Da un paio di giorni soffia una magnifica brezza gelida, che preannuncia l'arrivo dell'autunno, la mia stagione preferita.
È un turbinio di colori, in un divenire perpetuo, che preannuncia la morte del Sole, col suo carico di promesse di rinnovamento, di cui sto gustando l'antipasto. Dalla finestra entra questo piacevolissimo vento, che mi obbliga a tener coperto il collo (unica seccatura) e muovendosi nella vallata, tra montagne e case, sembra cantare una melodia romantica, carica di una dolce nostalgia. Dal lucernario vedo le nuvole, che cullate dal vento attraversano il cielo, prendendo forme sempre nuove, che si arricchiscono con i giochi di luce di questo Sole caldo, che avvolge come un abbraccio gentile. Ho sempre voluto essere una nuvola.
Le nuvole non si vergognano di danzare nel vento, vagando placide e leggere. Sperimentano le altezze, eccitate dalla vertigine, ben lontane dalla miseria umana. Tutti noi siamo uno spreco: potremmo prendere il cielo, invece sguazziamo felici nel fango.
Adoro le giornate d'inverno, ogni giorno più lunghe e sempre più luminose. Mi commuovo per la danza della vita in primavera, ma entrambe le stagioni impallidiscono davanti al grande tramonto autunnale. Con l'estate non ho un buon rapporto, perché è bugiarda.
Ho voglia di lunghe camminate sotto l'ultimo Sole, tra le vie della mia città. Non pensavo che Milano potesse mancarmi tanto. Voglio vedere i colori del tramonto lungo il naviglio, il duomo che arrossisce al Sole. Voglio passeggiare tenendo in mano una cioccolata bollente, che scalda i palmi, mentre il dorso della mano si ghiaccia.
Lo scorso autunno è stato magnifico, ma ho perso l'inverno, col suo carico di freddo, di cui ammetto di aver bisogno ,talvolta, e la primavera è durata poco. Confido nella prossima orbita.
Si avvicina la stagione rossa e, se sono fortunato, potrò scorgerne i primi colori qui sulle dolomiti, sperando di non divermi far spedire una giacca pesante da casa. Sono curioso di sapere come sia l'autunno in Canaria e magari decido di tornare e mettere radici, chissà.
Sono una nuvola e questo vento mi ricorda che è tempo di sonnecchiare e farmi portare alla prossima tappa. La prima sarà godermi il tramonto, in questa giornata di riposo: ne ho bisogno. Adoro questo lavoro che mi sono scelto, ma un bar senza finestre è un bunker ed io devo vedere i colori del tramonto, vagando nel cielo come una nuvola.
La ritrovata leggerezza mi fa stare bene. Il momentaccio è passato e rileggendo il mio diario, scopro con piacere che è sempre più raro e sempre più breve. I colori sono di nuovo brillanti, i profumi frizzanti, i sapori pieni, i suoni forti ed io sono una nuvola, che si abbandona al vento e al Sole d'autunno.
Marco Drvso
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