sabato 12 settembre 2009

Tutte le volte che non sono stato io

Tante volte mi è capitato di non essere genuino nei rapporti con gli altri, indossando una maschera che celasse chi sono in realtà. "Tante volte" non vuol dire sempre!!!! Nel mio piccolo mi sforzo di essere il più vero possibile.
In tante piccole cose, interpreto una parte fastidiosa anche per me. Molte certezze che il mondo ha su di me, sono frutto di maschere.
Di solito, la maschera cade quando si arriva ad una certa confidenza. In altri casi cade subito. In altri ancora è ben salda sul volto.
Le stesse maschere che ho indossato con l'unica persona con cui fui genuino fin dall'inizio, ma per un reciproco fraintendimento (così frainteso che ancora non capisco), ho smesso di essere me e da quel momento è stata una lunga agonia fino a Tokyo. Io che vedevo nei suoi atteggiamenti dei dispetti e lei che vedeva nei miei delle cattiverie. Questo capita quando la comunicazione è fallace o viziata.
In tante piccole cose sono falso e qui cado in uno dei più famosi paradossi della storia, quando affermo, in verità, di essere un bugiardo. Più che un bugiardo, direi uno da mezze verità.
Un esempio eclatante è il mio dichiararmi di estrema destra. Non nego le frequentazioni di persone legate alla destra, che più destra non si può, e di condividerne molte idee. Il problema è che se analizziamo il mio pensiero sociale e politico, io sono, pesantemente, anarchico. L'anarchia di ognuno faccia quel che vuole, nel rispetto della collettività. La gente non deve evitare il crimine perché preoccupata per la pena: gente non deve delinquere perché è sbagliato, tanto per fare un esempio. Non mi vergogno ad affermare che sono talmente misantropo che non credo che si possa raggiungere la società perfetta, senza imposizione. Naturalmente, cadendo in un altro paradosso.
Mi limito sempre alla prima parte del pensiero, cioè destroide, senza mai spiegare che non sono razzista e credo in un mondo fatto di popoli che coesistono in armonia, senza bisogno di capi. Anche il concetto di patria: il mio si riferisce alla cultura e alle tradizioni, che ognuno di noi ha e ha il dovere di mantenere vive. Idem per il concetto di razza: credo che esistano le razze e sono legate alla cultura, più che alla genetica. Quando dico di essere fieramente bianco, non vuol dire che mi sento appartenente alla razza eletta (ammesso, per assurdo, che ne esista una), bensì è un ribadire il mio essere fiero di me in quanto individuo appartenente ad una cultura e una tradizione, con pregi e difetti, che ha tanto da dare e tanto da ricevere a e da altre culture. Se così non fosse, non mi prenderei la briga di studiare altre lingue e viaggiare. Per i tanti omissis, risulto un mezzo skin malriuscito, quando sono tutt'altro...
Potrei citare altre decine di casi.
Le ragioni di questo comportamento sono da ricercarsi nella profonda autocritica che sto portando avanti dal 20 agosto. Mi scuserete, se ripeto, in parte, quanto ho già scritto.... Si chiamano parlare a sproposito, si chiamano insicurezza, più altri nomi, e sono tutte maschere inconsce che non mi rendo conto di indossare.
Le omissioni sono mezze verità, ma dal mio punto di vista, omettere e mentire si equivalgono. Tante volte mi lancio in omissioni (oltre a quanto sopra), perché sono in scazzo (omissioni volute) e non ho voglia di parlare troppo. Se telefono a qualcuno e mi si chiede il risultato, "niente" può essere "non ha risposto" o "niente da fare, non può"; il risultato finale è lo stesso. Altre volte ometto perché non penso che valga la pena spiegare pienamente il concetto. Tante volte non parlo, semplicemente perché anche se mi sono reso conto di essere stato frainteso, sono stanco di essere contraddetto sempre e lascio cadere, magari facendoci una figuraccia. Penso a quando a Tokyo ho detto che il cameriere ha confuso le ordinazioni e quando ho capito che tutti avevano capito il contrario, non avevo voglia di spiegarmi; non ne valeva la pena. Idem per una certa questione sigarette prima di prendere il treno... Sovente sono accaduti fatti simili, con persone diverse. Quante volte ho perso il diritto alla ragione, per non aver voglia di chiarire il mio pensiero.
Mi si riconosce quando sono nervoso o stanco, perché mi mangio le parole e le frasi risultano incomplete.
Dicono che cado sempre in piedi. È uno dei miei difetti. Tante volte, però, il mio dare spiegazioni è legato al fatto che so di mangiarmi le parole e so quanto sia facile fraintendere il mio atteggiamento. Ho una personalità complessa che tante volte mi crea problemi nel relazionarmi, al di fuori del campo lavorativo, in cui il ruolo mi permette di giocare bene.
Sovente, indosso le maschere peggiori, quelle volontarie, davanti a persone verso cui non ho più interesse. Mi fingo idiota, per allontanarle. Penso ad un certo museo, il giorno dopo in cui ho disertato una festa. Non volevo litigare e dire che non ero venuto per come si era comportata dopo le mie scuse. Avrei voluto litigare e sbatterle in faccia il modo in cui mi ha passato un certo programma musicale, con due dita, come se toccasse merda (la ciliegina sulla torta di merda che mi aveva fatto ingoiare al mio compleanno), più un altro paio di cosette, ma sapevo che non ne sarebbe valsa la pena. Ho preferito recitare la pantomima del paranoico. Purtroppo, con la sola persona con cui avrei dovuto spiegarmi, ho mantenuto la parte. Tante volte si fa il coglione per non andare in guerra, soprattutto se la guerra è inutile.
Ammetto che del suo comportamento sono colpevole anche io.... ma questo è già stato scritto.

Il solo luogo in cui riesco ad essere soltanto io è qui, mentre scrivo. Mentire o omettere nello scritto è, dal mio punto di vista, quanto di più immorale ci sia al mondo. Quando scrivo, almeno, non ho il problema che il pensiero sia confuso, perché basta leggere tutto (in alcuni casi anche i post precedenti a quello in esame).

La cosa che più odio è quando il momento di genuinità è confuso. Quando provo a chiedere scusa e, per la solita insicurezza, parto con delle spiegazioni. Non è cadere in piedi, è partire in modo da non essere frainteso. Detesto non essere capito e più mi sforzo a parlare chiaro, più giro intorno alla questione. Questo è un altro dei difetti da correggere.

In questi giorni inizio il post con un argomento, poi, come Pindaro, passo di palo in frasca. Fa parte della difficoltà di leggersi dentro, dopo essersi visti allo specchio. Crescere e migliorare è sempre più un lavoro a tempo pieno.
Il bello del blog è che non cancello mai un post pubblicato, quindi posso tornare indietro e rileggere, affrontando il mio pensiero. Una valida valvola di sfogo e un ottimo modo per studiare sé stessi, attraverso il mezzo con cui ci si butta nudi nel mondo e, speriamo, migliorare.
Certo che, qualche volta, un commento non farebbe male....

Marco Drvso

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