martedì 10 novembre 2009

Avevo una trottola

Non ricordo come ne entrai in possesso. Era un pezzo di legno affusolato con una piccola punta di metallo, incavi per far scorrere la corda e un disegno sulla parte piatta, non ricordo cosa ci fosse disegnato. L'altra metà era un bastone rosso, con una corda legata in punta. Quel bastone fu il mio primo coltellino di Mac Gyver.
Avevo circa 6 anni e non capivo a cosa potesse servire. Inteso: mi era chiaro il concetto di trottola e ne avevo già possedute e perse tante altre, tutte rigorosamente plasticoni dei primi anni ottanta. Quella, invece, era di legno e suscitava un fascino strano nelle persone più grandi di me.
Li vedevo guardare quella reliquia con un misto di misticismo e rimpianto che non potevo comprendere. Si esaltavano a dare strattoni a quel pezzo di legno e si divertivano nel lanciare quel fuso giallognolo. Più li osservavo, meno li capivo. Era un pezzo di legno. Non si trasformava, non faceva parte di eserciti d'élite, non emetteva suoni, non somigliava a nessuno dei miei giocattoli, tranne il vecchio cane di pezza di mio padre. Lui era figo con la sua salopette bianca e blu da operaio, il berretto e la bocca dentro cui potevo infilare una mano.
Solo adesso capisco quanto fosse bella quella trottola, irrimediabilmente persa, insieme a quel bastone con filo, utile per un milione di cose.
La snobbai per giocattoli molto più belli e tecnologici, senza capirne il valore. Quella trottola non aveva bisogno di pile, né di cartoni animati che mi esaltassero. Era un pezzo di legno in cui si poteva racchiudere un mondo. Qualcosa di una semplicità struggente che le conferiva un fascino unico. Oggi sarebbe un bellissimo soprammobile e, magari, ci giocherei ancora.
Dovrebbero vietare il possesso di cose belle ai bambini, perché non le sanno apprezzare. Se mai avrò dei figli, darò loro cose belle, ma quelle particolarmente belle saranno sempre sotto la mia attenta supervisione, affinché possano averle anche quando saranno adulti.
Quando si è troppo giovani, non si capisce il valore delle persone e delle cose. Dovrebbero congelare i nonni e scongelarli compiuti i 30 anni. Dovrebbero insacchettare le ragazze e gli amici dell'infanzia e riproporli più avanti. Su questi ultimi, ho avuto la fortuna di vivere nell'era di internet: ho ritrovato vecchi e meravigliosi amici e, soprattutto, ho ritrovato quella persona che non era mai uscita dal profondo del mio animo. A 15 anni non si capisce un cazzo, men che meno il valore delle persone (ragiono per statistica, perché conosco gente ben più datata che questo vizio non lo ha perso).
Quante volte ci si lascia ammaliare da luci e suoni, perdendo di vista le cose più belle... Siamo vittime delle convinzioni e convenzioni sociali che ci offuscano la mente, obbligandoci ad assumere scelte e atteggiamenti che, altrimenti, non prenderemmo mai.
Rido quando vedo le persone perdersi in questo: inseguire ciò che da altri ne hanno assimilato la giustezza, accettandolo come evangelo (da leggersi in senso pratico del modo di dire e in quello etimologico del termine). Tante volte è bello indurre certi atteggiamenti nelle persone e ridere di loro, a loro insaputa poi riferendogli il fatto di aver riso, senza mai arrivare a infierire troppo. Sono vendicativo, ma solo fino a un certo punto, non mi chiamo Achab.
Comunque sia, tralasciando le digresioni inutili, tante volte non si vede il reale valore delle persone e delle cose più belle, trascurandole e perdendole. Ci si rende conto di quanto siano importanti solo dopo averle perse. Il momento più bello è quando, raggiunta la giusta maturazione, si ha l'incredibile fortuna di avere una seconda possibilità.
Con gli oggetti è più facile. Capita, frugando in vecchi scatoloni alla ricerca di altro, di imbattersi in qualche oggetto del passato, creduto perso e gioire del ritrovamento. Spesso, quegli oggetti assumono un valore unico e finiscono nelle bacheche più belle o, addirittura, sul miglior ripiano della libreria.
Con le persone la faccenda è ben più complessa, per ovvie ragioni. Se la si è persa, talvolta, c'è un motivo grave o, peggio, una prova di cazzonaggine imperdonabile. Ma se questa persona è disposta a riattraversare il fiume, applicando la regola di Eraclito, la felicità è mille volte superiore a qualunque altro ritrovamento.
Questo è un grande discriminante nella mia valutazione delle persone. C'è gente capace di valutare le situazioni e cercare di andare avanti e, magari, ridiscutere il passato, cambiare idea. Altre, invece, si arroccano nelle loro convinzioni e preconcetti. Queste ultime, sono solo patetiche.

Marco Drvso

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