venerdì 16 ottobre 2009

Senza Dio

La parola ateo deriva dal greco, composta da α- privativo (non, senza) e θεός (dio), letteralmente significa "senza dio".
Di ateismo ne esistono decine di tipologie, come per le religioni. Io seguo la mia personale idea.
Non ho mai creduto in un ente che di sua sponte, senza ragione apparente, abbia scelto di creare il mondo. Da piccolo ho provato a immaginare quest'entità, persa nel nulla, prima del tempo, che non avendo null'altro da fare, ha originato il tutto. Entità fantasiosa che dalla sua mente ha tratto l'incalcolabile e stupenda molteplicità delle cose dell'universo. Una volta creato un universo bello complesso, pare in qualche giorno (già qui ci si potrebbe sbizzarrire sul concetto di tempo, ma evito), pare abbia avuto la bella idea di creare la vita, infine noialtri, a sua immagine e somiglianza (il che è tutto un dire su di lui). Stando ai bigotti più estremisti, avrebbe creato un intero universo solo per noi miserabili tapini umani che, in quasi tutte le religioni, sono sempre pronti a farlo incazzare (secondo i monoteismi, la nostra capacità di innervosirlo, tradirlo e ferirlo, raggiunge livelli parossistici, vedi l'esempio di Cristo): che spreco di spazio.
Premesso che quella dei sei giorni mi è sempre parsa una bella fiaba, considero i dati scientifici e la mia esperienza personale e mi risulta molto più semplice e credibile pensare a un qualcosa scaturito da un nulla (questo termine non è dei più adatti, lo si consideri una licenza poetica) che ha iniziato una sua evoluzione, durata, a quanto pare, quindici miliardi di anni e ancora in atto.
Tolta l'ingombrante presenza del creatore, il padre di tutto, non ho alcuna entità cui rivolgere il grazie di esistere, tranne chi mi ha materialmente messo al mondo (so quanto il generare sia vero amore o puro egoismo... sentendo i discorsi di molta gente, propenso per la seconda). Non ho una entità da venerare, in modo da garantirmi un posto al Sole post mortem. Non ho l'amico immaginario, cui chiedere favori nei momenti bui e soprattutto: non ho nessuno che ha stabilito leggi di condotta cui attenermi. Che sfiga!
Non posso approfittare della coscienza preconfezionata e mi tocca fare i conti con la mia. Non ho neanche il piacere di trasgredire ai dettami, talvolta assurdi, di questo parzialissimo giudice della nostra vita. Non posso divertirmi ad andare contro un essere, che crea un mondo di delizie, poi dice di non toccarle, per poter godere della sua stima nell'al di là. Un tale che inventa il sesso, lo fa bellissimo, poscia annuncia che è peccato, quindi non va fatto... ma vaffanculo! Ritenere che l'evoluzione lo abbia reso piacevole, onde garantirsi un sistema per mandare avanti la vita, mi sembra molto più sensato.
Le vie del signore sono infinite e, aggiungerei, perverse.
Tralascio ogni possibile disquisizione su bene, male ed eventuali signori del male, sarebbero solo macchinazioni logiche e giochi sintattici che renderebbero lungo e pesante il post, con ripetizioni su altro di cui ho già scritto.
Prima seccatura di essere ateo è dover usare il proprio cervello. Se mi chiedo da dove vengo, devo arrabattarmi tra le varie teorie che la scienza ufficiale e non, propongono. Se cerco una morale di vita, mi tocca capire cosa c'è nel mio animo e confrontarmi con il prossimo, oltre ai grandi pensatori che, per fortuna, si sono posti domande prima di me e possono aiutarmi con le risposte. Un credente dice "non rubo, perché dio lo vieta". Un ateo afferma "non rubo, per tutta una serie di motivi, convinzioni, etc".
Se mi si chiedesse se penso che possa esistere una coscienza dell'universo, risponderei di sì. Nulla di dimostrato, solo un'idea cui sono giunto mediante mera speculazione. Credo che l'universo sia, in sostanza, un unico corpo composto di parti in reciproca interazione (scientificamente dimostrato) e non mi sembra così assurdo pensare che l'insieme dell'energia vitale, dei pensieri, emozioni, etc, possa, in qualche modo, esistere in una sorta di memoria ancestrale dell'universo (il logos di Eraclito). Un pensiero romantico che non sarà mai un mio dogma.
Quivi si giunge, infine, alla differenza abissale tra il vero ateo e il credente: il dogma. Qui il mio ateismo si trasforma da semplice idea sul mondo a stile di vita. Io non ho dogmi, rifiuto gli assoluti.
Di fedi ne esiste una infinità, non solo religiose. Su molti campi, anche scientifici, giocano persone legate a certezze assolute, convinzioni granitiche che non mi appartengono.
Ho visto scienziati con i paraocchi, appassionati di politica incapaci di guardare oltre l'ideologia, tifosi di fazioni che non accettano la critica della propria, né il complimento della fazione avversa. Non parliamo dei bigotti... Tutti mi sanno dire che non esiste la formica di diciotto metri.
Fin da piccolo mi hanno insegnato che pensare è il fondamento di tutto, poi ci sono cultura e esperienza, il resto viene dopo.
Non sono capace di appoggiare un pensiero in modo acritico, né eseguire un ordine, se questo non mi viene spiegato. Vivo con il tarlo del dubbio che mi pungola e mi spinge a guardare oltre e questo mi ha permesso di seguire la strada che ho scelto.
Quando ho commesso del bene, come quando ho fatto del male, erano scelte consapevoli, di cui sapevo che avrei pagato uno scotto, il tutto fatto in coscienza. Mi si può accusare che fossero seghe mentali, ma seghe in cui ho creduto, dopo attenta analisi. L'ultima è stata la scelta di comportarmi in un determinato modo con una persona, affinché si rompesse ogni rapporto. Ho recitato un ruolo fastidioso per 4 mesi, affinché avesse un'immagine distorta della mia persona, in modo da liberare entrambi dal circolo vizioso in cui ci eravamo messi, fatto di incomprensioni e scarsa comunicazione, di cui riconosco le mie colpe.
Ho fatto bene? Ho fatto male? Non lo so. Posso aver sbagliato, il bello di non avere assoluti è la possibilità di sbagliare. Sega mentale e paranoia? Forse. Il fatto oggettivo è: sono stato male, ma ora siamo entrambi felici e distanti. Una mia scelta, dettata dalla mia morale, di cui mi prendo ogni responsabilità e di cui ho pagato lo scotto e di cui ho colto i frutti, anzi la Stella...
Non ho un dio che mi giudicherà e punirà o premierà, mi bastano lo specchio e la mia coscienza. Certe volte vorrei quel giudice esterno, perché sovente, io sono di me un giudice molto severo e un carnefice inflessibile.
Come sempre, scrivendo mi capita di gettare lo sguardo verso la mia libreria e sorridere verso Pirandello, Mussolini, Gramsci, Voltaire, Dante, Adam, etc compresi testi religiosi, da cui ho attinto le informazioni e su cui ho costruito la mia morale, il mio pensiero.
Amo perché sento di amare, lotto perché lo ritengo giusto, tutto senza bisogno che altri mi dicano che è giusto o sbagliato. Questo è il mio ateismo: prendere quel che il mondo mi da ed essere un setaccio, non un secchio, che seleziona ciò che arriva e salva quanto di "buono" vi sia, con la consapevolezza che potrei anche cambiare idea, un giorno: il magnifico divenire che ho scoperto in oriente.
Uccidendo i dogmi, mi pongo in una situazione di assoluta prossimità con il mondo reale, fato di continui cambiamenti, noti come evoluzione, legati alle sole leggi che rispetto, quelle della natura. Vivo quel breve attimo che mi è concesso, conscio di esistere nell'eternità del cosmo e di ciò che vi è fuori. Sono un gruppo di atomi che si è unito e chiamano Marco, atomi che esisteranno anche dopo e che esistevano prima di chiamarsi Marco.
Non ho nulla da cui essere salvato, non ho bisogno che mi si prometta l'eternità e di leggi cristallizzate non so cosa farne, perché la salvezza è affrancarsi dalla propria follia, seguendo un cammino che sia il più possibile proprio, nell'eternità esisto e ne faccio già parte, con il suo continuo divenire che non accetta assoluti incrollabili; anche le montagne si sgretolano, i soli si spengono, i buchi neri evaporano e il pulviscolo spaziale diviene un nuovo Sole con i suoi pianeti e le sue forme di vita. In tutto questo, dio non ha ragione di esistere.

Marco Drvso

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