lunedì 28 settembre 2020

Sinnerman

I depressi non scrivono, come gli ossessivi che si accontentano del surrogato rassicurante non vivono.
Mi sto piacendo in questa nuova versione ad ali spiegate. Quest'anno ho praticamente perso tutto, però non mi sono mai sentito tanto vivo. (Prima di proseguire, consiglio la lettura del post precedente a questo link)
Sto vivendo giornate e serate piene, prive di pensieri, godendo il presente, ad ali spiegate.
Non mi interessano più né il passato, né le situazioni che si posso creare nel presente. Vivo il momento, privo di pesi e distrazioni, anche dolorose, perché così è giusto. Se esiste un paradiso, mi sono comprato il biglietto di ingresso, più e più volte, ora ho il diritto e il dovere di vivere ascoltando i miei bisogni, mettendo Io davanti a tutto. Sia chiaro: sia mai che io provochi volontariamente dolore ad altri, ma se devo scegliere su chi fare felice tra me e chiunque altro, prima vengo io.
Sto imparando a volare, lentamente voglio sempre più toccare il Sole. Voglio goder di miei sensi il rimanente, privo di piombo, lontano da quel che sono stato.
Io sono uno scrittore, magari non bravo, ma mi nutro di vita, per creare le mie parole. Sono il peccatore che quella vita vuole gustare.
I personaggi dei miei racconti godono di vita nuova, perché io godo di vita nuova e, finalmente, li sto sistemando, dando loro la dignità per essere pubblicati (pecunia permettendo; l'attuale situazione economica è devastante; 'sti cazzi!).
Ora il bisogno è sbagliare, peccare, vivere.
Sinceramente non credo in un al di là, ma se ci fosse il proverbiale San Pietro con le chiavi o Maat con la piuma, so di poter andare al loro cospetto col cuore leggero. Ho dato tanto, forse troppo e rarissimamente ho chiesto. Adesso prendo, senza cattiveria, ma quel che è mio e mi spetta lo voglio e lo prendo.
Unendo la metafora nietzschiana delle tre metamorfosi, alla visione relativistica dell'universo, che tanto somiglia alla visione tolemaica, con il centro in noi (Terra relativa) e l'inferno nel centro (andate a vedere i post del 2009), il cammello è sceso negli inferi, col suo carico di piombo, come fecero Odisseo, Enena e Dante, cercando le risposte e il cammello è diventato leone, il sacro no, uscendo a riveder le stelle nella forma del fanciullo, col suo carico di metallo prezioso, tanto lucente, quanto leggero.
Il fanciullo pecca alla vista dei troppi che vivono secondo gli schemi dettati dalla società e dalle loro manie, però è felice. Vive il contatto visivo e fisico come un gioco, ma per ultimo china lo sguardo, con un sorriso beffardo. Ride di sé e ride degli altri. Ride con sé e ride con gli altri, perché questa vita altro non è che un gioco, agli occhi dell'universo. È leggero e brillante e scopre le sue ali, con voli sempre più arditi e goduriosi, domandandosi perché il mondo scelga di non essere felice, accontentandosi delle briciole.
Il fanciullo sa che se mai verrà quel giorno cantato da Nina Simone, non correrà dalla roccia, dal fiume, dal mare o dal signore per farsi nascondere, ma nudo si porrà al giudizio, esclamando: -non ho fatto male, ma ho goduto e se questo è sbagliato, allora sono il peccatore- e sorridente andrà in contro al destino, come al marinaio che spavaldo va incontro alla tempesta, come Icaro che tocca il Sole.

Marco Drvso

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