martedì 14 giugno 2011

Senza parole

Questo post non tratterà, direttamente, un argomento specifico. È fuori tempo come la puntata di vespa di cui ho letto su facebook. Lui parla di omicidi, io scrivo di altro, nel giorno in cui dovremmo festeggiare e parlare del referendum (cosa che ho fatto e non posso spiegare a parole quanto ho goduto, né quanto sia fiero di appartenere alla percentuale di italiani che si è svegliata dal torpore o non si è mai addormentata).
Voglio levarmi un sasso appuntito dalla scarpa, l'ultimo rimasto, quello più doloroso. Scriverò di un post senza parole, che tante volte ho avuto la voglia di scrivere e che mai ho redatto completamente, né pubblicato, ovviamente.
Forse non ho mai scritto quel post, perché era rivangare inutilmente un passato doloroso che mi ha accompagnato tempo e quando non ho sentito più quella fitta al petto, non valeva la pena farlo. Di sicuro, non ho mai scritto quelle parole, perché potevano ferire la persona che occupa il mio cuore, anche se lei dovrebbe sapere che sono solo resti di cose non dette che tormentano il ricordo del passato e che nulla hanno a che fare con il presente e il futuro. Non ho scritto quel post, perché la diretta interessata non lo leggerà mai. Non ho scritto quel post, perché non mi andava.
Quante cose avrei voluto scrivere in quel post. Cose sentite e vere, che non aveva più senso trattare. Fiumi di parole per assecondare il mio fabbisogno di depressione che mi aiuta a scrivere. Fiumi di parole per parlare del tuo sorriso.
Ora che è giustamente giunto il momento del vero addio, mi sembra d'uopo chiosare la vicenda, riflettendo sulle parole mai dette né scritte.
Non ti ho scritto (né detto; mettete un detto ad ogni volta che leggerete "scritto") che, anche se mi mancavi come l'acqua al deserto, mi avevi fatto talmente male che quando avrei potuto ritentare, non ho avuto la voglia di farlo. Non ti ho scritto che ho anche bei ricordi di te. Non ti ho scritto che quando poteva nascere la pace, ho voluto tenerti lontana per tante ragioni e la prima era che non volevo ricascarci, perché chi ne avrebbe pagato lo scotto più grave sarebbe stata quella dolce stella che mi ha raccolto quando per orgoglio e scazzo ti ho lasciata andare via, anziché assecondare il tuo gioco al massacro. Mi ha raccolto mentre fingevo spavalderia e di nascosto leccavo le ferite, mostrandomi il bello di un sentimento che credevo perso.
Forse mi sarebbe bastato alzare la voce o, successivamente, spaccare la faccia a chi sai tu, ma non ho fatto nulla di questo, perché sentivo che non ne sarebbe valsa la pena, perché avevo già raggiunto il punto di saturazione e quando mi hai detto "ci siamo conosciuti nel momento sbagliato": l'universo sa quando colpire ed è stato meglio così. Se ho lasciato che le cose andassero così, forse non ero così innamorato o forse l'istinto mi tratteneva. L'istinto ha sempre ragione.
Ed ora che siamo prossimi all'addio, testolina matta, terrò per me il fatto che mi mancherà la tua amicizia.
Non si volta chi a stelle è fisso.


Marco

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo post, dice tanto...
Sicuramente, nonostante tutto, ha lasciato dentro di te una traccia indelebile... Alcune persone, non si possono cancellare..e nemmeno lo vuoi credo... L'importante e cogliere ciò che di buono (e anche meno buono) ci hanno dato queste persone e farne tesoro.. Non so se ti ho già postato questo link..ma se vuoi dagli un' occhiata..

http://artemisia1984.blogspot.com/2010/09/una-ragione-una-stagione-o-tutta-la.html