mercoledì 11 luglio 2012

Seduti a parlare si fa la rivoluzione

Ieri notte ho fatto un sogno.
Ero seduto sul piedistallo della statua in piazza Duomo, sotto il capoccione del cavallo di V. E. II di Savoia. Guardavo una piazza gremita di gente, scesa in strada per protestare contro le iniquità, ormai palesi, del sistema europeo. Gente incazzatissima, pronta a spaccare tutto, arringata da altri esagitati.
Ad un certo punto, non so perché, qualcuno mi metteva un megafono in mano ed io esprimevo la mia idea.
Non ha senso spaccare tutto. Sarebbe solo un favore a chi ci governa, perché gli si darebbe il pretesto di leggi restrittive e di sospensione della poca democrazia residua. Anche nel caso in cui si riuscisse a cacciarli, immediatamente uscirebbero le differenze tra le varie aree della rivolta e si finirebbe a scannarsi tra noi. La cosa migliore sarebbe sedersi e parlare tra noi, proponendo idee, trovando soluzioni e agendo in maniera non violenta, ma assolutamente mirata (modalità che ho ampiamente spiegato in altri post).
Dopo aver espresso questo pensiero, in molti si erano messi a ridere ed io, per dimostrare che la cosa ha senso, ero sceso dalla statua ed avevo iniziato a girare tra la gente, prendendo gente a caso, presentandomi e presentandoli tra loro, convincendoli a chiacchierare. Non argomenti sui massimi sistemi, ma partire da cose semplici per trovare idee e punti di contatto.
Ricordo che nel sogno, tra i tanti abbinamenti assurdi che creavo, avevo preso uno skin e uno sharp e li avevo fatti sedere a discutere di tatuaggi, una coppia cattolicissima e una coppia gay che con un piccolo gioco aveva portato a parlare di calcio e scarpe, etc.
Io, che notoriamente sono timido e schivo, giravo tra la folla, abbinando persone a caso, convincendole a parlare, fino al momento in cui qualcuno della celere interveniva e mi prendevo una manganellata, senza motivo. A quel punto mi rialzavo e, sfruttando la parlantina (che non mi è mai mancata), tiravo in mezzo il tipo che mi aveva colpito e i suoi colleghi e li convincevo a chiacchierare con la gente intorno a me.
Poi, il manganellatore e altre persone iniziavano a seguirmi e fare quel che facevo: far incontrare persone e spingerle a parlare tra loro, finché tutta l'area pedonale era diventata un enorme salotto in cui le persone parlavano, sedute a terra.
La voglia di conoscersi e discutere, anche di frivolezze, si diffondeva come un virus. Intorno a me solo persone felici che scambiavano le proprie impressioni, partendo da discorsi futili, fino ad arrivare a grandi ragionamenti, il tutto in un clima di pace e ascolto reciproco.
Infine, mi mettevo in un angolo a guardare quella folla variegata. Mai sognato nulla di più bello.
Pensate a  un caleidoscopio di volti e storie diverse, che in piena armonia chiacchierano con perfetti sconosciuti. Un'immagine che scalda il cuore.
Una folla oceanica che rompe le barriere che gli hanno costruito intorno e scopre di far parte di un unico tutto, in cui i bisogni primari e le aspirazioni fondamentali sono le stesse: gocce che riscoprono di essere un mare che cresce sempre di più, fino a diventare un oceano, unito e pronto a prendersi i propri spazi, senza bisogno di violenza, ma grazie alla sola consapevolezza di essere una moltitudine.
La moltitudine che vive, ama, gioca, lavora, muove soldi: la moltitudine che ha il vero potere e inizia a creare il mondo nuovo.
Era solo un sogno, ma potrebbe essere una delle tante indicazioni che l'universo ci manda. Forse un mondo migliore è dietro a gesti semplici come sorridere ad uno sconosciuto e fermarsi a scoprire la sua storia, condividendo la propria.

Marco Drvso

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