martedì 29 settembre 2020

Dove il mondo è diverso

Oggi ho visto la cosa più triste e nel contempo più illuminante di questi anni.
Ero alla mia scrivania, riflettendo su alcune questioni, in particolare su quanto sia bello il nuovo corso che la mia vita inizia a prendere. Nuovo modo di pensare, di pormi al mondo e affrontare ogni questione, ma ho ancora un piccolo tarlo che mi logora. È piccolissimo, il bastardo, ma abbastanza insistente da non fermarsi davanti a nulla, come la sabbia del deserto che si infila pure in un orologio sigillato.
Il ticchettio di un vecchio orologio meccanico mi ha distratto. Pendeva solitario dal muro, col suo ticchettare fastidioso, mostrando un aspetto inquietante: la lancetta dei secondi scattava e tornava indietro, ripetendo sempre lo stesso secondo. Un eterno restare alle ore 4, 1 minuto, 42 secondi (non è una metafora, è l'ora che segna; ho appena verificato), consumando la batteria, vivendo un solo secondo, mentre il mondo va avanti.
Quel secondo è il tarlo. 
Quel tarlo è l'ultimo piombo.
Sto volando leggero, finalmente vedo le stelle in un modo che mai avrei immaginato e qualcosa vuole ributtarmi giù. Un frammento di piombo nel metallo prezioso che ho prodotto, che potrebbe inquinare tutto, portarmi a terra e bloccarmi le ali.
Per colpa sua, mi è capitato di guardare giù e domandarmi se potessi portarmi dietro qualcosa e insieme a quel piombo ho visto la cosa che più temevo, prima di lanciarmi: il mio angolo di tenebra, dove un tempo mi rintanavo e in cui ebbi la sfortuna di restare ingabbiato, illudendomi che fosse un luogo magnifico (era anche il primo titolo del blog). Un luogo orrendo, simile a un orologio che ticchetta sempre lo stesso inutile secondo.
Quello è un altrove che non mi appartiene più, di cui, ormai, fatico a comprenderne le ragioni. Mi guardo dietro e non capisco come ci fossi finito, come diavolo ragionassi, di cosa avessi paura. L'altrove che ormai guardo con curioso distacco, di cui non ho paura, né bisogno: un monito. È stato l'antro dell'alchimista in cui ho prodotto il primo oro, poi la cella del piombo.
Quassù il mondo è bello, con i suoi alti e bassi, piaceri e complicazioni, gioie e dolori, ma soprattutto è.
Guardo la mia piccola pepita di metallo prezioso, frutto alchemico di lezioni e tentativi ottenuto da tutto quel piombo. Sono sentimenti, emozioni, anche dolori (le lezioni possono essere dolorose, quanto formative) del mio cammino, ma c'è quel piccolo SE, che alimenta ciò che non deve.
È già successo che dei se rovinassero tutto, vanificando la lezione. Questa volta ho imparato e non intendo ripetere l'esame. Lo lascio cadere e per me tengo solo quel sorriso che mi apriva il cielo, nulla più. Quel secondo è passato, ora ne voglio di nuovi.

Marco Drvso

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