Fin da piccolo ho la visione del mondo, come qualcosa di limitato ai nostri sensi. Tutti noi abbiamo il nostro piccolo microcosmo, di cui siamo il centro; infiniti centri di infiniti universi che coesistono e interagiscono, aumentando la dimensione reciproca. In base a quel che abbiamo dentro e che buttiamo fuori, creiamo il nostro piccolo mondo, influenziamo quello altrui e siamo influenzati dagli altri (non siamo sistemi chiusi). Fondendo due massime di Platone ed Edison, si potrebbe riassumere in: ispirazione e traspirazione sociali.
L'esperienza e il contatto con altre persone crea e plasma il nostro mondo, spesso in maniera inattesa. Io sono sempre stato un cane sciolto, lontano da ogni branco, che vagando di dove in dove è entra in contatto con le realtà più disparate. Nel mio essere un elemento vagamente antisociale, ho avuto la fortuna di condividere il cammino, anche per pochi passi, con persone tra le più diverse. Amici di lunga data, amori, maestri (ho avuto grandi maestri), colleghi, vicini, conoscenti, incontri casuali, letture, sono sempre state buone occasioni per ampliare la mia visuale e imparare qualcosa.
Ricordo di un viaggio in treno verso Trento, in cui incontrai un signore con cui ebbi un meraviglioso dialogo sull'incompenetrabilità della materia, applicato al principio primo dell'universo, in un sistema di scatole cinesi di universi possibili (messa così non ha gran senso, ma dovendo riassumere al massimo...). Quel giorno ebbi una epifania e vidi crollare le mura di quell'universo "Marcocentrico", a favore di un enorme Tutto, in cui ogni singolarità diventava parte di un qualcosa di ampio, multiforme e unico. Gli altri smettevano di essere entità distanti, divenendo proiezioni di me ed io diventavo proiezione di loro, in un gioco di specchi, deformati dal pensiero individuale. Una sola grande entità, una vibrazione d'energia, che sperimentava tutte le possibili variazioni di sé, in simultaneo, dimenticando volontariamente il suo principio, per poi tornarvi, carica di sapienza. Granelli di sabbia che formavano pianeti, sistemi solari, galassie, un tutto che giunto alla massima visione, si riduceva ad un punto: tra tutte le entità geometriche, la mia preferita.
Entità che suddivisa in miriadi di fiammelle crea il mondo, in maniera più o meno incosciente, accrescendo il proprio sapere, alla ricerca di qualcosa, sperimentando qualcosa di nuovo, sempre. Per semplificare meglio, prendo a prestito la bellissima scena de "Il cielo sopra Berlino" di Venders. I due angeli parlano, sopra un ponte, ricordando il susseguirsi delle epoche, finché giungono al momento in cui compare l'essere umano e uno dice "con lui potemmo ridere". Vi ho linkato il pezzo, perché merita e spiega benissimo quanto qui sopra.
Quel film, come altre cose importanti, è stato un lungo rimando nella mia vita, finché giunto all'età giusta mi è caduto tra le mani. Ho dovuto attendere, per un motivo o un altro, 20 anni per vederlo e come quel dialogo in treno è arrivato al momento giusto.
Purtroppo, tra i miei tanti difetti, c'è la difficoltà di stare fermo in una situazione: diciamo pure che non sono capace di uniformarmi, né fare parte integrante di un gruppo, la mia individualità e la spinta all'isolamento ha sempre il sopravvento.
Altro difetto è l'essere un pessimo studente. Io sono di quelli che se il professore spiega 10, capisco al volo il fulcro del discorso, tralasciando il contorno, all'esame dimostro di sapere 5, ma dopo anni ricordo tutta la lezione, dopo averla sviscerata attraverso altre situazioni e applico quanto appreso, in contesti apparentemente distanti. in sintesi: prendo un pessimo voto, ma ho imparato bene. Come per ogni cosa, ci vuole tempo per capire e far proprio il concetto, così quel meraviglioso dialogo, che subito mi aveva dato grandi idee, si assopì, coprendosi della polvere di altri pensieri e ricordi, in attesa di maturare. Non so se in ritardo o al momento giusto; solo il tempo può dirlo.
Il mondo fa schifo? Leggendo dei fatti di cronaca e politica, la risposta non può essere altro che affermativa. Solo oggi ci sono stati due fatti di sangue, in Europa, degni del peggior film splatter. Chissà cosa è successo nella mente di quelle persone? Chissà cosa gira nella mente dei creatori della crisi e degli incapaci che dicono che vi porranno rimedio? Chissà se siamo alle porte della terza guerra mondiale?
Chi ha fatto il mondo? Trascurando le possibili teorie scientifiche o i miti, legati all'inizio (ammettendo che non sia una ruota) fisico dell'universo, limitandoci al nostro microcosmo umano, facente parte del sistema Gaia, a sua volta parte del Sistema Solare e via discorrendo, lo abbiamo fatto noi. Badate: non creato, fatto. È l'umanità il demiurgo che ha plasmato il mondo umano, rendendolo la cloaca che è diventato, attraverso millenni di soprusi, false necessità, miti distorti, idee folli, azioni riprovevoli, etc, etc, etc. Noi abbiamo scelto, più o meno scientemente, con le debite interferenze da parte di altre singolarità umane, che il mondo debba essere così, che si debba essere homo homini lupus. Per fortuna, esistono anime che nel loro piccolo remano contro.
In tutto questo, quel che conta è il libero arbitrio: le scelte. Se non ci fosse il libero arbitrio, tutto il discorso svolto fin qui non avrebbe senso.
Sono le scelte a plasmare il nostro angolo di mondo e quello altrui. Scelte i cui effetti possono essere immediati o lontani nel tempo e talvolta sono di portata epocale. Pensate a quel professore che non ha ammesso un discreto paesaggista (certi suoi acquarelli sono pregevolissimi) all'accademia d'arte, innescando gli eventi che portarono alla seconda guerra mondiale. Anche per questa ragione, quando devo prendere una decisione, preferisco ritagliarmi il giusto tempo, soprattutto se tali scelte possono influenzare il mio e altrui destino (non perdo 40 minuti per scegliere i calzini). Il problema è che non sappiamo quali scelte saranno epocali. Solo uno tra migliaia di trombati all'accademia d'arte ha fondato il partito nazista.
Proprio per questo, il termine crisi ha nella sua etimologia la parola che in greco significa scelta.
Ricordo di scelte che parevano epocali e si risolsero in bolle di sapone e scelte apparentemente stupide, come un bivio in montagna, si risolsero in 6 ora d'attesa appeso ad un costone, in attesa dei soccorsi: motivo per cui non ho più finito la tesi. Di una sola cosa sono certo: le scelte di cui ci si pente sono quelle che non si prendono.
Quando scelgo tengo sempre da conto i fattori interni descritti qui e i segnali dell'universo.
Le scelte più dure sono quelle di cui non si può parlare. Non per imposizione esterna, ma per quieto vivere, perché i microcosmi vicini non capirebbero, a causa di preconcetti troppo radicati. Scelte su cui si medita da tempo, con il massimo grado di serietà e convinzione, durante il cammino che conduce a quel bivio, che compare quando meno lo si sarebbe atteso. Scelte epocali che possono condurre a quella meta di conoscenza cui agogno da sempre, a quelle risposte che cerco e la cui ricerca spasmodica, in certi momenti, mi ha fiaccato, ma la brama non si è sopita.
Pensate ad una popolazione chiusa in una grotta (non me ne voglia Platone), i cui componenti sono ben consci che al di fuori ci sono le stelle. Tra loro c'è chi guarda abitualmente le stelle, ma la maggior parte degli altri racconta leggende su chi le guarda, alcune sono terrificanti, e si guarderebbero dall'avere a che fare con loro, chiunque esso sia. Tra i cavernicoli c'è un personaggio che ha intravisto le stelle e da sempre cerca modi per vedere e sbircia coloro che le guardano. Col tempo scopre che la maggior parte delle storie sono miti e che tra loro è come nel resto del popolo della grotta: ci sono i buoni e i cattivi. Uno di loro, un giorno, incontra quel curioso e gli propone di vedere le stelle. Ecco la krisis: l'inaccettabile rinuncia alle stelle o guardarle all'insaputa degli altri, creando un angolo buio nella propria vita, rinunciando a quel briciolo di sincerità che renderebbe vana la ricerca dell'oro.
Nessun uomo è un'isola e ognuno è artefice della costruzione del suo pezzo di mondo e della coesistenza con gli altri pezzi di mondo.
Marco Drvso
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