Credo che la cosa più assurda che sono solito fare, considerata la mia situazione, sia invitare sempre tutti a trovarsi un partner. Millanto al mondo quanto sia magnifico essere in due, perché in fondo ci credo. Recito la parte dell'orso solitario, perché so di essere un danno in coppia e perché temo, ormai, di avere troppo veleno in corpo.
Il cuore, quello metaforico del sentimento, è diviso in due parti, come il miocardio. Nel secondo, una parte si occupa di ricevere e espellere sangue carico degli scarti della respirazione cellulare, il veleno che il corpo produce nei processi metabolici, mentre dall'altra parte accoglie sangue ossigenato, pronto per essere inviato al corpo e farlo vivere.
Così, quel Giano ferito, dove risiede il sentimento, incassa veleno e lo risputa fuori, oppure, accoglie dolcezza e ne monda il mondo, addolcendolo dal fiele che lo insozza. Come le facce di Giano guardano una il passato e l'altra il futuro, ignorando ciò che vede l'altra, i due volti del cuore sorridono e ringhiano, senza che l'altro ne abbia conoscenza.
Insieme guardano una persona e reagiscono in modi opposti. Uno teme il male che potrebbe cagionarle e il male che potrebbe ricevere: è troppo assuefatto al veleno per riuscire a credere ancora in sé e negli altri. Affoga in un abisso di diffidenza da cui non sa più uscire. Delle persone vede solo il peggio ed è un cecchino nello scovare i lati negativi. Soffre come un cane abbandonato e pestato, che malvolentieri si farà avvicinare da un essere umano. Soffre come un assassino involontario, che non si da pace per quel che ha fatto.
L'altro vede il meglio della persona che ha davanti e vorrebbe dare tutto sé stesso, convinto che riceverà altrettanto in cambio. Parla di amore e invita il mondo ad amare, malgrado tutto.
In questi ultimi anni, temo abbia preso il sopravvento la prima faccia. Ho distrutto la mia vita per evitare di rovinare quella altrui. Ho avvelenato la mia vita perché non sono stato capace di liberarmi del veleno che mi è stato propinato. E ora?
Il volto amaro del cuore piange fiele per ciò che ha ricevuto, ciò che ha dato e per il mondo che ha creato. Il volto dolce piange quel miele che agogna dal mondo e pretende di regalare al mondo, almeno a certe persone. Di quel fiele velenoso e del caldo miele si nutre la rosa nera.
Avvolta e stretta al cuore, come le coronarie lo sono al miocardio. I petali e le foglie si nutrono del miele, crescendo rigogliosi. Le spine, puntate verso il mondo e verso il cuore, crescono alimentandosi di veleno, lo stesso che ha tolto colore ai petali.
Quando il cuore vuole gonfiarsi e battere, le spine lo trafiggono. Quando vuole abbandonarsi al destino, il fiore reclama nutrimento. Tanto le spine distruggono, quanto il fiore costruisce, originando un equilibrio precario non tra amore e odio, che sono dominio di entrambi i volti, ma tra vita e apatia. Una guerra antica che ogni giorno si ripropone, sempre uguale.
Per quanti colpi possa ricevere un viso, l'altro diventa più forte. Per quanto amore riceva l'altro, il primo aumenta la diffidenza. In questo contesto agiscono altre due forze, ugualmente contrapposte e dissimili: mente e istinto, i due balordi che a turno influenzano le facce con paranoie, speranze, amore, rabbia, etc.
È forse questo lo scopo della vita: imparare a prenderla in mano e diventare padroni di sé, a prescindere da tutto? Scegliere una via e perseguirla fino alla fine, seguendo mente, cuore e istinto? Alla prima il comando delle operazioni, al secondo le motivazioni e al terzo la sopravvivenza.
Infelice è chi segue solo la mente.
Folle è chi segue solo il cuore.
Pericoloso è chi segue solo l'istinto.
Guarda quella persona e guarda uno specchio. Capisci cosa vuoi da lei e cosa vuoi darle e datti una risposta. Non temere ciò che provi, fallo con intensità, senza dimenticare il primo passaggio e dalle quel che ti da. Infine, annusala; certe cose che la mente ignora e il cuore non sente, sono dominio del programma di base, volgarmente chiamato istinto. Fatto ciò, vai! Che finisca bene o finisca male, nessuno potrà giudicare, nessuno potrà dire che non hai vissuto.
Marco Drvso
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