giovedì 7 luglio 2011

Andiamo avanti?

Come tanti altri, ho scelto la rete come mezzo privilegiato, ma non unico, per informarmi. Non fosse altro per la comodità nel reperire ogni informazione quando ne ho bisogno e per il grandissimo pluralismo.
Leggo vari siti di informazione indipendente e i siti dei giornali e delle maggiori testate mondiali, possibilmente di area politica diversa. Guardo i il tg, limitandomi al tg3, il tg la7 e rai24, non per questioni politiche, ma perché gli altri sono troppo farciti di informazioni non richieste che non mi interessano. Del culo di Pippa, del grande fratello, della dieta estiva, del costume della tal modella o di chi si scopa Clooney, mi interessa quanto la guerra in Libia potrebbe interessare un pinguino dell'Antartide, ovvero: tra niente e un cazzo. Guardo anche programmi di informazione e la mattina non inizia bene, senza la rassegna stampa di Radio Marconi.  Nonostante la vasta offerta, però, la rete è il primo medium d'informazione.
Oltre alle questioni citate nel primo paragrafo, c'è da considerare la questione, non secondaria, di una certa censura mediatica, in atto in molti paesi da molti anni, a partire dai regimi, ad arrivare alle cosiddette grandi democrazie, passando per l'Italia. Questione su cui si sono spesi ettolitri di inchiostro e chilometri quadrati di carta, su cui non intendo spendere altre parole. Anche uno con il quoziente intellettivo di trota Bossi può capire che c'è.
Ci sono siti di informazione di ottimo livello che amo leggere o guardare, nel caso sia redatto con filmati. Siti, giornalistici, blog vari, ognuno con una propria impronta, che forniscono informazione di buon livello, privi del controllo di un editore (non voglio demonizzare la figura dell'editore, anzi ci sono stati grandissimi editori liberi) e, soprattutto, dei finanziatori che spingono l'informazione verso ciò che gli interessa. D'altro canto, non si può parlare di tutto. Il bello della rete è la possibilità di creare una testata con pochi soldi, che si possono raccimolare con donazioni, sponsorizzazioni non invasive, etc. Altra questione è la necessaria autorevolezza di cui deve godere l'autore o il sito. Qui non c'è modo di rifarsi una verginità grazie ai soldi del padrone: se scrivi cazzate, il pubblico ti distrugge.
Non nego di apprezzare la lettura di qualche sito complottista. Molti sono spazzatura, ma certe questioni, signoraggio e scie chimiche ad esempio, meritano un approfondimento.

Ultimamente, però, sto trovando fastidiosa anche l'informazione in rete. In primis perché ad apertura di molti articoli c'è spesso l'accenno alla questione della notizia insabbiata di cui le testate maggiori non parlano. "Va bene! Lo sappiamo!" mi vien da rispondere e salto d'ufficio il primo paragrafo, andando alla notizia. Altra cosa che mi disturba è la presunzione d'avere la verità. Io cerco fatti certi, non la Verità. Nell'informazione si ricerca cosa sia successo ed, eventualmente, un approfondimento o una lettura critica del fatto, che è bene che siano staccati dal pezzo.
Lo so che c'è censura, ad esempio per leggere qualcosa della centrale andata a fuoco in Francia, mi è toccato leggerlo su Le figarò, perché nessuna testata di rilievo in Italia ha accennato la questione. Non serve ripetermelo.
Altra cosa che mal digerisco sono i toni rabbiosi. C'è spesso una vena di rabbia, contro i cattivoni del "mondo esterno", sempre pronto a scagliarsi contro "il popolo della rete". Tutto è male, tutti sono cattivi: che palle! Se ho smesso di leggere Grillo, c'è un motivo: questo.
In particolare, è questo mantra del popolo della rete che mi ha stufato. Da dopo il referendum è un continuo (scusate la prossima espressione) rimirarsi l'uccello e dirsi quanto è bello. Un continuo sparare a zero, senza proposte accettabili. Esistono persone che stanno lanciando proposte valide ed io le ascolto, ma stanno diventando una nicchia, nel mare degli arrabbiati.
Il piangersi addosso per la censura e la "cattiveria" altrui, questa rabbia non ben focalizzata, pronta ad esplodere su chiunque e il continuo menarsela su quanto si è belli e liberi, non fanno bene all'informazione libera, anzi, la fanno sembrare quasi un tg4 autogestito. Così non si va da nessuna parte.
Vogliamo andare avanti?

Marco Drvso

Io non mi occupo di informazione, proprio per queste ragioni. Preferisco scrivere i miei pensieri per i pochi lettori che mi seguono che sanno che non possiedo la Verità e che ogni mia parola è frutto di un mio ragionamento, esposto secondo il mio punto di vista.

3 commenti:

Billie MacGowan ha detto...

come al solito, grande stima (e non rimirartici l'uccello che la cosa diventa preoccupante) e grande comprensione dato che queste sensazioni le provo io stesso. Nella mia estemporanea carriera di polemico su facebook mi sono trovato spesso attaccato a zero perché ho sollevato dei dubbi su quanto fosse veramente positivo il raggiungimento del quorum (non che fossi contro, anche se ho votato no su due quesiti: il referendum non è una gara, è una consultazione), e penso questo sia derivato dall'atteggiamento dei mezzi di comunicazione online, per esempio. Purtroppo c'è la presunzione che il solo fatto di fare controinformazione sia sufficiente per dare credito alle opinioni cosiddette alternative, che il solo fatto che una cosa sia "qualcosa che i giornali non hanno detto" sia A: segnale di censura B: segnale che la notizia sia per forza vera. Sono scettico e dubbioso per natura, ma ammetto che sono ancora più scettico verso molti di questi siti di informazione. Poi, come dico sempre, c'è un problema: si grida alla "libertà di informazione" e alla "libertà di stampa", ed è giusto che si faccia. Ma ci si dimentica sempre dell'altra faccia della libertà: la responsabilità di stampa, la responsabilità di ciò che si scrive. Perché la libertà senza responsabilità è solo un altro fascismo.

Billie MacGowan ha detto...

ps: aggiungo: ogni giornalista, ogni persona che si arroghi il merito di "fare informazione", dovrebbe leggere gli scritti spagnoli di Orwell. Un monumento alla ricerca della "verità" e dell'"integrità", un documento dei danni dell'informazione eccessivamente partigiana e irresponsabile. A Milano, una delle capitali della stampa italiana, via George Orwell è una via corta e brutta in uno svincolone a Rogoredo. Vorrà pur dir qualcosa.

Drvso ha detto...

Che bella mazza che tengo ;-)
Almeno tu polemizzavi con argomentazioni e con la possibilità di discutere, non come altri che si lanciavano in commenti di pessimo gusto, urlati e fuori luogo (ammetto di aver censurato un paio di persone e una la conosci, perché non ne potevo più).