venerdì 4 novembre 2011

Dividi et impera

Il classico detto latino che nasconde grande saggezza, dietro una ovvietà clamorosa.
Come tutti (almeno spero), sto seguendo con molto interesse lo svolgersi delle vicende di cronaca, riguardanti l'attuale momento di sofferenza economica di molti paesi, soprattutto dell'Italia. Preferisco chiamarla sofferenza economica, piuttosto che crisi, perché lo considero più corretto dal punto di vista grammaticale e etimologico. La crisi (dal greco krìsis, scegliere) presuppone di trovarsi davanti ad una scelta, ma lo scenario non è di scelta, bensì di sofferenza cagionata da un sistema che è andato a rotoli. La scelta, a ben vedere, riguarda il modo in cui uscire dalla situazione.
Ho sentito ricette di ogni tipo e, con molta presunzione, ammetto di averne proposto qualcosa anche io, in post precedenti, ma non è questo l'oggetto del mio pensierino serale. Da un po' mi sto arrovellando su una questione apparentemente marginale, che potrebbe rappresentare la vera crisi cui stiamo andando incontro.
Sentendo i discorsi di molti, leggendo post su blog, messaggi su twitter e facebook, vedendo trasmissioni televisive, leggendo i giornali, insomma: scartabellando tra i media e sentendo le persone, ho notato qualcosa di ancora indefinito e sottovalutato, ma pericolosissimo. Mai come oggi siamo divisi e pronti a dar via di matto.
Vedo una radicalizzazione pericolosa delle posizioni di un numero preoccupante di persone, quasi un arroccamento, che è dannoso per un sano confronto. Prendo parte e assisto a discussioni in cui ognuno è più preoccupato di difendere la propria versione dei fatti, piuttosto che ascoltare quella del proprio interlocutore; discussioni inutili perché non arricchiscono gli interlocutori, ma li allontanano ulteriormente. A cosa serve confrontarsi, se si parte dal presupposto che il proprio interlocutore sia un imbecille e le sue idee siano solo cazzate?
A tutto ciò va aggiunta l'enorme aggressività, che sta montando nella popolazione. Aggressività che i media stanno fomentando con ammirevole diligenza. Oltre alla rabbia nei confronti delle istituzioni, vedo alimentare la rabbia tra le varie classi sociali, gruppi ideologici, etc.
A tal proposito mi sono posto una domanda: a chi giova?
In un momento come questo, bisognerebbe cercare di essere uniti e trovare soluzioni ragionevoli ai problemi che ci attanagliano. Soluzioni che prevedano l'abbandono dell'attuale paradigma economico e si allontanino il più possibile dalla follia proposta dal FMI (noti strozzini che prestano soldi agli stati, riducendoli in schiavitù; che un rinsavimento generalizzato ci scampi dal prendere soldi da quella gente) e da altre istituzioni mondiali. Uniti verso un obiettivo lodevole, questa è la sola strada che reputo accettabile.
Non serve violenza per cambiare il mondo. Pensiero che ho espresso in 3 degli ultimi 5 post.
Tornando al "a chi giova?" mi sono dato delle risposte e lo scenario supposto non è dei migliori. Folla inferocita significa leggi speciali, repressione e libertà dei governanti di fare quel che vogliono, salvo non scoppi una vera rivoluzione (cosa assurda in Europa, per varie ragioni). Folla inferocita, divisa al suo interno, significa: incularsi con le proprie mani e mandare a farsi benedire la democrazia.
Immaginate quanto ci voglia per bloccare una folla, fomentata dal potere (vedi trasmissioni televisive che, in maniera quantomeno curiosa, lanciano messaggi rivoluzionari, dalle televisioni del governo), con infiltrazioni di vario genere al suo interno (non è fantapolitica: Cossiga insegna). Una massa di persone che, pur cercando una soluzione, ha scelto la via più sbagliata e non la sa applicare. La violenza funzionerebbe solo se la massa fosse coesa e compatta, ma a quel punto basterebbe solo lo spauracchio di disordini, senza giungere ad atti riprovevoli.
Al contrario, una folla divisa può diventare facilmente uno strumento del potere. Ammesso che riesca a rovesciare l'ordine costituito, si annienterebbe da sola in lotte intestine, come insegna la storia. Se non riuscisse nel suo intento, consegnerebbe il pieno potere a chi vorrebbe rovesciare. In questo vedo il disegno di chi controlla i media e, mi spiace rovinare il bel sogno di molti, internet non ne è immune.
Ed eccoci giunti alla krìsis: fermarsi a riflettere, appianando le divergenze, cercando una soluzione condivisa e cambiando il mondo, finalmente, in modo civile e pacifico, oppure partire come un'onda priva di controllo, pronta ad infrangersi sul primo scoglio, suddividendosi in mille rigagnoli inoffensivi.
Il mio pensiero, a tal proposito, è chiaro, anche a chi non ha letto tutti i 555 post del blog. Ci stanno dividendo e facendo incazzare: fermiamoci, prima di farci male da soli.


Marco Drvso

4 commenti:

connie ha detto...

Quando l iniquità sociale diventa preponderante in una società, il dialogo con le istituzioni diventa impossibile, e anche se sfoccia in fenomeni violenti lontani dalla democrazia, come non comprendere l esasperazione delle masse.il cambiamento passa per una rivoluzione
e non c è rivoluzione che non lasci qualche strascico violento purtroppo.
Vorremo tutti attuare un cambiamento
magari prendendo esempio da gandhi, ma così non sarà, abbiamo toccato il fondo, la risalita è estremamente difficile e i problemi
gravano sempre sugli stessi,che certo visto le condizioni vessanti
saranno sordi almeno quanto questo governo che non ci governa e che pensa esclusivamente ai propri interessi.

Drvso ha detto...

L'ira che sta montando è comprensibile, ma non accettabile. I danni di tale ira potrebbero essere ben più gravi del sistema stesso.
Quando parlo di interloquire, non mi riferisco ad un dialogo tra chi comanda il paese e il popolo (temo sarebbe solo utopia), ma tra le varie componenti del popolo. Se per un momento si lasciassero perdere il colore politico, la provenienza geografica, il censo, il tifo e via discorrendo, si potrebbe ottenere quella massa critica che può dare inizio al cambiamento: una vera rivoluzione, di portata copernicana.
Il potere è del popolo, ma il popolo fa di tutto per non esercitarlo, purtroppo.

connie ha detto...

Hai ragione, ma ci sono situazioni contingenti e quotidiane dove tu devi barcamenarti tra mille problemi per riuscire a campare e temo che il dialogo nel pensiero di queste persone sia veramente l ultimo dei suoi problemi.Ci vogliono soluzioni veloci e concrete da parte del governo. (per fare un esempio banale prova a comunicare con chi non ha mangiato da un paio di giorni)

Drvso ha detto...

Il tuo discorso non fa una grinza, però non si può fare affidamento sul governo, in questo momento: deve essere la popolazione a unirsi.
Noi, nessuno escluso, deve fare la sua parte e arrivare uniti al momento della verità. Il problema è che non c'è unione tra noi e su questo campano le late sfere.
Chi ha fame, sicuramente, non ha la voglia e la possibilità di parlare, ma non può neanche lanciarsi come una fiera affamata contro altri affamati, perché è controproducente per tutti e ne traggono vantaggio i soliti noti.
Dopo che hanno spaccato tutto, il solo risultato che ottengono è avere ancor più fame.