mercoledì 5 ottobre 2022

Danzando su pagine bianche

Scrivere è un viaggio nella propria interiorità, ma come ogni viaggio tra inferno e paradiso, scivolando tra fantasia e memoria, richiede forza e coraggio.
Per prima cosa, bisogna superare la paura del foglio bianco, una sorta di paura, che alcuni descrivono simile all'ansia da prestazione, ma così non è. Ogni foglio bianco è l'inizio di un viaggio e il problema non è sentirsi adeguati, ma pronti ad esplorare luoghi sconosciuti, dentro di noi, perché ogni scritto, dal blog al romanzo, passando per la saggistica, ha in sé un viaggio interiore. Anche nella trattazione più fredda e dettagliata, c'è qualcosa di chi scrive: il punto di vista, la scelta delle parole, la forma, persino scegliere un dato argomento dice molto di chi scrive. Nel caso delle opere di fantasia o delle riflessioni, si va a scavare nella propria intimità più profonda e talvolta si scoprono cose. Persino quando si sceglie di veicolare messaggi, pensando di tradire la propria onestà intellettuale, c'è della verità che giunge dai luoghi più nascosti del proprio essere, oltre ad essere veri i fatti che si riportano; magari mischiati e confusi con altri, in modo da affrontare l'argomento in modo ampio, ma assolutamente veri. C'è una sola regola nello scrivere: mai raccontare cazzate, a meno che si sia imbrattacarte prezzolati, ma non sono un sedicente giornalista, che uccide una professione nobile, per qualche soldo in più.
In questo periodo mi sto dilettando con un nuovo racconto (che molto probabilmente farà la fine degli altri, chiuso in un metaforico cassetto) e con la scrittura di aforismi.
L'aforisma è una forma di comunicazione che adoro e molto si avvicina alla mitologia, una delle mie passioni. Come nel racconto mitologico e religioso, si gioca abilmente con le parole, esprimendo un concetto, anche complesso, in poche battute, lasciandolo sospeso, in modo che chi possa intendere lo faccia e gli altri si fermino alla superficie di quel che sembra solo una frase da cioccolatino. Nietzsche e altri ci hanno costruito sopra una carriera.
Una volta superato lo scoglio di cosa si vuol comunicare e se si ha la volontà di farlo, le dita iniziano a battere sulla testiera, come se danzassero. Continuo a preferire la scrittura a penna, ma dattiloscrivere ha il vantaggio di non sprecare carta. La mano sembra prendere vita, guidata da personaggi che fanno ciò che vogliono, come se chi scrive passasse in secondo piano ed è come danzare in un mondo nuovo, che un istante prima era una superficie immacolata ed ora è una terra colma di vita e situazioni, che esistevano nella mente e dovevano solo uscire. Michelangelo sosteneva che la scultura fosse già presente nel blocco e il suo lavoro fosse tirarla fuori. In un certo senso, scrivere è qualcosa di simile, col vantaggio di non dover assecondare le irregolarità della roccia, ma solo accettare di mettere a nudo il proprio io.
Rischio grande di scrivere è restare intrappolati nel racconto. A me è successo, non riuscivo a pensare ad altro, come chiuso in una realtà virtuale. Mi hanno salvato il mio senso di realtà e la formazione scientifica, che mi obbliga da sempre a spaccare in 4 il capello, quindi mi sono domandato cosa stessi facendo, rendendomi conto che dallo scrivere ero passato al vivere la situazione. I personaggi sono qualcosa di noi che parla, ma bisogna stare attenti a non far prendere loro il controllo, perché potrebbero stravolgere la storia. 
Cosa divertente è constatare quanto molte persone abbiano tratti in comune con certi miei personaggi e ciò un po' mi diverte, un po' mi galvanizza perché so creare persone che potrebbero essere reali e il mondo me lo conferma, in minima parte mi spaventa, perché non vorrei trovarmi a confondere la realtà con il sogno.
Scrivere è scoprire se stessi e svelarsi al mondo. Per me che sono timidissimo, anche se lo so dissimulare bene, è un modo per lasciarmi andare, che ha anche il vantaggio di poter curare la forma, al contrario della parola orale che è più istintiva e ricca di strafalcioni grammaticali e sintattici, che per me, fanatico del bel parlare sono cose tremende, infatti mi piace correggere le persone cui tengo, come forma di gentilezza. Non correggo i congiuntivi alle persone che non mi interessano ed ho piacere quando le persone cui tengo correggono i miei orrori.
Piacere ancor più grande è rileggere e sistemare, rendendo scorrevoli le parole e sistemando giochi, che donino più chiavi di lettura (salvo in questo caso, perché l'argomento non ha bisogno. È solo un intermezzo, nel chiudere il capitolo del racconto e sistemare il curriculum, per spiegare a me stesso perché lo stia facendo). Ribadisco il mio amore per i testi sacri, mitologici e filosofici, in cui è necessario avere più livelli, per veicolare messaggi al pubblico più ampio possibile e permettere a chi non ha gli strumenti di approcciare quello più semplice e a chi ha orecchie per intendere di capire cosa ci sia sotto. Non scordiamo che "rivelare" può significare sia svelare, sia porre un secondo velo. Non a caso la locuzione "qui habet aures audiendi audiat" compare più volte nei vangeli ed espressioni simili sono disseminate in migliaia tra testi sacri e filosofici.
Scrivere ha due finalità: dare piacere, sollevare dubbi, cercare risposte in chi lo fa e donare il piacere di leggere, porre dubbi e suggerire risposte in chi legge.

Marco Drvso

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