lunedì 16 novembre 2020

Osservare dalla debita distanza, bruciare e diventare stelle

 Non ricordo chi mi insegnò come osservare un quadro, ma ricordo bene la lezione.
Per osservare un'opera è necessario fare avanti e indietro. Allontanarsi, per avere la visione d'insieme, avvicinarsi per osservare i dettagli, allontanarsi ancora per inserire meglio i dettagli nel complesso e, eventualmente, ripetere la procedura.
Simile ragionamento si fa per osservare il mondo microscopico, fuochettando col microscopio (è l'azione di muovere la lente, per mettere a fuoco dettagli su un oggetto tridimensionale) e cambiando il grado di ingrandimento. Quel che vale per il microscopico, ovviamente vale per il macroscopico, ad esempio l'osservazione celeste.
Talvolta bisogna coprire, mettere un filtro tra sé e l'oggetto, per scorgere i dettagli o, semplicemente, poterlo osservare. L'esempio più semplice è il Sole: non lo si può osservare direttamente, senza perdere la vista.
In un certo senso, la vita funziona così.
Quando si è immersi in una situazione, qualunque essa sia, difficilmente si ha la capacità di osservare l'insieme e ci si fissa sui dettagli. Sono il primo a riconoscere che il diavolo sia nei dettagli, ma senza il quadro completo, il dettaglio non ha valore. Bisognerebbe imparare a fare sempre un passo indietro ed osservare, ma quando si è coinvolti è spesso impossibile.
Il panorama si mostra solo una volta conclusa la vicenda, quando la si analizza a freddo.
Questo è uno dei grandi limiti della nostra esistenza: viviamo la vita in una direzione, verso il futuro, ma la possiamo osservare solo nell'altra. Osservazione che va svolta con distacco e, soprattutto, per breve tempo: lo stretto necessario per comprendere la lezione e proseguire. Mai fissarsi col passato: è andato e non può essere modificato!
Vi è la vicinanza temporale e, ovviamente, quella fisica.
Prendo spunto dal racconto di 2 noti annegamenti: Narciso e Icaro (è caduto dal cielo, ma tecnicamente è morto annegato in mare). Il primo muore per inseguire una illusione sterile, il secondo per spirito di conquista. In un certo senso, Narciso è l'istinto di morte descritto da Freud, che abiura al mondo esterno, morendo in sé, mentre Icaro incarna la volontà di potenza di Nietzsche: l'uomo che sogna di toccare il Sole, qualunque cosa accada (mi spiace che sia ricordato come un imbecille avventato; anche se avvicinarsi al Sole, con le ali di cera, non è stata esattamente una furbata). Icaro somiglia molto a Satana, che mette in piedi una guerra celeste, pur di essere guardato dalla divinità, ma nel momento in cui incrocia il suo sguardo ne viene annichilito e cade dal cielo, come un tizzone ardente.
Vi sono situazioni in cui bisogna gettarsi nelle fiamme, per giungere a qualcosa, col rischio di fare la fine del pollo ed essere servito con un contorno di patate o quella della fenice, che rinasce dalle proprie ceneri e riconquista il cielo.
Mentre il pollo finisce la sua storia in modo inglorioso, la fenice impara. Osserva l'errore mentre si consuma e si prepara alla nuova vita, portando con sé l'esperienza: un Icaro che sa nuotare e si fa costruire ali più resistenti e un paracadute, ma non rinuncia al cielo e non odia il Sole perché è troppo caldo.
Essere felici, farsi male, comprendere e ricominciare, finché il cuore batte e c'è aria nei polmoni, questo è vivere. È lecito, talvolta, prendersi una pausa, prima di ripartire, lo fa persino il Sole al solstizio di inverno, nei racconti mitologici, per ben 3 giorni, ma bisogna poi rimettersi in gioco.

Quindi bruciate, amici miei.
Siate la fenice e la fiamma
brillate così forte che il Sole,
astro geloso e prepotente,
sia costretto a stare fermo,
nella contemplazione muta
del vostro fuoco immortale
e si vergogni di essere solo
quella stella che dona vita
e illumina i nostri giorni.
Fate piangere le stelle 
che nella loro luce gloriosa
e nei loro nomi altisonanti
mai sapranno brillare forti
come l'umano che da solo
riscopre la sua essenza 
riprende la sua vita
e diviene egli stesso
una stella danzante

Marco Drvso

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