mercoledì 18 luglio 2018

Hallucigenia e brontosauri

Quando si intrattiene una discussione, su qualsivoglia argomento, sarebbe cosa buona e giusta partire dal presupposto che si potrebbe anche dire una cazzata, a causa di dati incompleti, fanatismo nei confronti di una data scuola di pensiero o una visione troppo ristretta rispetto ad un quadro generale molto più ampio.

Per spiegare tale tesi, parlerò di due simpatici animali, ormai estinti, che sono stati al cento di ricostruzioni discordanti, diatribe e scoperte. Nel vasto mondo delle scienze fisiche e naturali ci sarebbero molteplici esempi, taluni esilaranti, come la disputa tra plutonisiti e nettunisti agli albori della geologia (la leggenda vuole che finirono a botte), altri fin troppo noti e discussi, come il confronto tra le idee di Tolomeo e Galileo, ma sarebbero lunghe, verbose e non aggiungerei nulla, solo noia.
Unico dettaglio che mi preme far notare è: Claudio Tolomeo (qualunque fosse il suo vero nome) non aveva torto, alla luce delle conoscenze dell'epoca e in un mondo dominato dalla fisica aristotelica, che non conosceva concetti base come gravità, relatività, contemplava l'idea di corpi assolutamente immobili ed era carente di strumentazione, il Mathematike syntaxis o Almagesto, che dir si voglia, era realmente la somma espressione della scienza astronomica. Persino Brahe, che per primo descrisse il moto dei pianeti come eliocentrico, dovette porre la Terra in un centro immobile, intorno a cui ruotava il Sole, contornato dai pianeti, perché il moto terrestre scandinava ogni nozione nota. La grande rivoluzione di Galileo non fu il sistema eliocentrico (di Copernico), ma lo smantellamento della fisica aristotelica e l'introduzione di concetti come le relatività.
I due simpatici animali di cui sopra sono lo hallucigenia e il brontosauro.
La lucertola del tuono, il brontosauro fu scoperto e descritto da Marsh, durante l'epoca "eroica" della paleontologia, in piena guerra delle ossa (botte da orbi tra lui e Cope, per chi scopriva più fossili e danneggiava maggiormente l'altro e le sue squadre; non erano esattamente personcine) salvo poi ricredersi e riclassificare le ossa come appartenenti al genere apatosaurus (lucertola ingannevole; mai nome fu più azzeccato). Il brontosauro divenne subito famosissimo tra i non addetti ai lavori, suscitando ilarità e scoramento nei paleontologi, che tendono ad incazzarsi con produttori di giocattoli e pseudodivulgatori quando vedono inserire tra i dinosauri: rettili marini e pterosauri (per non parlare del dimetrodon, vissuto nel paleozoico e affine a noi mammiferi).
La vicenda non si concluse con quella correzione, ma andò avanti per più di un secolo, a causa di materiale troppo frammentario (non sono stati trovati scheletri completi, né crani), che faceva scontrare gli studiosi sull'attribuzione delle ossa ad individui di qualche specie di apatosauri (tesi accettata e insegnata quando ero all'università) o ad un diverso genere e solo 3 anni fa si è deciso che il genere brontosaurus sia esistito e sia parente del genere apatosaurus. 100 anni a dare del pirla a chi parlava di brontosauri, salvo ricredersi. Ovviamente, molti non concordano e la diatriba continuerà a lungo, insieme a tante altre.
Nel caso dello hallucigenia la storia è ancor più divertente e mostra come i dati, l'interpretazione di questi e la strumentazione possano ribaltare tesi accettate. Si parla di un esserino di circa 15 mm vissuto nel Cambriano, oltre 500 milioni di anni fa, dalla forma decisamente bizzarra, una sorta di sifulotto con aculei e tentacoli (non so come funzionino le attuali norme sul diritto d'autore, quindi vi invito a cercare la foto in rete).
Negli anni '10 fu liquidato come anellide bizzarro, denominato Canadia Sparsa e dimenticato, all'epoca i dinosauri riscuotevano più successo e l'analisi dei fossili al microscopio era difficoltosa, quasi impossibile.
Verso la fine degli anni '70 fu nuovamente studiato e ribattezzato Hallucigenia Sparsa, per la sua forma stramba. I 14 aculei furono interpretati come arti rudimentali, le 6 coppie di tentacoli furono identificate come bocche (la fauna cambriana è assurda), il rigonfiamento presente ad una estremità fu identificato come una sorta di testa priva di bocca e occhi e il tentacolo all'altra estremità fu identificato come una appendice dotata di ano, ma restava il mistero delle coppie di tentacoli più piccoli, siti alla base di quello di coda e non presenti in tutti gli individui. Così descritto appariva come una bestiola goffa, cieca, relegata ai fondali e di difficile attribuzione ad un gruppo preciso, probabilmente all'interno di phylum degli artropodi.
Tanto era assurda tale creatura, che qualcuno ipotizzò che fosse parte di qualcosa di più grande, di cui non si era conservato il corpo intero.
Negli anni '90, grazie al miglioramento delle tecniche di microscopia sui fossili e qualche sovvenzione (la pecunia è uno dei grandi limiti della scienza), si scoprì che quelli che erano stati descritti come tentacoli dorsali, atti alla nutrizione, presentavano strutture simili agli artigli dei tardigradi, perfetti per muoversi e arrampicarsi. La bestiola fu ribaltata, i tentacoli diventarono zampe, le zampe diventarono aculei dorsali, il rigonfiamento all'estremità fu identificato come macchia e non erano artropodi. Il problema era trovare la testa.
Nel 2015, casualmente l'anno della rinascita del brontosauro, è stato pubblicato uno studio, condotto con l'ausilio del microscopio elettronico e il confronto di fossili di specie simili di recente scoperta, in cui si descrive la vera (per il momento) forma di questo animale. In quello che era stato identificato come l'ano sono stati visti dei denti (non trattasi del mitologico culo dentato). Sopra quella che ora è una bocca, hanno visto 2 cavità interpretate come occhi. Siamo passati da uno scherzo di natura ad un animaletto relativamente agile, ed elegante, che scorrazzava per gli oceani, cheregala interessanti informazioni sull'evoluzione animale, catalogato nel phylum lobopedia, insieme a creature coeve ed altre attualmente esistenti.

Marsh non aveva abbastanza dati. Gli studiosi che si sono approcciati ad hallucigenia hanno avuto il problema di lavorare su creature piccole, vissute nell'epoca degli scherzi di natura, con mezzi limitati. Tolomeo era limitato da una tecnologia ridicola (dal nostro punto di vista) e da una scienza che muoveva i primi passi, ancora legata alla magia. Brahe, l'ultimo astronomo senza lenti e maestro di Keplero, dovette spiegare il sistema solare in un difficile equilibrio tra ciò che misurava e ciò che viveva: non sapeva che la sensazione d'essere fermi non è legata ad un mondi statico, ma ad un mondo in movimento, che non subisce accelerazione, un concetto ipotizzato e dimostrato anni dopo da Galileo.
È indubbio che avessero torto, ma un torto cagionato dalla mancanza di dati, strumenti e di una visione più ampia. Se loro e tanti altri che certamente non possono essere annoverati tra i pirla, hanno sbagliato per le questioni di cui sopra, su argomenti che conoscevano bene, figurarsi noi comuni tapini cosa possiamo combinare. Questa regola vale per ogni argomento, per questo reputo sensato tenere a mente che si potrebbe avere torto.
Sia chiaro: risposte tipo "lo dice la bibbia, il corano o repubblica" (al momento, insieme ad altre testate, trasmissioni e blog, è una delle pubblicazioni che fungono da testo sacro per le moderne religioni laiche, i cui credenti sono ben più molesti e indottrinati dei peggiori bigotti monoteisti), non si può scusare. Un conto è non avere gli strumenti, un altro è autolobotomizzarsi per seguire una idea imposta da altri o sposata sulla via di Damasco.
Tutto può essere interpretato in modo relativo, anche i numeri, ma limitarsi ad un solo punto di vista è la morte del pensiero creativo.

Marco Drvso

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