà lei, non ci sarò io. Non penso di essere qui per assolvere ad un compito specifico o cercare una qualche forma di salvezza (tra l'altro, dovremmo essere salvati da chi ci ha creati; in termini logici questa frase ha in sé un paradosso devastante, che apre interessanti scenari sul funzionamento della mente umana) e a livello pratico non mi risulta si possa definire l'esistenza o avere certezza di esistere. La materia e l'energia che mi compongono esistono da sempre ed esisteranno finché esisterà l'universo e ciò mi rende potenzialmente eterno. Il mio corpo si è rigenerato totalmente almeno 6 volte, ciò significa che in un certo qual modo io sono una versione successiva di quel che fui e non c'è più. Il bambino che 36 anni fa iniziava le scuole elementari non esiste più, esisto io, che porto in me la sua eco.
Io sono io e sono anche te ce stai leggendo e noi siamo il musicista che stai ascoltando leggendo e tutti noi siamo quelli che hanno assemblato i componenti del pc con cui scrivo e tutti insieme siamo la bioma di questo pianeta, che è parte delle strutture sedimentarie e che è parte del pianeta, che è parte del sistema solare, che un tempo era tutto una nube indistinta originatasi dallo scoppio di una stella e via lungo tutte le direzioni del tempo e dello spazio, di cui noi ne sperimentiamo 4, ma queste sono parte delle tante ipotizzate e confermate per via matematica.
Un immobile moto del divenire di cui siamo parte da sempre e per sempre.
Ben vengano i momenti di commiato, in cui noi parti limitate di un grande tutto ci stringiamo nel ricordo e nella consolazione, ma che vi sia un dopo o non vi sia, noi siamo parte di un tutto e il tutto continua ad esistere e noi attraverso di lui. Se proprio vogliamo darci uno scopo, potrebbe essere non incasinare l'esistenza di chi ci è contemporaneo o successore e smettere di considerarci come unità in lotta, che è alla base di tutte le aberrazioni che stanno avvelenando il nostro mondo e riscoprirci parti del tutto.

Marco Drvso

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