sabato 3 ottobre 2020

Debussy in the rain

Oggi ho vissuto un momento che potrei definire di grazia. Non uno dei 10 migliori, ma certamente uno dei 20.
La cosa inizia in metropolitana. Come tutti, sono chino sul mio telefono, senza troppa attenzione e me ne stufo subito. Così alzo lo sguardo, per osservare tutta quella umanità: monadi chiusi nel proprio guscio, persi nel telefono. Non pensavo che la verde fosse così interessante da osservare. Un lungo serpentone fatto di persone che vanno da qualche parte, ignorandosi l'un l'altro.
Scendo alla mia fermata, in centro e frugo nella libreria musicale, in cerca di qualcosa e così, senza un reale motivo, decido di ascoltare una compilation di brani di Debussy e Ravel.
Ho sempre adorato le giornate piovose, con la loro luce diffusa, i rumori ovattati e la pioggia che batte il suo ritmo. Le trovo assolutamente rilassanti.
Apro l'ombrello e inizio a camminare, con un brano di Debussy negli auricolari.
Non so cosa sia. La luce malinconica delle nuvole autunnali, il ticchettio della pioggia sull'ombrello, la bellezza eterogenea del centro di Milano, fatta di palazzi antichi e nuovi (regalo delle bombe americane del '43), quella musica meravigliosa, in cui si alternano tristezza e gioia o l'unione di tutto, ma mi sento leggero. Cammino con un sorriso ebete, in mezzo a gente che corre per ripararsi dalla pioggia, irrimediabilmente persa nei ritmi della modernità e sono un tutt'uno con l'universo.
Un mezzo sorriso gaudente, con il lato sinistro della bocca (quello che ho sempre censurato a causa della mia dentatura non esattamente perfetta), gli occhi socchiusi, che osservano la bellezza che mi circonda senza stress e un passo lento, cadenzato dalla musica,
Vivo un momento perfetto, tutto mio. Il mondo sembra fermarsi per viverlo con me, condividendo la mia intimità. Il cuore è leggero, come il corpo che sembra fluttuare nell'aria, sospinto dal vento e dalla musica.
Mi fermo, chiudo gli occhi, ascoltando la musica e lo scroscio violento della pioggia, che un po' mi bagna, ma non mi interessa. Tutto il superfluo scivola via, come è giusto e resto io: uno e tutto con il mondo, quasi lo sento respirare con me.
Vivo quell'istante con intensità, come se tutta la mia vita fosse stata vissuta per arrivare a quel momento e scopro una pace che non ricordavo, qualcosa che trascende la gioia più grande. Sono in centro a Milano, ma danzo con le stelle.
Inspiro, finisce il brano e torno al mondo reale, ma non è un ritorno traumatico. Mi sento come un bambino che ha pianto, liberandosi di tutto e sono felice.
Poche volte ho provato una simile sensazione, paragonabile alla buddità, ma questa volta non svanisce totalmente e mi segue per tutta la giornata e scopro che i pesi sono svaniti, sono libero.

Marco Drvso

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