mercoledì 6 giugno 2007

parte del tutto?

Questa sera, mentre tornavo a casa, ho avuto una specie di illuminazione.
Premetto che ho la fortuna di poter attraversare una piccola chiazza di verde, relativamente selvaggio, prima di arrivare alla mia via.
Mentre camminavo, osservando gli alberi ed il fosso per l'irrigazione che costeggia la stradina, riflettevo sul fatto che la bioma terrestre non sia altro che un enorme organismo. Volendo, si può estendere il concetto a tutto il pianeta.
Parte dell'acqua che scorreva nel canale, poteva esser stata parte di una bistecca che ho mangiato, quindi, qualcosa che ha fatto parte di me. (La natura, sotto questa ottica, diventa ancor più meravigliosa.) Per un istante, mi sono sentito parte integrante del mondo. qualcosa di più di un semplice organismo isolato, ero una cellula del maxi organismo chiamato Gaia.
Ero gli alberi, l'erba, gli insetti, i gatti, tutto quello che mi circondava. Mi sono sentito vicino ad ogni forma di vita. In quel momento ho capito che non siamo esseri isolati, ma parte di un enorme, meraviglioso, tutto.
Potrei andare avanti per ore...a parlare di qualcosa che, volendo, è ovvio. Basta considerare in maniera scientifica il mondo, per rendersi conto che la bioma è una cosa sola. Le culture orientali la menano da millenni sul fatto del tutto... In ogni caso, è stata un'esperienza interessante. Fin qui, tutto bello.
La nota dolente è arrivata quando mi sono reso conto che non sono in armonia con tutto. C'è un elemento di quel cerchio della vita che non riesco a sentire come parte di me. Evito giri di parole, questo elemento sono "gli altri". Ho sempre avuto grossi problemi con i miei simili.
A lungo ho pensato di aver problemi a relazionarmi, legati alla bassa stima che ho nelle persone. Mi sono buttato in lavori che prevedono il contatto con le persone, proprio per questa ragione. Speravo, incontrando sempre persone diverse, di riuscire ad uscire da questo baratro di incomunicabilità e sfiducia. Purtroppo, tutto inutile.
Ho pensato che la causa potesse essere la mia educazione, il mancato sviluppo delle capacità relazionali a tempo debito (prima che la mappatura neurale fosse completa), la natura meschina del genere umano, etc... in realtà, il mio non è mancata affinità con i miei simili: è poco amore verso me stesso.
Questa è la triste verità, cui sono giunto stasera e che provo a spiegare a parole.
Riflettendo sui modi e sui fatti della mia vita, mi sono reso conto che la costante sfiducia in me stesso è stata la causa di tutto. Come posso amare il mio prossimo, se non riesco ad amare me stesso?
è questo il limite che mi impedisce di raggiungere quello stato di illuminazione che mi permetterebbe di vedere e affrontare il mondo, nel modo giusto.
Anche adesso che ne scrivo, provo un forte disagio. Continuo a grattarmi e spostarmi tra le varie finestre del desktop. Questo è un nervo scoperto. Se sono solo, è tutta colpa del fatto che non posso amare qualcuno, senza amarmi.
Ama il prossimo tuo come te stesso, è scritto...
Mi rendo conto solo ora a cosa mi serve questa pagina web. è un modo per riuscire a comunicare me stesso, senza vincoli e, soprattutto, affrontare e capire alcune cose.
"Il grande boh" non è il mondo che ho creato nei miei racconti (praticamente tutti incompleti, per due pagine...). Il grande boh è ciò che ho dentro, qualcosa che, mettendolo in mostra sulla più grande piazza della storia (la rete), spero di comprendere.
Il mondo è quel libro da cui traiamo idee; internet è lo specchio di questo mondo. Uno specchio in cui specchiamo anche noi stessi.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

All'interno di un mondo complesso come il nostro, difficile è comprendere gli altri, rapportarsi ad essi ed accettare le diversità fra noi e loro.
Ancor più difficile è, come dici giustamente tu, comprendere sé stessi, rapportarsi a sé stessi ed accettare la nostra diversità dagli altri: perchè è vero, siamo parte integrante di questo megacomputer chiamato Gaia, ma è anche vero che siamo individui pensanti (mica tutti...), con le nostre diversità, le nostre manie, le nostre passioni e le nostre idiosincrasie.
Siamo a immagine e somiglianza di Dio: "umani, troppo umani".

Anonimo ha detto...

Lasciando stare dio, (mi riferisco al commento precedente) verso il quale non ho mai avuto una grande simpatia,
mi piace l'uso del blog a scopo terapeutico. Navigando nei blog degli altri ho visto che alla fine ciò che viene scritto sono tutti grandi viaggi nella psiche.
Crediamo di avere problemi che nessuno ha e ci sentiamo incompresi e infelici. Ma l'incomunicabilità fa parte del genere umano. Ogni tanto ho l'impressione che siamo solo tutti unità tremendamente sole. Nasciamo e moriamo soli, come dice De Andrè. Però possiamo sentirci vicini. E quando ci sentiamo vicini? Quando l'altro ci vede come siamo, quando l'altro sa chi siamo, cosa stiamo pensando, come ragioniamo. Invece, quasi sempre, abbiamo grandi maschere e non ci piace che la gente ci guardi dentro. Invece essere forti, secondo me, vuol dire sbattersene di quello che la gente pensa, essere noi stessi, trasparenti in tutto e per tutto. Essere veri, genuini. Ci vuole coraggio per mostrarci anche fragili. Ma la trasparenza semplifica moltissimo i rapporti umani. Ti dirò, io ho sempre avuto una propensione per le persone fragili. Se guardi, nei film e nei cartoni animati, i forti imperturbabili sono sempre abbastanza antipatici. No?
Un bacio!
Anonima della notte (vedi post camera)

Drvso ha detto...

il gioco si fa divertente... ricapitolando: internauta, nottambula, poco (o nulla) credente, ascolti De André, livello culturale alto, vagamente malinconica, più altro di cui non sono ancora certo...
ancora qualche post e ti individuo
:-)

Ps
i forti e imperturbabili, sono sempre i più fragili, solo che non lo ammettono...